EL ALAMEIN

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Pubblicato il 18/11/2008

LA FOLGORE DOPO L’ 8 SETTEMBRE. UN EPISODIO INEDITO AVVENUTO IN CALABRIA

L’Autore a Tarquinia, davanti alla sua baracca


di Arrigo Curiel,
già alpino, arruolatosi nella Folgore nel 1942
combattente a El Alamein nel 187mo rgt


Successe a Borgia (Catanzaro) nell’ottobre 1943 con i paracadutisti del 185° Nembo. La richiesta di suonare Giovinezza e il rifiuto del musicista del paese.

Il 185° della Divisione Nembo, venne trasferito a Borgia, una cittadina a pochi chilometri da Catanzaro, ed i reparti vennero sistemati in accantonamenti di fortuna, vecchie stalle o ambienti simili; denotavano aria e tristi condizioni di miseria di quella popolazione.

Il periodo di permanenza spesso si tradusse in episodi che procurarono seri grattacapi al comandante, maggiore Angelo Massimino ( già comandante del III battaglione ), turbando l’ambiente.

A causare questa situazione furono gli articoli pubblicati dal quotidiano “ La Nuova Calabria “ diretta da un certo Paparazzo, che desiderava dimostrare come i paracadutisti fossero portatori di una mentalità e di un regime ormai inesistente, che avevano danneggiato il popolo italiano e continuava pressapoco così : cosa si aspetta a disarmare questi soldati fascisti ?

Per comprendere origini e significato di questi fatti bisogna ritornare con il pensiero ai giorni dell’armistizio, allo stato d’animo delle popolazioni, ai neonati partiti politici di entrambe le parti, le confusioni, le condizioni di alcune regioni italiane che si erano viste aggiungere quelle conseguenti allo stato di guerra.

I paracadutisti che si trovavano al sud, sapevano di aver sempre compiuto il loro dovere di soldati e di italiani, avevano obbedito agli ordini dei loro superiori, solleciti di salvare il salvabile della dignità e dell’onore dei soldati italiani, senza abbandonarsi allo sconforto, senza cedere ad alcun sentimento o risentimento personale.

Gli episodi di intolleranza si moltplicavano, ai quali contribuiva la scarsa intelligenza delle autorità locali, che avevano autorizzato alcuni locali ad esporre cartelli che riportavano, ad esempio:” E’ consentito l’ingresso ai soli civili ed ai militari delle Forze Alleate.

Vietato ai militari italiani. “ Evidente il disprezzo per i nostri soldati, paracadututisti e non . Un giorno tre paracadutisti entrarono in un caffè chantant di media categoria.Posto vicino all’orchestra era stato appeso un cartello “ Si eseguono canzoni a richiesta “; Sul vassoio del cameriere, rimasto vuoto, dopo aver poste sul tavolo le bibite ordinate,uno di loro mise mille lire sul vassoio affinchè venisse eseguita “ Giovinezza “ la nota canzone che aveva percorso tutte le strade della Penisola.

Com’era nella previsione dei tre paracadutisti, il direttore della piccola orchestra non fece eseguire la canzone richiesta.

Erano paghi nell’aver fatto sapere agli antagonisti che ormai era giunta l’ora in cui le provocazioni avrebbero trovato le reazioni che meritavano.

Riposta la banconota nel portafoglio, pagate le consumazioni, nel silenzio generale uscirono in strada dove si trovarono di fronte un nutrito schieramento di carabinieri che avevano ricevuto l’orine di fermarli e tradurli al comando di presidio.Qualcuno aveva informato dell ‘episodio il Comando Militare. Forse in modo poco ortodosso i tre, riuscirono ad eclissarsi nelle stradette oscurate.Il mattino dopo si sparse la voce che un ufficiale del reparto era stato aggredito da un gruppo di facinorosi, costringendo gli attaccanti a prendere il largo.

La campagna denigratoria nei loro confronti, erano decisi porla al termine. Gli ammonimenti e le assicurazioni dei loro ufficiali non le ritenevano più sufficienti.

Perciò, una quarantina di paracadutisti, provenienti da vari reparti per non dare nell’occhio, prepararono un piano e passarono all’azione.Alcuni di loro si recarono in città per divulgare la notizia che il reparto si preparava ad attaccare la città e metterla a ferro e fuoco, qualcuno di lasciò sfuggire anche la data precisa. Tutto quanto in completa segretezza. Non intendevano ricorrere alle violenze, ma una ritorsione mediante una grande beffa che avrebbe ridicolizzato i cosidetti avversari.

Il giorno X, l’intero gruppetto, quella quarantina, lasciano gli accampamenti, raggiungono le prime case di Catanzaro, attraversando sentieri campestri e rustici cortili., eludendo i posti di blocco e la sorveglianza delle pattuglie autocarrate munite di mitragliatrici, e fin dalla notte, ingenti forze militari erano confluite rapridamente dai centri vicini che circondano Catanzaro.

