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Pubblicato il 15/06/2015

INTERVENTI MILITARI ITALIANI ALL’ESTERO: MOLTE SPESE POCA RESA

FOTO: WALTER AMATOBENE: OPERAZIONI DI SCARICO DI FORNITURE CIVILI ALLE BASI MILITARI AFGANE. QUESTA E’ STATA L’ UNICA FONTE DI AFFARI PER LE AZIENDE ITALIANE

PANORAMA del 15 Giugno 2015

L ‘Italia è fuori dal più grande progetto energetico afghano, che passerà nell’ovest del Paese grazie al sangue versato dai nostri soldati (54 i morti, 600 i feriti). Per il gasdotto di 1.860 km, che dal Turkmenistan arriverà in India, via Pakistan, si sono fatti avanti francesi, russi e cinesi. Il progetto Tapi, dai nomi delle quattro nazioni coinvolte, è un investimento storico (8 miliardi di dollari) per Kabul: farà transitare sul suo territorio 33 miliardi di metri cubi di gas l’anno talebani permettendo. Nonostante il tragitto del gasdotto passi per la provincia di Badghis ed Herat, dove a partire dal 2008 i soldati italiani hanno combattuto duramente e i parà della Folgore abbiano allargato la zona di sicurezza attorno a Bala Murghab aprendo la strada fino al Turkmenistan, per la realizzazione del gasdotto l’Italia non è stata presa in considerazione. Entro quest’anno i Paesi coinvolti dovranno scegliere chi guiderà il Tapi. Le società in corsa per il tratto afghano sono la Total francese, la Pipeline company cinese e la Rt Global russa. Scarso l’interesse di Roma pure per il «tesoro» del sottosuolo. Secondo studi Usa, le potenzialità energetiche e minerarie valgono 1.000 miliardi di dollari (tre volte tanto per gli afghani). canadesi hanno ottenuto uno dei primi contratti di trivellazione per il petrolio nel nord. Washington ha investito 418 milioni di dollari per il gas e il greggio a Shebarghan. Gli indiani si sono aggiudicati i diritti dei quasi 2 miliardi di tonnellate di ferro di Hajigak e Pechino ha conquistato la miniera di rame di Aynak, la seconda al mondo. E punta al litio, prezioso per le batterie dei cellulari, nella zona di Herat dove sventola ancora il tricolore. (Fausto Biloslavo) Entro l’anno il via al gasdotto Tapi, progetto da 8 miliardi di dollari. Il nostro Paese è escluso nonostante l’impegno militare. L’Italia fuori dal grande affare afghano … e roma arranca pure in Iraq (dove È ARRIVATA TARDI) Nel dicembre 2014 l’Iraq ha raggiunto la produzione record di 4 milioni di barili di petrolio al giorno, ma la gran parte va in Cina. Pechino ha messo le mani su una ventina di giacimenti, inclusi gli ambiti pozzi di Rumailia, più grandi al mondo. Nonostante abbiano abbattuto Saddam, gli Usa si sono «bruciati» con la vendita del petrolio curdo da parte di Exxon Mobil. Anche qui l’Italia arranca. Dal 2010 l’Eni guida un consorzio per lo sfruttamento del giacimento di Zubair, vicino a Bassora. L’obiettivo era 1 milione e 200 mila barili, poi ridotti a 850 mila, ma agli inizi di giugno si è arrivati appena a 320 mila. (F.B

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