EL ALAMEIN

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Pubblicato il 18/01/2009

IL MIO 23 OTTOBRE 1942 A EL ALAMEIN

di Arrigo Curiel – Leone della Folgore

IL MIO 23 OTTOBRE 1942 A EL ALAMEIN
( ricordo di colori dopo la violenza )

23 ottobre alla sera l’aria era calda a Deir el Munassib.La notte trasparente per la luce della luna. ,il silenzio accarezzava la sabbia chiara ed i bassi oscuri costoncini. Qua e là un parlottare sommesso nelle postazioni, un colpo di tosse trattenuta, una piccola risata. L’umidità già impregnava i sacchetti del parapetto delle postazioni.

Di sorpresa, in silenzio, una larga fascia su tutto l’orizzonte si è colorata di arancione intenso.. Nei successivi istanti, sempre silenziosi, le sfumature e i toni dei colori e lo spettacolo immenso mi hanno suggerito un assurdo tramontare di mille soli o un’improbabile aurora boreale nel deserto sinchè un enorme tuono mi ha annunciato che erano le vampe riunite di mille cannoni..

Mi sono gettato pancia a terra, le traiettorie sono passate alte sopra di noi . Una breve attesa, ed è arrivato, da quattro o cinque chilometri alle nostre spalle, il boato della simultanea esplosione di mille granate.

Come applaudire alla prima salva delle artiglierie migliaia di motori si sono accesi e si sono messi in moto al nostro fianco ed oltre.

La nostra divisione paracadutisti Folgore è schierata, come su di un palcoscenico, per dodici chilometri, da nord a sud, fino a Naq-Rala.

Nella parte più settentrionale il nostro reparto, che occupa un saliente di formazione triangolare,con al vertice la nostra compagnia, proteso fuori dalle linee per quattromila metri, sta come nei palchi della parte sinistra che però, essendo collocati a una quota più bassa di quella del proscenio, non consentono alcuna visuale.,

A giudicare dai rumori la grande platea brulicava di mezzi corazzati, di cingolati e di camionette. Sconcertato pensavo alla frase: “ – Nessuna traccia di forze avversarie – “ con cui avevo chiuso il rapporto sulla pattuglia di ricognizione da me condotta, due giorni prima, a perlustrare in lungo e in largo quella zona di deserto senza trovare altro che il relitto del piccolo Bren Carrier.

Anche se inverosimile era pur vero che undici paracadutisti con me, per il vento di sabbia e grazie al caso avevano,per undici ore, potuto passeggiare in mezzo a due o tre divisioni inglesi schierate per la battaglia senza essere visti e senza vedere alcuno. Con la fantasia già i trovavo davanti alla corte marziale, mentre chiamavo gli uomini testimoniare a mia discolpa, mentre osservavo, al di là del declivio che ci impediva la vista della grande piana. Discendevano sul campo di battaglia le luci bianche dei bengala appesi a piccole calotte, l’alzarsi verde e rosso dei razzi di segnalazione tra il punteggiare, colorato, in traiettoria, dei proiettili traccianti.S

iamo stati inquadrati durante la giornata successiva, da linee precise di granate che, a centinaia, miste a fumogeni,, si avventavano ad esplodere alle spalle della nostra compagnia. Le artiglierie, rallentando il tiro, poi diradandolo in salve separate di batteria, come tuoni al finire di un grande temporale, e infine cessandolo del tutto, hanno dato l’impressione che gli avversari, da veri inglesi, volessero rispettare la festa.

Poco prima delle 16, una vedetta si mette a gridare : “ All’armi, carri in vista sulla destra “.Nette si alzano dal cielo limpido e celeste le lunghe antenne, variopinte dai segnali,di novanta carri nascosti tra le alture verso sud e le piccole figure con elmetto piatto che strisciano per aprir varchi fra le mine.Rauca nel silenzio una voce : “ Squadra mitraglieri, pronta ! Alzo massimo, fuoco ! “La mitragliatrice sgretola la sabbia dura, sollevandola in segmenti polverosi.

