OPINIONI

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Pubblicato il 05/06/2016

IL POPOLO CURDO COMBATTE . NON SCAPPA

foto sopra: Dohuk, nord Iraq, a circa   30 chilometri da Mosul e 40 da Zakho ( confine  con la Turchia)

di Walter Amatobene

 

Da spedizioniere internazionale specializzato   in “aree calde” del mondo , dovrò consegnare molti materiali “civili”  al cantiere italiano , destinato alle aziende che operano al progetto di riparazione della diga di mosul.

E’ stato necessario fare alcuni sopralluoghi in quella tribolata parte del mondo, uno dei quali la prima settimana di Giugno 2016, per verificare di persona se  la situazione generale potrebbe interferire con la logistica, dalla dogana al percorso stradale dei camion fino alla area di stoccaggio che abbiamo predisposto a Mosul su un terreno di proprietà del mio corrispondente .

Zaho, Duhok, Mosul , Falluja  , Erbil sono cittadine nell’Iraq del nord, il Curdistan, i cui nomi fanno paura.

Mosul e Falluja sono state occupate da ISIS che ha seminato terrore e morte e sono entrambe ancora in fase di liberazione. Il popolo curdo , di ceppo caucasico, è in guerra da sempre ma da due anni combatte più aspramente e coraggiosamente, respingendo l’ISIS metro dopo metro, dopo una sconfitta   ed una sanguinosa dominazione che fu dovuta alla “comunità” internazionale che non gli forniva le armi per difendersi.  Le due città sono ormai assediate e la loro resa è questione di giorni.

La situazione è in evoluzione, quindi i rischi di attacchi terroristici non sono ancora uguali a zero; perfino Erbil, ovvero la sede delle missioni internazionali di addestramento, è stata oggetto di attacchi sporadici ed  una   autobomba è esplosa a fine aprile nel quartiere cristiano, vicino al consolato USA .

Lo stesso potrebbe accadere a Mosul, quando il personale civile e militare italiano si sarà insediato nell’area della diga.

Insieme agli amici/colleghi spedizionieri e trasportatori del posto ho percorso per cinque giorni il tragitto dei camion , dal valico di Zakho ( Turchia / Iraq) fino a Mosul arrivando via strada fino a Erbil : sono rimasto sorpreso dal controllo efficace e perfetto del territorio che i Peshmerga ( dal curdo: “contro la morte”) hanno, senza truppe straniere schierate sul terreno.

Non le vogliono . “Facciamo da soli” , ripetono orgogliosamente e non perdono occasione per dichiararlo quando qualche paese straniero gli offre di “coadiuvarli”. Accettano solo armi e addestramento.

Le strade sono percorribili e non danneggiate dalla guerra se non in pochissime tratte; la grande arteria che va a Sud verso le zone   in conflitto è chiusa da Mosul in poi; collega al Nord le  grandi valli coltivate a grano, sterminate: ogni giorno si incontrano lunghissime code di camion pieni del prezioso cereale appena trebbiato, in attesa di scaricare presso enormi silo; viene esportato in Turchia e distribuito sul mercato locale.

La economia è in difficoltà: il segno ce lo danno il crollo dai 1000 camion al giorno in ingresso al confine con la Turchia, primo fornitore, contro gli attuali 1000, o forse meno, alla settimana.

Il sistema viario è stato “tagliato” in due dalla guerra, che ora è arretrata a  Mosul e arriva fino a 60 chilometri a nord di Bagdad. Le nostre consegne camionistiche a Bassora, estremo sud,  ( quando sono urgenti e non possono attendere i 40 giorni di nave) , ora transitano dall’Iran oppure “allungano” deviando lungamente verso est.

Costi in più che il commercio locale non può assorbire, al contrario delle aziende internazionali nei campi petroliferi.

Ogni tanto si incrociano villaggi dove si avverte la morsa della povertà a causa del conflitto e della dipendenza del curdistan da Baghdad, che apre e chiude i rubinetti a seconda di come vanno le cose militari o politiche.