Le truppe anglo-americane sono consegnate nei loro quartieri. Forze di polizia militare presidiano il centro cittadino.Si parla di una intera divisione di fanteria. Sul duro selciato di pietra il passo dei paracadutisti reso felpato dalle suole di gomma degli stivaletti, risuona leggero ma ha qualcosa di minaccioso, di pauroso.Basco sugli occhi, pugnale e pistola sulla cintura, sguardo duro, incedere deciso. Si va avanti in silenzio mettendo piede in centro cittadino.

Chiuse le saracinesche dei negozi, chiusi i portoni e le finestre delle abitazioni.

Questi ragazzi che hanno lasciato da poco i sentieri di guerra, calcano ora le strade di una città italiana con l’aria che si appresta ad una battaglia ? Chi avanza quel tardo mattino d’ottobre nelle vie di Catanzaro non è una squadraccia che si prepara ad una spedizione punitiva. E’ un gruppo di soldati italiani, che altri italiani hanno offeso vergognosamente.La loro presenza non è una minaccia, ma un mònito.Non faranno del male a nessuno, ma dovranno comprendere che i soldati d’Italia non lasceranno che si sputi sulle loro uniformi.

Oggi nessuno è sceso sulle strade a dirci carne venduta., perchè avete paura. Il vostro giornale tace Il suo starnazzare di anitra spennata non si è fatto sentire. Nessuno si farebbe vedere in giro con le pagine aperte del quotidiano, ed un piccolo gruppo di paracadutisti, con le mani nelle tasche, vi ha costretti al coprifuoco in pieno giorno.

La strada dove si trova la sede del giornale passa davanti alla caserma dei carabinieri ed a poca distanza della quale, schierati su tre file, armi spianate e baionette innestate, alcuni plotoni di carabinieri sbarrano la via ai paracadutisti che continuano a camminare e si fermano quando i loro corpi sfiorano le punte delle baionette., chiedendo all’ufficiale che li comanda di aprire le file per andare oltre.

”Ho l’ordine di aprire il fuoco se tenterete di passare”- “ Fate pure “ risponde il più elevato in grado dei paracadutisti, un sottufficiale proveniente dagli alpini, con quattro campagne sulle spalle e due volte ferito in combattimento, “ noi passeremo ugualmente,anche se dovremo aprirci la strada con le armi “.

L’ufficiale è interdetto, non sa più cosa fare. Per fortuna arriva il colonnello comandante della polizia militare.

Ha il volto preoccupato e sorpreso, si fa avanti e chiede “ come avete fatto ad entrare in città, con tutto lo schieramento di forze….” – “ E’ il nostro mestiere, arrivare dove gli altri non potrebbero” risponde il sottufficiale di prima. “ Sapete che abbiamo l’ordine di impedirvi il passaggio anche a costo di far uso delle armi ? “ – “ Lo sappiamo – allora evitiamo questo conflitto e lasciateci passare. – “ Dove volete andare ? “ Il sottufficiale si gira, esita un momento e guarda i suoi compagni.” Signor colonnello abbiamo con noi dell’ esplosivo.Ci lasci passare, facciamo saltare in aria una certa tipografia e poi promettiamo di andarcene, buoni, buoni, senza fare del male a nessuno….” Il Colonnello intuisce che si sta bluffando e comprende che l’obbiettivo dei paracadutisti è un altro: quello di procurare a tutti molta paura.

“ E se ve lo impediremo” dice con aria burbera.- “ Allora verranno altri paracadutisti ed allora il ferro e fuoco ci saranno davvero e non solo per il giornale…”

I carabinieri lo guardano in silenzio e, come i paracadutisti, attendono l’epilogo di quel dialogo, curiosi di sapere dove andranno a parare quei due : un alto ufficiale con gravi responsabilità di comando e mansioni ed un giovane sottufficiale, che a guardar bene, si è messo in mezzo ad un grosso pasticcio, che potrebbe costargli la degradazione. “ Una soluzione ci sarebbe forse, signor colonnello. Se qualcuno domani si prendesse la briga di far pubblicare un articolo di scuse….non so se ho reso l’idea…” – “ Ti sei spiegato abbastanza ragazzo “ risponde l’ufficiale, soddisfatto per la soluzione proposta.

Guarda ora i paracadutisti. uno ad uno, e impartendo alcuni ordini ai suoi subalterni, entra in caserma seguito dai paracadutisti.L’intelligente comandante riuscì far pubblicare dal giornale l’articolo richiesto dai paracadutisti.L’articolo descriveva ed esaltava i paracadutisti stanziati a Borgia e quelli del 185°, nei giorni dell’armistizio.

Il maggiore Massimino, malgrado lo scalpore suscitato dall’exploit dei “ quaranta “del 185°, non fece nulla per individuarne i nomi , nè alcun provvedimento venne attuato, perchè in fin dei conti essi agirono, a loro rischio e pericolo, non per fatto personale o spinti da passione politica, ma solo in difesa del buon nome del soldato italiano

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