EL ALAMEIN

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Pubblicato il 08/11/2009

FRATELLI RITROVATI


FRATELLI RITROVATI

23 Ottobre 2009-El Alamein
Staffetta per i Leoni della Folgore. Le riflessioni di un Tedoforo

Ho speso alcuni giorni a riordinare gli appunti che ho preso durante la Staffetta per i Leoni della Folgore nel deserto di El Alamein.

Per i distratti: abbiamo corso in nove congedati, il 23 Ottobre,per 81 chilometri sulle postazioni della Folgore, dall’ Himeimat al Sacrario Italiano passando da El Munassib e Deir Alinda.

FRATELLANZA SENZA TEMPO

Viaggiando nel deserto con otto paracadutisti in congedo e condividendo con loro l’ impresa che avevamo progettato per due mesi,ho avuto conferma di valori comuni che avevano resistito al tempo.

” Le nostre radici comuni affiorano”, dice Pietro, facendomi notare la “diversità” nei comportamenti e nella non uniformità di un amico paracadutista che si è aggregato per sincero interesse, ma che non era stato nella Folgore. In nove sembravamo appena arrivati al Reggimento dopo il corso palestra, in attesa delle prime operazioni.
Estranei, ma inspiegabilmente simili.

Mariella, unica donna paracadutista, decima della spedizione, va citata per la serietà, delicatezza e spirito di adattamento, al punto che l’abbiamo immediatamente “adottata”. Anche Lei conosce e ammira la storia della Folgore e, come noi, è venuta per “incontrarla”.

La sensazione che ho avuto per tutto il periodo trascorso insieme è stata quella di far parte di una squadra di paracadutisti.
Capite cosa intendo dire?

I FRATELLI CADUTI CI ASPETTAVANO

Dopo la lunga trasferta iniziata il 22 Ottobre e appena srotolati i sacchi a pelo sulla sabbia, siamo saliti a piedi alle pendici dell’Himeimat, in silenzio, a notte fonda.

Il tricolore e lo scudetto con le ali sventolavano su un pennone portato dall’Italia.

L’unico rumore distinguibile era quello delle due bandiere mosse dal vento, sotto un cielo stellato.

Noi sotto, commossi. Si avverava il desiderio di ogni paracadutista della Folgore: eravamo accampati dove centinaia di Leoni erano caduti con le armi in pugno, coprendosi di onore. In quel momento di totale sintonia tra noi, abbiamo capito il senso profondo di quella Missione e dell’essere appartenuti alla Folgore.

E abbiamo avvertito che i Leoni della Folgore erano lì di fianco a noi.

Ci aspettavano.

All’appello di tutti i caduti col basco amaranto nelle missioni dell’era “moderna” della Brigata, abbiamo urlato altrettanti Presente! rabbiosi, che si sono propagati nel deserto fino a raggiungere gli avamposti più lontani.

Che ci hanno risposto ogni volta.

Nome per nome, abbiamo sentito distintamente i loro PRESENTE…presente..FOLGOREfolgore.. folgore..che si spegnevano in lontananza.

Il deserto non ha l’eco. Nessun altro poteva farlo.

La mattina del 23 Ottobre,prima di partire per la staffetta, sulla sommità della collina che per prima venne investita da Legionari e inglesi a migliaia, abbiamo aspettato i raggi dell’alba che illuminavano lentamente il campo di battaglia.

Volevamo una scorta di energia supplementare per correre tutto il giorno.

Era l’alba del 23 Ottobre 2009: entro dodici ore, 67 anni prima, sarebbe iniziata la Battaglia, proprio da quella spianata circondata da un catino immenso, a 170 metri sotto il livello del mare, rovente e malsano.

Guardandoci, abbiamo capito che ognuno di noi avrebbe potuto e voluto combattere con loro,67 anni prima..

Era “la squadra” che lo pensava, non i singoli.

Erano gli sguardi che ci siamo scambiati, a dichiararlo,non le parole.

Ognuno avrebbe fatto suo il coraggio degli altri, se gliene fosse mancato.

Ecco,forse, un ingrediente di quel misterioso “fattore El Alamein” a cui ricorrono gli studiosi di strategia militare delle accademie di mezzo mondo, per spiegare come la Folgore ha potuto combattere così a lungo e duramente,infliggendo sonore sconfitte a un nemico di venti volte superiore, senza viveri, acqua e munizioni.

Alla base di quella splendida miscela di eroismo e arditismo genetico dei Paracadutisti c’era la squadra e l’emulazione dei migliori –e ce n’erano tanti tra i Folgorini- che diventavano coraggio ed energia invincibile di tutto il gruppo.

