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Pubblicato il 04/08/2014

LA GUERRA SI STA MANGIANDO IL PIANETA


PARMA- Il Peace Report 2014 dell’Institute for Economics and Peace, rileva che negli ultimi 7 anni su 22 indicatori di bellicosità , 18 sono peggiorati. Sono esplosi i conflitti in Ucraina e Israele-Palestina, si sono aggravate le guerre civili in Siria, Sud Sudan, Repubblica Centrafricana, Libia e Congo ex belga.

Il terrorismo è dilagato in Afghanistan, Pakistan, Nigeria, Somalia, Iraq e nelle Filippine.

Escalation militare tra governi e cartelli della droga in Messico e Colombia.

Perfino l’Europa (Oscar della pace all’Islanda) è scossa da tumulti e focolai. A rischio nel mondo 500 milioni di persone (200 vivono con meno di 2 dollari al giorno).

L’Iep calcola «l’impatto economico della violenza sull’economia globale nel 2013 a 9.8 trilioni (migliaia di miliardi) di dollari, pari all’11.3 per cento del Pil mondiale, con un incremento di 179 miliardi rispetto al 2012 (+3.8 per cento) ovvero una crescita dello 0.4 per cento del PIL». Nel frattempo, l’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati ha denunciato per la prima volta nel 2013 un numero di “sradicati” sopra i 50 milioni (51.2), 6 più del 2012. Soprattutto a causa del conflitto in Siria. Illuminante qualche giorno fa un titolo del Financial Times sul crollo del «vecchio ordine» e la «legge delle tribù e delle sette», i jihadisti dello Stato islamico dell’Iraq e Levante (Isil) come i tagliagole ultra-qaedisti di Boko Haram in Nigeria.

IL MEDIO ORIENTE
In Medio Oriente infuria il conflitto tra Israele e Hamas, mentre continua la guerra in Siria. I ribelli contro il regime di Bashar al-Assad combattono sotto diverse bandiere dal marzo 2011: oltre 200mila morti, 9.3 milioni gli sfollati, 3.8 i profughi nei paesi confinanti. In Iraq i guerriglieri sunniti di Abu Bakr al-Baghdadi (Isil) hanno conquistato Tikrit (la città di Saddam) e Mosul, massacrato cristiani e marciato su Baghdad, difesa da governativi sciiti e peshmerga iraniani col supporto inedito degli Stati Uniti. Intanto i curdi iracheni si sono asserragliati nel loro Stato-che-non-c’è, al Nord.

In Afghanistan,

prove generali del nuovo governo con la missione alleata Isaf che sta per concludersi senza avere stroncato la resistenza talebana. Nella penisola arabica, l’esercito dello Yemen dà la caccia a Al-Qaeda e agli sciiti Houthi. Il Pakistan, con l’aiuto dei droni americani, si affanna a stanare alqaedisti in Waziristan. E al confine tra i due Kashmir, pakistano e indiano, si riaccende la contesa tra i due paesi con morti e feriti. A Est, il Myanmar (ex Birmania) battaglia con gli eserciti per l’indipendenza del Kachin e dello Shan Nord, e decine di musulmani muoiono negli scontri coi buddhisti (oltre 10mila gli sfollati).

Nelle Filippine,
jihadisti di Abu Sayyaf provano a imporre la sharia a suon di bombe e kamikaze (21 morti il 29 luglio in un solo attacco, a Sulu). Il governo firma la pace col Fronte islamico di liberazione Moro ma premono altre sigle separatiste. In Asia, colpi d’artiglieria tra le due Coree e alta tensione Tokyo-Pechino per le isole Senkako/Diaoyu, sotto controllo del Giappone ma rivendicate dalla Cina. Cina e India sono alle prese coi secessionisti musulmani: Pechino con gli Uiguri dello Xinjang, Delhi con quelli del Kashmir. In Assam e Orissa agiscono gruppi indipendentisti e maoisti contro i federali indiani.


La resistenza islamica in Russia opera in Cecenia e Daghestan.
Incidenti nel Nagorno-Karabakh, enclave armena in Azerbaigian, tengono aperta la disputa tra l’azera Baku, forte di 4 risoluzioni Onu contro l’occupazione armena, e l’Armenia il cui intero budget statale è inferiore al budget degli azeri per la difesa. In Europa c’imbattiamo nell’Ucraina e nella guerra di secessione dei filo-russi di Donetsk.

AFRICA
Ma il vero inferno è in Africa, continente in crescita affogato nel sangue dei conflitti religiosi, tribali e per il controllo delle risorse. Gli alqaedisti del Maghreb puntano a creare uno Stato islamico tra Algeria, Mauritania, Libia e Mali. Il crollo del regime di Gheddafi ha favorito in Libia l’ascesa di milizie islamiste con la proclamazione del Califfato a Bengasi contro il generale in pensione Haftar. In Mali è dovuta intervenire la Francia contro i jihadisti alleati dei ribelli Tuareg. In Uganda, Kenya, Somalia, scatenate le milizie islamiste Al-Shabaab. A Mogadiscio stanno uccidendo i deputati uno a uno, anche una celebre cantante (sono già 5). A Nairobi hanno fatto 68 morti in un centro commerciale, e moltiplicato i raid contro autobus e alberghi a ridosso della Somalia da cui provengono.

POLITICA DEL TERRORE
Scaramucce di frontiera tra Somaliland e Puntland, nel Corno d’Africa. In Nigeria, gli islamisti di Boko Haram massacrano i cristiani nei villaggi, e rapiscono e stuprano le studentesse. Nella Repubblica centrafricana la maggioranza è cristiana ma prevalgono le milizie islamiche di Séléka ed è guerra con le bande cristiane Anti-Bakakas, tra massacri e perfino sospetti di cannibalismo, nonostante la presenza di 3mila caschi blu, 6mila soldati dell’Unione africana e 2mila francesi in un paese ricco di uranio, petrolio, oro, diamanti, energia idroelettrica. Nella Repubblica democratica del Congo (ex Zaire) continua la cosiddetta «guerra mondiale d’Africa» che coinvolge vari paesi, col Ruanda dietro i ribelli M23 e i fuoriusciti Hutu ruandesi in azione. Nel paese, 400mila donne vengono stuprate ogni anno. In Uganda “regna” da 28 anni Museveni, in guerra al nord, nel Katanga (migliaia i morti). Infine, il neonato Sud Sudan ha dovuto battersi con 7 gruppi armati in 9 dei suoi 10 Stati e ultimamente è devastato dal divorzio tra il presidente Kiir e il suo ex vice, Riek Machar. Diecimila i morti negli scontri etnici tra Dinka e Nuer.

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