Il paesaggio è ancora bello verso Mosul. La città ha sofferto, ma sono sempre bellissime le montagne che si stagliano contro un cielo limpido La popolazione è accogliente dappertutto. Non mi sono mai sentito   in pericolo a Mosul, Dohuk ed erbil, che sono pulite e gradevoli , con una edilizia moderna nel nuovo centro ed un poco più “araba” nella parte storica.

Camminando nel fornitissimo bazar di Dohuk ( una delle foto sopra, ndr) , a circa 45 chilometri da Mosul ed altrettanti dal confine con la Turchia, i negozi nel mercato sono pieni di equipaggiamenti militari in vendita: tutti i capifamiglia e tutti i giovani in età combattono contro i tagliagole; talvolta si armano in proprio, mettendosi da volontari sotto il comando di reparti   regolari. Le donne non portano burka ma il “niqab” ( davvero poche) , indossato in modo elegante su bei visi truccati.

Nel Curdistan c’è una guerra “strisciante”, “asimmetrica” , vera: tagliagole drogati e sanguinari contro un popolo fiero, coraggioso e perseguitato.

I curdi combattono casa per casa ed i risultati sono sanguinosi, per i jidahisti, ma appena ci si allontana dal fronte tutto ritorna “normale”.

I CURDI COMBATTONO . NON SCAPPANO
La situazione di relativa tranquillità non cambia molto fino a quando non arrivi a ridosso della linea del fuoco dove la strada devia con un bivio artificiale, posto a 4 chilometrio da dove si combatte e dove i Peshmerga sono più armati, calzano l’elmetto e e ogni tanto i colpi e le colonne di fumo sono più vicini.

Per raggiungere la diga si attraversa una “terra di nessuno” dove ISIS aveva demolito ogni abitazione per circa 2 chilometri, per impedire infiltrazioni. Lo stesso ha fatto l’esercito Pesmerga, estendendola.
Case rase al suolo con esplosivo, accasciate, si perdono negli immancabili campi di grano, nella splendida visione collinare che, ad un tratto , lascia vedere l’invaso di acqua celeste e corallo dell’Eufrate.

Il popolo curdo non è scappato, non ha elemosinato pane e tende, non si è infilato dentro i camion che passano il confine con la Turchia a pochi chilometri, non ha ingolfato le tendopoli, che pure sono numerose e popolose , gestite dalle nazioni unite per accogliere i Siriani e gli Yazidi. Perfino le donne hanno imbracciato le armi,dando prova di coraggio e amor di bandiera, riservando per loro il colpo mortale se fossero state vicine alla cattura.
I curdi hanno riconquistato la loro terra non appena la comunità internazionale, compresa l’Italia, gli ha dato le armi. I canali televisivi descrivono orgogliosamente la loro guerra giornaliera: tutti all’attacco , in tanti e ogni giorno, riconquistando e ripulendo il territorio.
Non mi sono sentito in pericolo perché ero circondato da veri soldati.
Con loro è stato possibile costruire solide relazioni, come quella che ho da 15 anni col mio corrispondente, giovane imprenditore leale ed intelligentissimo, conosciuto quando aveva 28 anni.

Questa è la gente che mi piace incontrare.

Combattenti , non parassiti.

 

nota:

sotto. l’invaso sud della diga, in uno splendido paesaggio mozzafiato.

Mi sono impegnato a non pubblicare foto  dei cantieri e delle aree  di lavoro, né citare  alberghi e località dove ho risieduto insieme ai miei clienti. In quelle  zone era consigliabile non scattare fotografie ai tantissimi soldati in giro. Tantomeno si potevano fotografare i check point. Visto il tasso di sicurezza molto alto che i curdi sono riusciti ad ottenere, mi sono volentieri adeguato. Mai mi sono sentito così “protetto”  nei vari posti che ho visitato per  lavoro nemmeno in Italia. 

invaso.mosul

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