Bisognerebbe sconfinare nella poesia,per descrivere meglio quello che intendo dire, e non ne ho il talento.

La forza della squadra ha fatto diventare i plotoni come magli e i battaglioni un muro infuocato di ardimento e di impeto, vincibile solo dalla morte.

Gli artiglieri erano un solo corpo con il loro 47/32, al punto di non abbandonarlo nemmeno quando i colpi erano terminati. Per tentare di capire quella forza, bisogna dormire insieme alle loro anime, lì dove sono rimaste. In questi giorni sto leggendo un saggio sul Deserto. Vi riporto alcune righe:

Il deserto si presenta come indispensabile della realtà. Il mondo spogliato di se stesso. La realtà spogliata di tutto tranne che della sua essenza.
Nel deserto Vi sono tre dimensioni: il cielo, la terra e l’uomo. Dal deserto le cose si vedono meglio, con proporzioni più eterne.

EROISMO ASSOLUTO

Come dice San Giovanni della Croce, nel deserto Si intuiscono il “todo” e il “nada”.

Sulla cima dell’Himeimat ho avvertito le stesse cose, senza essere stato capace di esprimerle così bene.

Chissà se i nostri “pazzi e poeti” e tutti gli eroi di quella Battaglia, hanno avvertito che ogni loro gesto avrebbe assunto nel tempo una dimensione assoluta: morte assoluta, coraggio assoluto, eroismo assoluto, cameratismo assoluto. Il tutto e il niente. Loro, così uniti e forti, inconsapevolmente ( o no?) parte di un disegno terribile che sarebbe stato così utile alle generazioni future.

Quelle morti hanno allevato decine di migliaia di Figli che onorano il Loro Ideale, che è diventato il nostro. C’è un disegno divino anche nella Morte, che non è mai vana.Per Loro, i nostri Leoni, una scelta.

Strana coincidenza, avere letto proprio oggi questo passo.

81 CHILOMETRI DI STORIA

Abbiamo corso in nove, per 81 chilometri, passandoci la Fiaccola urlando Folgore, correndo tra le sabbie dove affioravano mine, bombe a mano, chioccioline ( quelle chioccioline che Paolo Caccia Dominioni ha immortalato in uno dei suoi acquerelli dedicati ai Folgorini). Le buche dei nostri Padri , che abbiamo sfiorato per chilometri, sono ancora intatte nei contorni. Andrebbero svuotate della sabbia accumulata dal vento. Lo faremo ogni missione futura, riportandole allo stato iniziale.

Adotteremo quel pezzo di deserto, e sarà un modo per vivere insieme ai Nostri e tra Fratelli, per qualche notte e qualche giorno. Sarà un ricordo nobile, senza alcun ritorno, fatto per stare con Loro. In faccia al mondo infame che ci aspetterà in Patria.

L’arrivo al Sacrario, correndo nell’ultimo pezzo in fila per due, mi ha fatto sentire invincibile. Il rumore cadenzato dei passi, i volti tesi ma forti, il sudore che bagnava le magliette e la vista della Torre di Paolo Caccia Dominioni che ci aveva ipnotizzato.

Ingredienti che mi hanno dato una forza innaturale. La stanchezza di due giorni senza dormire, e della corsa sotto il sole, era scomparsa. Insieme ai miei Fratelli avrei fatto altri 180 chilometri. Il Leone Murelli, che ci aspettava sull’ingresso e che insieme a noi ha acceso il Braciere, ci ha detto :“siete delle rocce”. Lui, che a El Alamein ha combattuto come assaltatore e cacciatore di carri.

15 flessioni in suo onore sono state poche, ma fatte davanti a Quota 33, spero ne abbiano moltiplicato il valore. La Sua commozione nell’abbracciarci uno per uno è stato il nostro preziosissimo premio.

Dall’arrivo al Sacrario, ognuno è rimasto con i suoi pensieri. Silenziosamente abbiamo visitato le stanze degli avelli dove giacciono i Caduti,molte centinaia della Folgore, e ci siamo spontaneamente riuniti intorno all’Altare per recitare la Nostra preghiera.

Ancora una volta il nostro Folgore è risuonato per alcuni secondi. I nostri Padri ci avevano risposto, riconoscenti, ancora una volta.

Avevamo fatto la cosa giusta.

L’essenza del viaggio? I Fratelli ritrovati. Quelli che hanno viaggiato con me e quelli che ho trovato ad attendermi. Chi è stato a El Alamein capisce cosa intendo.

Chi non c’è stato, sarà con noi la prossima Missione, o l’altra ancora.

A.W.

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