I più si ritirano correndo, alcuni, immobili, rimangono.Alcuni carri usciti dal rilievo prendono posizione frontale a noi., discendendo a motore pieno sulla sabbia compatta del pendio.Allo spegnersi del rimbombo delle mine esplose,una pausa di silenzio. Attraverso il pulviscolo giallastro, il primo carro, sbandato di traverso, mostra sul fianco, avvolta dalle fiamme, l’insegna scarlatta: una cavallino bianco rampante. E’ un IV Cavalleria. Ancora delle parole gridate : “ Tutte le armi, fuoco a volontà! Tenere alla mano le bottiglie incendiarie !

“ Poi tutto si confonde in nero e in rosso.Vampate si alzano dovunque, il suolo si apre sussultando, si solleva in scure ondate che ricadono ricurve, morbide, pesanti.
Tutto è fumo, acre e penetrante, gli occhi bruciano, la tosse serpeggia nelle postazioni. Anche gridando non ci si intende a un metro di distanza. Nelle orecchie è tutto un frantumarsi di campane.
Placata la bufera, una leggera brezza aveva spazzato via polvere e fumo. Il sole rosso dietro di noi inclinava già sull’orizzonte.

Monumenti immobili, spigolosi in linee rette, dodici carri fuori assetto, sbandati nella sabbia, profondamente marcata a pettine, dietro di loro, dai cingoli nell’ultima virata. Sulle lamiere frontali del quarto a partire dalla sinistra, colava sangue scuro dalla torretta del cannone contorto, piegato verso il basso.Il carro portatore dello stendardo scarlatto, bruciava ancora e con lui altri tre.. Sottili spirali di fumo nero si alzavano nel cielo, in alto si allargavano disperdendosi nel vento, Dei rimanenti carri, erano ventidue, parte arrancava, ritirandosi,in salita.Parte tentava di avvicinarsi ai colpiti per salvare gli equipaggi.

Non più falò solo bracieri incandescenti erano i carri che finivano di bruciare: roghi oscuri di guerrieri sconosciuti, innalzati sulla distesa sbiancata dalla luna.Ora un’angoscia pesante nel ricordo del filo di fumo che saliva dalla postazione della prima squadra fucilieri. Lo scavo appariva silenzioso e vuoto.Al suo ingresso era caduta una bomba di mortaio,nell’interno tutto era a soqquadro : visi neri per lo scoppio, inebetiti, tanti morti e feriti gravi
Ricordo di colori dopo la violenza.

La storia reggimentale del 6° e 7° Green Howards è stata cortesemente messa a disposizione dall’ Imperial War Museum di Londra.

23 ottobre 1942. L’inizio della battaglia fu previsto per il 23 ottobre 1942 e l’attacco principale sul fronte del 13° Corpo doveva essere effettuato dalla 44^ divisione tra Himeimat e la depressione di Munassib dove le difese del nemico si pensava fossero più deboli. Non appena una breccia fosse stata aperta in questa località, la 7^ corazzata doveva passarci attraverso e prendere sul rovescio le difese nemiche dietro la zona di Munassib.

Il ruolo della 50^ divisione era di attaccare frontalmente la posizione di Munassib avendo come primo obiettivo una penetrazione di circa 1.500 yards. All’inizio era stato deciso dal comandante del 13° Corpo che l’attacco della 50^ divisione dovesse aver luogo la notte successiva a quella della 44^ divisione e non iniziare finchè la 7^ corazzata non avesse sfondato.Quello che successe, invece, fu che la 44^ divisione fallì nella penetrazione delle difese nemiche e subì pesanti perdite, e così alla 50^ fu ordinato di attaccare la notte del 25 ottobre con lo scopo di alleviare la pressione sul fronte della 44^.

( il 6° Btg Green Howards sulla destra e dal 5° Yorkshire sulla sinistra appartenevano alla 69^ Brigata della 50^ Divisione )

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