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Pubblicato il 28/11/2016

IPOTESI DI TRUFFA SU BLINDATURE DI VEICOLI CIVILI DESTINATI A SERVIZI PER IL COMANDO DI KABUL INDAGATI SEI UFFICIALI

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Il capitano Marco Callegaro ( nella foto) – 37 anni, originario della provincia di Rovigo ma residente a Bologna, moglie e due figli – nella notte tra il 24 e il 25 luglio 2010 venne trovato morto nel suo ufficio all’aeroporto di Kabul ucciso da un colpo di pistola. Era da poco tornato da una licenza in Italia. Il fatto era stato archiviato come suicidio. Il Capitano Callegaro prestava servizio come capo cellula amministrativa del comando ‘Italfor Kabul’

PARMA. il suicidio dell’Ufficiale Marco Callegaro avrebbe dato elementi utili alla inchiesta che ha portato la procura militare di Roma ad iscrivere nel registro degli indagati sei ufficiali per truffa militare aggravata: nei loro confronti, è stato notificato un avviso di conclusione indagini. La vicenda riguarda il nolo di alcuni mezzi la cui blindatura è risultata più leggera (e meno cara) di quella pattuita: circostanza che avrebbe anche potuto mettere a serio rischio, sostengono gli inquirenti, il personale cui erano destinati.
In effetti, le indagini avviate dopo la morte di Callegaro – coordinate dal procuratore militare di Roma Marco De Paolis e dal sostituto Antonella Masala – hanno portato alla luce un presunto giro truffaldino: i sei ufficiali avrebbero taciuto il dato della difformità del livello di blindatura di tre veicoli commerciali destinati al generale Italian Senior Officer, cioè l’ufficiale italiano più alto in grado in Afghanistan, rispetto alle caratteristiche pattuite nel contratto di noleggio con una ditta afgana. L’intera pratica incriminata – corredata da un certificato di blindatura contraffatto – venne curata dagli uffici amministrativi di Kabul dove Callegaro lavorava.

I fatti risalgono al maggio del 2010, quando gli uffici amministrativi del contingente italiano contestarono formalmente alla ditta di noleggio afgana il carente livello di blindatura dei tre mezzi. Nonostante ciò, qualche tempo dopo dagli stessi uffici arrivò il via libera al pagamento delle fatture per il noleggio delle tre vetture: quasi centomila euro per cinque mesi, dall’1 marzo al 31 luglio 2010.

Così facendo gli indagati avrebbero procurato alla ditta afgana l'”ingiusto profitto” di 35.000 euro, pari al maggior canone pagato per il noleggio di tre veicoli meno blindati del pattuito, provocando un danno corrispondente all’amministrazione militare. Il procuratore De Paolis si appresta a chiedere il rinvio a giudizio dei sei ufficiali per il reato di concorso in truffa militare pluriaggravata, un reato previsto dal codice penale militare di pace. Il quale però non prevede altri reati che, secondo gli inquirenti, potrebbero forse meglio descrivere i fatti avvenuti: a cominciare dalla possibile corruzione degli ufficiali coinvolti, la cui condotta illecita sarebbe altrimenti senza apparente movente. Su questo fronte, così come sulle circostanze della morte di Callegaro, i magistrati militari non possono intervenire, essendo la magistratura ordinaria l’unica competente.

Quale era il ruolo di Callegaro in questa vicenda?

In realtà l’ufficiale era capo della cellula amministrativa che aveva contestato il noleggio di questi mezzi: “Lui con il carattere che aveva non voleva sorvolare su queste cose, a differenza di come gli avevo consigliato io – spiega il padre -. Gli dicevo ‘Se gli altri capo cellula fanno i pagamenti fallo anche tu, che poi torni a casa’. Lui rispondeva di no e ripeteva che voleva far risparmiare soldi all’Italia”. Callegaro ha sempre espresso la propria incredulità rispetto al fatto che il figlio si sia realmente tolto la vita con un fucile. “Ho sempre avuto il dubbio – ripete – che il suicidio fosse una messa in scena da parte di qualcuno che aveva qualcosa da nascondere”. A confortare questa tesi vi sarebbe anche una lettera che il capitano, secondo quanto riferito dal genitore, aveva inviato alla Procura di Roma, dicendosi disposto a tornare in Italia per farsi ascoltare dai magistrati. “Una lettera – conclude il padre – a cui nessuno ha mai risposto”.

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