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Pubblicato il 19/09/2015

IL MARESCIALLO PARACADUTISTA CAREDDU: NON HO RIPRESO A CAMMINARE.

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La Nuova Sardegna ed. NUORO
sezione: SARDEGNA data: 19/9/2015 – pag: 04


«Camminare? Magari. Sarà un percorso lungo»


Il racconto di Simone, il parà di Cabras in sedia a rotelle a causa di un attentato
A Verona ha sperimentato l’Ekso e ha provato l’emozione di fare qualche passo


di Claudio Zoccheddu
CABRAS «Andiamoci piano, si è trattato di un semplice esperimento. Non ho ripreso a camminare». Simone Careddu, il parà cabrarese della Folgore ferito nel 2009 sulla strada 517 della provincia di Farah, in Afghanistan, ha testato nei giorni scorsi il nuovo esoscheletro Ekso, un apparecchio di derivazione militare che gli ha permesso di muovere i primi passi dopo sei anni vissuti sulla sedia a rotelle. Il primo caporale della Folgore, 35 anni, ha perso l’uso delle gambe per colpa di una lesione alla colonna vertebrale causata dall’esplosione di una mina mentre era a bordo di un blindato “Lince”, un attentato in cui rimase ucciso il suo amico e collega Alessandro di Lisio e in cui vennero feriti altri due paracadutisti italiani. Simone Careddu vive e lavora a Verona, dove ha provato l’Ekso. La sperimentazione. «Ho collaudato un macchinario – racconta Simone –, gli specialisti dell’ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar, a Verona, mi hanno chiamato per effettuare un test più approfondito, in modo che potessero capirne a fondo il funzionamento. Hanno scelto me perché ho provato un macchinario di questo tipo, anche se meno evoluto, circa un anno fa. Ovviamente ho accettato, sono convinto che la robotica ci potrà essere molto utile in futuro ma non credo che questo tipo di macchinario possa entrare nella vita di chi condivide il mio problema. Perlomeno, non in tempi brevi. Rendere davvero utilizzabile un esoscheletro è più difficile di quanto possa sembrare a chi osserva dall’esterno». Il macchinario. Il prezzo dell’Ekso è di circa 180mila euro ma non viene prodotto in serie. Lo possono acquistare solo le strutture ospedaliere, anche se non è da escludere una distribuzione capillare quando l’apparecchio verrà migliorato: «Per ora preferisco la sedia a rotelle – dice ancora Simone – mi sento molto più autosufficiente e posso fare quasi tutto. Guidare l’auto, ad esempio, sarebbe impossibile indossando l’Ekso». E quelli che si registrerebbero alla guida non sono gli unici problemi, purtroppo: «Per ora può essere utilizzato solo su superfici piane e può essere programmato, al massimo, per salire qualche scalino. Camminare su terreni scoscesi è impensabile e non può essere usato senza l’aiuto di altre persone». L’emozione. Comunque è stata forte. «L’Ekso mi ha permesso di fare qualche passo e di ricordarmi la sensazione che si prova a stare in piedi – racconta ancora Simone – ma la realtà è molto diversa da quello che può sembrare. Per utilizzare l’Ekso serve il supporto di una o due persone. E poi, non è un apparecchio per tutti. Non sorreggerebbe persone troppo pesanti e, come tutte le cose, il suo utilizzo dipende dalle attitudini fisiche di ogni paziente». Simone non lo dice chiaramente ma l’apparecchiatura può essere utilizzata solo da chi è in possesso di una buona forma fisica, nonostante la disabilità. Il futuro. Per immaginare l’uso degli esoscheletri robotizzati su larga scala è necessario ancora un bello sforzo d’immaginazione: «È chiaro che il futuro sarà questo, ma la strada è lunga. L’Ekso è stato progettato per aiutare i marines degli Stati Uniti a trasportare carichi di un quintale sulle spalle, nonostante se ne stia parlando da anni non l’hanno mai utilizzato nemmeno loro. Vuol dire – conclude il parà di Cabras – che siamo solo all’inizio di un percorso che sarà lungo e complicato».

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