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Pubblicato il 27/11/2016

GRANDE GUERRA: LA STORIA DEI SOLDATI VERONESI CADUTI

VILLAFRANCA-VERONA Il libro “AVANTI PERDIO! SIAMO ITALIANI” sarà presentato martedì prossimo, alle 20.45, in biblioteca, in piazza Villafranchetta.
Il volume percorre, nome dopo nome, il 1915, poi il 1916 della Strafexpedition austriaca dalla Val d’Adige su per gli altipiani vicentini, e della presa di Gorizia; c’è poi il 1917 dell’Ortigara, della Bainsizza e di Caporetto, fino al 1918 della battaglia del Solstizio e di Vittorio Veneto.

Biante Remagni, 21 anni morto il 27 novembre 1915 a Peteano, nell’inferno del monte San Michele a pochi chilometri da Gorizia che l’anno successivo sarebbe stata liberata.
C’è Verona a Redipuglia nel suo nome, scolpito nell’immenso sacrario che accoglie le spoglie di centomila soldati, e in quello di Ismaele Bocchio, erroneamente riportato sulla targa in bronzo del monumento col nome di Natale, di Pasquale Cordioli morto nell’ottava battaglia dell’Isonzo, disperso e probabilmente sepolto tra i 60mila soldati ignoti del sacrario.E c’è Villafranca al Tempio Ossario di Bassano con Massimino Cordioli o a Malga Zugna con Giuseppe Benini. Dagli altipiani vicentini all’Ortigara, da Asiago alle Tofane, da Trento a Monfalcone, la città ha lasciato il suo nome nei 244 caduti del primo conflitto mondiale, le cui storie sono ora custodite nel diciannovesimo volume degli Studi Villafranchesi I caduti di Villafranca nella Grande Guerra (1915-1918) di Nazario Barone.

Due anni di ricerche in archivio di Stato e in quello comunale, tra documenti militari e bollettini ufficiali, hanno permesso a Barone di compilare l’elenco in ordine cronologico dal primo caduto, Ernesto Girelli, 21 anni, del Sesto Alpini morto a Verona a neppure dieci giorni dall’entrata in guerra dell’Italia, fino all’ultimo: Ettore Meante, catturato dopo la rotta di Caporetto del 1917 e morto in prigionia in Austria senza lasciare alcuna traccia.

Il volume percorre, nome dopo nome, il 1915, poi il 1916 della Strafexpedition austriaca dalla Val d’Adige su per gli altipiani vicentini, e della presa di Gorizia; c’è poi il 1917 dell’Ortigara, della Bainsizza e di Caporetto, fino al 1918 della battaglia del Solstizio e di Vittorio Veneto. I villafranchesi sono 180, ai quali Barone vi aggiunge anche i 64 soldati che erano nati nei paesi vicini ma risiedevano a Villafranca al momento della partenza. Come l’ufficiale di fanteria della brigata Palermo, Remagni, di Viadana (Mantova), ma di madre villafranchese, Maria Aurelia Capucci, che viveva a Villafranca e al quale la città ha intitolato la via dietro al castello scaligero.REMAGNI è anche una delle 19 medaglie d’argento al valor militare della cittadina (sono quattro quelle di bronzo): gli fu conferita per aver condotto, spontaneamente, il reparto di un altro corpo «sotto l’intenso fuoco di fucileria avversaria» per trascinarlo «all’assalto e all’occupazione di una posizione nemica, giunto sulla quale cadeva colpito a morte».

Caporale nel reparto d’assalto del Sesto alpini era invece Giacomo Spellini che gridando «Siamo italiani per Dio! Avanti, avanti sempre noi!» guidò i compagni sotto le linee nemiche a malga Le Fratte, sui monti vicentini, il 16 novembre 1917, morendo per le ferite qualche settimana dopo.Le storie sono tante, 244 e più. Perché Barone ha inserito nella ricerca anche i caduti nel «periodo armistiziale» dalla fine del 1918 all’ottobre del 1920 e anche una manciata di giovani soldati di origini villafranchesi venuti da oiltre oceano per combattere: dal Brasile, dall’Oceania e dall’ America.

Al termine, lo storico si occupa anche del complesso recupero delle salme e del ritorno a casa di alcune spoglie o della loro sepoltura ufficiale nei sacrari italiani. Fino alla storia del monumento eretto in piazza Giovanni XXIII a opera delle associazioni combattentistiche.«I SOLDATI per metà caddero in battaglia, per metà morirono di malattia, in linea con le statistiche nazionali. E 29 di loro in prigionia», spiega Barone. «La prima salma che arrivò, invece, a Villafranca fu quella di Angelo Carlini il 31 ottobre del 1920: c’è tuttora il manifestino che ne dava l’annuncio, mentre al cimitero nella cappella di famiglia c’è una sua statua. Nel 1921 arrivò Angelo Cordioli di Rosegaferro: si spesero 500 lire per trasportare la salma da Mestre a Villafranca».

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