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Pubblicato il 22/07/2015

IL DOPPIOGIOCHISMO DELL’ITALIA NON PAGA

Il rapimento dei quattro italiani in Libia, che il ministro Gentiloni non considera “un avvertimento” per l’Italia , anche se poco prima dichiarava che “stiamo cercando di capire i motivi del sequestro”, si lega di certo all’attentato alla sede consolare italiana al Cairo, in Egitto. Aggiungiamo che l’Italia ha moltiplicato il potere dell’Iran ( sciita) all’interno di uno scacchiere arabo con prevalenza sunnita. Un intervento, quallo dell’Italia nella trattativa nucleare iraniana, che potrebbe generare retropensieri : per destabilizzare il mediterraneo le dinastie del petrolio potrebbero incrementare i già robusti finanziamenti concessi ai terroristi dell’Is, i quali dichiarano di voler portare la guerra a Roma. Dietro il rapimento dei 4 italiani, si distinguono i contorni di una regia raffinata intenta a mettere in sequenza una serie di “avvertimenti” per costringere il nostro paese, doppiogiochista nella gestione dei rapporti internazionali, a una chiara scelta di campo. Se questa ipotesi dovesse trovare fondamento sarebbero guai seri per il nostro governo che più di tutti i suoi predecessori è affetto dal morbo del “ma anche”. Tuttavia, non è detto che si debba andare sempre a rimorchio di qualcun altro. In Libia, ad esempio, sarebbe ora che il nostro governo prendesse lui l’iniziativa, visto che quello libico è principalmente un nostro problema. Ormai anche i sassi hanno capito che l’estenuante negoziato trascinato fuori tempo limite dal delegato delle Nazioni Unite, Bernardino Leon, sia fallito.

Cosa si aspetta a creare una coalizione di Paesi dell’area per intervenire, anche militarmente, sul suolo libico? Egitto, Tunisia, Algeria, Niger, Ciad, Sudan e Mali non desiderano altro che farla finita con la “scheggia impazzita” del nord-Africa.

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