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Pubblicato il 21/04/2015

IL GENERALE GRAZIANO, CAPO DI SMD, PARLA DEL BLOCCO NAVALE

Il Generale Claudio Graziano, Capo di Stato maggiore della Difesa, è sicuro che fino a quando «non riusciremo a stroncare il traffico dei moderni schiavisti, nel Canale di Sicilia vittime innocenti continueranno a morire».
Generale, una parte del mondo politico invoca il blocco navale per impedire che si ripetano ancora queste tragedie. «Al momento una soluzione di questo tipo potrebbe paradossalmente alimentare il traffico degli schiavisti e non risolverebbe il problema del soccorso in mare, bisogna fare molta attenzione. Infatti, come previsto dal diritto internazionale marittimo, la salvaguardia della vita umana è prioritaria e quindi è obbligatorio per chiunque intervenire in soccorso di chi si trova in difficoltà». Attività che già fate con Mare sicuro? «Mare sicuro è una missione a difesa degli interessi nazionali, degli uomini e dei mezzi, delle vie di comunicazione. Oggi però il tema sollevato, all’indomani della tragedia del ribaltamento del peschereccio con un numero altissimo e imprecisato di vittime, è quello di impedire che i trafficanti continuino nelle loro attività. L’Italia ha arrestato quasi mille scafisti dall’inizio della crisi, un numero importante ma evidentemente non sufficiente per stroncare questo fenomeno. E’ necessario individuare interventi più incisivi che si dovranno realizzare attraverso una rafforzata cooperazione internazionale». Perchè il blocco navale è inutile? «Al momento non vi sono le condizioni per attuarlo, in quanto in assenza di una risoluzione delle Nazioni Unite o di un accordo bilaterale, un’azione del genere rappresenterebbe un vero e proprio atto di guerra. Inoltre è assente uno Stato in grado di garantire le condizioni di accoglienza, di rispetto dei diritti umani e di assistenza ai migranti. Ancora, bisogna tenere ben presente il fatto che un eventuale blocco navale aumenterebbe le possibilità, per gli scafisti, di poter approfittare della massiccia presenza di navi militari, obbligandole ad intervenire in soccorso dei naufraghi». Ma come fermare i nemici di oggi? «Occorre individuare le misure contro i nuovi schiavisti che stanno conoscendo una crescita esponenziale dei loro traffici in virtù del precipitare delle condizioni di degrado in Libia, che subisce le pressioni migratorie dalla fascia subsahariana, a sua volta diventata teatro di conflitti. L’Isis, la povertà, le persecuzioni religiose sono un mix che si è rivelato capace di rendere l’Africa centro settentrionale l’area di maggiore crisi del globo». Nei giorni scorsi, la Marina militare ha lasciato andare il barchino veloce che aveva tentato di riprendersi un peschereccio che aveva trasportato immigrati. «La nostra unità militare ha agito secondo le regole. Appena raggiunta l’area dell’evento dalla dislocazione iniziale ha riscontrato che non sussistevano le condizioni sufficienti a dar seguito ad ulteriori azioni e che nessuno era in pericolo». Generale, in un quadro di cooperazione internazionale, noi siamo già impegnati nello scacchiere del Corno d’Africa, in una missione contro la pirateria. In cosa consiste? «Da tempo le nostre navi operano nell’Oceano Indiano, sia nelle operazioni a guida europea sia in quelle a guida Nato, finalizzate ad assicurare la libertà dei traffici marittimi in una zona di mare nella quale da tempo si è radicato il fenomeno della pirateria marittima»

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