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Pubblicato il 07/09/2014

KABUL: STERMINIO DI CANI RANDAGI COL VELENO

fulvio cerutti (agb)

KABUL-Cercano di scappare, ma non ci riescono. Vengono intrappolati con reti o lunghi ganci metallici. Si dimenano per cercare di liberarsi, ma è tutto inutile. La loro vita dura pochi minuti dopo che sono costretti a ingerire il veleno. I loro “diavoli” sono uomini vestiti di arancione che fanno pulizie dei cani per le strade di Kabul. Dopo lo sterminio di massa dell’anno scorso, quando vennero uccisi 17.600 quattrozampe, in questi giorni è ripresa la “campagna di pulizia” della capitale afghana per proteggere i residenti dai rischi di diffusioni di malattie come la rabbia.
In alternativa vengono lasciati pezzi di carne per strada e alla mattina non resta che passare con i camion a raccoglierli. Non sempre muoiono subito, ma rimangono a sopportare atroci sofferenze. Morti o ancora in vita, vengono gettati sui mezzi, ammassati uno sull’altro, per essere portati alle discariche dove vengono lasciati a marcire con la comune immondizia.
Nell’Islam i cani sono considerati esseri impuri, e in Afghanistan quelli che ci sono vengono utilizzati o come cani da guardia o per i combattimenti. Non c’è compassione per il loro destino. La paura è quella di contrarre la rabbia tramite morsi, aggressioni o graffi. Spesso, durante la cattura, la popolazione si raduna per assistere all’uccisione quasi come se fosse uno spettacolo liberatorio.

Ghazal Sharifi, un dentista residente a Kabul, racconta all’Afp di come si fosse affezionato a un cane e ai suoi sei cuccioli che girovagano vicino al suo studio e che un giorno li avesse trovati tutti avvelenati. «Gli operatori ridevano di me per come ho avuto cura dei loro corpi morenti. Questa crudeltà disumana non ha nulla a che vedere con la cultura islamica. Ho visto i cani gettati in un camion quando erano ancora vivi, accatastati uno sull’altro».

Alcuni animalisti del posto hanno provato a proporre progetti di vaccinazione e a ridurre il numero dei randagi con la sterilizzazione. «La mattanza – racconta Louise Hastie, una signora inglese che gestisce un rifugio a Kabul – significa solo che nuovi branchi sostituiranno i precedenti, e quelli nuovi hanno più probabilità di avere la rabbia perché scendono dalle montagne. Il benessere animale non è però fra le priorità del governo. Ma la verità è che gli afghani sono esterefatti da questo massacro quotidiano. Dobbiamo solo cambiare il modo di pensare dei funzionari».

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