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Pubblicato il 24/12/2013

FUCILIERI DI MARINA: L’EX MINISTRO TERZI AMMETTE CHE LA DIPLOMAZIA HA FATTO UN DISASTRO



PARMA- L’ex ministro Giulio Terzi torna sul caso dei militari bloccati in India «Scelta una via errata, dando per scontate garanzie mai ottenute» .

Il pensiero a padre Dall’Oglio e a Lo Porto, ancora sotto sequestro Il pensiero di Natale di Giulio Terzi, ex ministro e ambasciatore, «va ai nostri connazionali in pericolo, speriamo non di vita. Di loro non abbiamo notizie da troppi mesi e non sappiamo quanto spazio di negoziazione vi sia. Penso a padre Paolo Dall’Oglio, grande figura di religioso, stimato in tutto il Medio Oriente per le realtà di dialogo create in Siria, e per la voce alzata per i diritti della persona fin dall’inizio della repressione di Assad. Lo conobbi alla Farnesina e ne rimasi molto colpito per la fede e la cultura. Credo che molte preghiere si leveranno per lui in questi giorni. L’altro caso non risolto è quello di Giovanni Lo Porto, sequestrato in Pakistan due anni fa. Anche per lui si sono attivate tutte le reti possibili».

Sono stato fin troppo “identificato” con questa vicenda, ma ripeto che non solo li hanno rimandati in India, illegittimamente per l’ordinamento italiano, per affrontare un’indagine politicizzata al massimo nel contesto preelettorale di quel Paese e per essere sottoposti a una Corte speciale di cui sappiamo poco. Mese dopo mese, si conferma che nessuna delle ferme garanzie che dovevano essere ottenute dagli indiani prima di quella avventata “riconsegna”, non è mai stata ottenuta, e neanche negoziata».

Si é lasciata perdere la strada maestra dell’arbitrato internazionale obbligatorio».

«Scegliendo l’arbitrato internazionale, i nostri due uomini sarebbero tornati a casa da mesi, e avremmo ottenuto da un’autorità giudicante Onu una decisione sull’intera questione». «Sarebbe stata un’opzione infinitamente migliore, anche per il mantenimento di buoni rapporti con l’India. E rinunciamo all’azione internazionale, suggerita dai giuristi di mezzo mondo per il timore che il solo fatto di adire la Corte di arbitrato obbligatorio possa rendere più spigolosi gli acquirenti indiani di materiali per la Difesa».

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