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Pubblicato il 17/05/2019

GIANLUCA VENEZIANI PER LIBERO INTERVISTA IL GENERALE BERTOLINI

libero DEL 17 Maggio 2019

Generale, oltre la frontiera ci sta la Merkel crucca e cancelliera. E poi Juncker che ammaina la bandiera, dopo cinque anni e mille sbagli, se la dà a gambe come i conigli… Si potrebbero fischiettare a mo’ di una canzone le imminenti elezioni europee. Chiedendoci se ai posti di comando vogliamo dei caporali o dei generali. Ossia dei burocrati «che tiranneggiano senza averne l’ autorità», come diceva Totò dei primi, o viceversa guide illuminate che governano nell’ interesse collettivo con autorevolezza. E d’ altronde è tempo che le truppe sovraniste, oltre che di un Comandante, si dotino di bravi generali. Come Marco Bertolini, già a capo delle missioni Nato in Afghanistan e Kosovo, e ora candidato con Fratelli d’ Italia nella circoscrizione Centro.

Generale, perché un militare, dopo tanti anni sul campo di guerra, scende in campo politico?
«Sono convinto che il nostro Paese si stia dividendo sui valori fondamentali, dall’ unità nazionale all’ idea di indipendenza. Ci siamo dimenticati che i concetti di sovranità e indipendenza sono sinonimi, nei quali dovremmo riconoscerci tutti. E invece questo non accade più. Da qui l’ esigenza di riaffermarli in politica».

L’Unione europea è più una trincea in cui combattere o un campo minato da bonificare?
«È un terreno nel quale i vari Paesi tra cui l’ Italia devono impegnarsi per vedere riconosciuti i propri interessi e la propria dignità. Finora l’ Ue ha agito contro le nostre esigenze e ha lasciato che alcuni Paesi, vedi la Francia, agissero a danno di altri Stati membri. Ma l’ Unione dura solo se al suo interno ci si confronta alla pari».

Un esempio di iniziative unilaterali fu nel 2011 la guerra alla Libia. Da militare ne aveva previsto gli esiti nefasti?
«In quell’ occasione venne calpestata la nostra dignità. Fu lanciata una guerra da francesi, inglesi e americani senza che neppure ci venisse comunicato. Io allora ero contrario ma eravamo in molti a pensare che sarebbe andata male. Come poi in effetti è stato».

Una delle conseguenze negative fu l’ esplosione dell’ emergenza migranti. Ora che il danno è compiuto come rimediare? Militarizzando il Mediterraneo?
«Posto che occorrerebbe un’ interlocuzione con un governo libico stabile, penso che il ricorso ai militari possa essere uno strumento importante. Servirebbero forze armate per attuare il blocco navale, ossia un intervento in Libia con l’ appoggio delle autorità locali per stroncare il traffico di esseri umani, impedendo che i barconi partano. Oltre a ciò servirebbero più militari e più navi per pattugliare il Mediterraneo: il mare è grande, le imbarcazioni degli scafisti piccole e difficili da individuare».

A suo giudizio gli uomini delle forze armate voteranno per Meloni o Salvini?

«So che la sovranità è un tema centrale per le forze armate e che i militari sono sovranisti in quanto giurano e impegnano il proprio onore per essa. E so anche che questo valore viene portato avanti da Meloni e Salvini. Ciò non significa che i militari siano per questo partito o per l’ altro. Di certo essi sono dei conservatori in quanto vogliono conservare il Paese come gli è stato dato. Un militare, che crede alla sovranità, non può essere un rivoluzionario».

Il ministro della Difesa, la grillina Elisabetta Trenta, ha preso un paio di scivoloni il 4 novembre e il 25 aprile, accettando la censura di uno spot ritenuto troppo militaresco e non difendendo un generale attaccato dall’ Anpi. Pensa che non stia facendo gli interessi delle forze armate?
«Diciamo che le forze armate non hanno bisogno dei provvedimenti pericolosi promossi dalla Trenta. Mi riferisco, da un lato, alla creazione di sindacati all’ interno delle forze armate che sarebbero un modo perfetto per smilitarizzarle; dall’ altro, alla loro trasformazione in corpi di Protezione Civile, utilizzati per fronteggiare emergenze e non per la vera ragione per cui esistono: essere uno strumento bellico, di difesa e di politica estera».

Una volta lei ha detto che nell’ esercito ci sono troppe donne. Cosa intendeva?
«Uomini e donne nelle forze armate vanno impiegati per ciò che possono dare. Esistono funzioni operative per cui le donne sono più predisposte, penso al compito di specialista nei sistemi di controllo o di pilota. Viceversa ce ne sono altri, come il ruolo da fucilieri, per cui occorrono prestazioni fisiche non adeguate a una donna. Ed è in quest’ ambito che ci sono troppe donne, arruolate in maniera ideologica, richiedendo loro standard più bassi rispetto a quelli previsti per un uomo. A chi invoca quote rosa nelle forze armate rispondo che prestare un servizio militare non è un diritto, ma un dovere da espletare con le persone più idonee».

Perché è contrario alla nascita di un esercito europeo?
«Come accennavo, le forze armate sono uno strumento di politica estera. Ma se non esiste una politica estera europea, come può esserci un esercito comune? Ho la sensazione che chi spinge per un esercito europeo voglia sbarazzarsi dell’ ultimo tassello di sovranità rimastoci. Persa la disponibilità di una moneta, non ci resta che venire privati delle forze armate».
Una forma di sovranità sulla propria vita è la legittima difesa.

Da militare crede che un civile, se necessario, possa usare le armi?
«Se la difesa della patria è un dovere del cittadino, lo è anche la difesa di tutti i suoi corpi intermedi come la famiglia. Credo perciò che la legittima difesa, oltre che giusta, sia doverosa»

Come sogna l’ Europa del futuro? Guidata da un uomo forte, magari un generale?

«Sogno un’ Europa forte come unione di Paesi sovrani. La peculiarità del nostro continente è il suo essere somma di lingue e tradizioni diverse: queste differenze non vanno schiacciate ma valorizzate. Ciò che hanno fatto i burocrati finora è stato uniformare le popolazioni e trasformarle in masse di individui che consumano gli stessi prodotti e hanno gli stessi gusti. Ma l’ omologazione delle persone è degna dell’ Unione sovietica, non di quella europea».

di Gianluca Veneziani

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