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Pubblicato il 29/12/2017

GQ ITALIA.IT PARLA DEI FALCHI BLU

Il paracadutismo acrobatico passa per i Falchi Blu. O, per meglio dire, nasce da una delle formazioni più ardite e leggendarie dell’Arma Azzurra nel secondo dopo-guerra i cosiddetti uomini del’ADRA (Arditi Distruttori Regia Aeronautica).

“Il reparto assume il nome Falchi Blu nel 1978, ma avevamo cominciato a lanciarci già da qualche anno. Mutuavamo quel tipo di disciplina dall’Esercito Italiano, cioè il lancio di precisione: alta quota, giù dall’aereo ma senza acrobazie; ecco, noi aggiungemmo la possibilità di sfruttare la quota per ottenere delle ‘figure’ (stella, diamante, etc) frutto di un intenso addestramento” spiega oggi il Generale dell’Aeronautica Militare Ettore Scorza che l’unità l’ha vista nascere, peraltro componente della squadra.

“Nostra base era l’Aeroporto militare di Guidonia dove ci lanciavamo 4 o 5 volte al giorno: martedì, mercoledì, venerdì; allenamenti intensi nel corso dei quali partivi da una figura semplice, ad esempio la stella, per arrivare a cose più complesse come il diamante.

Ecco, se riuscivi a fare il diamante eri già uno in gamba, perché non era semplice! Non ci si lanciava sempre in gruppo, spesso uno dopo l’altro ed era necessario ‘ricongiungersi’ in cielo, prendersi e formare le figure stabilite. Il tutto prima dell’apertura del paracadute”. In sintesi, durante le gare di paracadutismo della specialità “lavoro relativo” (Relative Work- RW, nda) le figure venivano stabilite da una giuria ove in 10″ bisognava saper fare più figure.

Siamo negli Anni ’70 e il paracadutismo, per quanto praticato anche a livello civile, è ancora legato alla mera caduta libera (lancio da 3 mila ai 4 mila metri) e l’idea di acrobazia è del tutto innovativa. Ecco perché i Falchi fanno subito una certa impressione tanto in ambiente militare, quanto in quello civile quando l’esibizione avviene nel corso di un Air Show al quale partecipano migliaia di persone.

Ma la tecnica non basta. Ancora Scorza: “Allora il gruppo era formato da 7-9 elementi, non di più, tutti paracadutisti già formatisi alla Scuola Militare di Paracadutismo (SMIPAR, oggi Centro Addestramento Paracadutismo, nda) di Pisa che, ottenuto il brevetto, erano selezionati per entrare nei Falchi. D’altronde, le esibizioni erano solo una parte del nostro lavoro poiché, in quanto militari, ci addestravamo al lancio tattico per poter operare in ambiti difficili, con grandi perizia e professionalità, esperienza e motivazione. Insomma, ai tempi della leva nessuno dei nostri era di leva. Sì, c’era chi veniva da caserme in cui si addestravano gli Avieri della VAM (Vigilanza Aeronautica Militare), ma erano militari di carriera già brevettati e con un bagaglio di conoscenze importante”.

Per circa 30 anni i Falchi Blu sono la “forza di intervento rapido” dell’Aeronautica Militare, nonché vanto di fronte all’opinione pubblica e alle altre FFAA: oltre alla blasonata Pattuglia Acrobatica Nazionale, hai a disposizione un’unità di audaci paracadutisti che tolgono il fiato allo spettatore. Un’eccellenza, dunque, che suo malgrado sparisce con il tramonto del servizio militare obbligatorio: nei primi Anni Duemila, infatti, l’eredità dei Falchi Blu è raccolta dal 16° Stormo “Protezione delle Forze” e dal 17° Stormo Incursori di Furbara.

Storia, memoria, identità, competenze che, dunque, non si sono perse continuando a vivere nella professionalità dei militari in servizio e nelle attività dell’associazionismo, come quelle dell’Associazione Arma Aeronautica della quale Scorza è presidente per la città di Viterbo.

(Credit foto: Nike Missile Forum; Archivio Gen. Ettore Scorza)

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