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Pubblicato il 20/01/2018

LA LEGGE E I SITI, I GIORNALI WEB, FACEBOOK E LE CHAT: ISTRUZIONI PER L’USO

ROMA- L’uso quotidiano degli strumenti veloci di comunicazione ci obbliga ad una migliore conoscenza di quanto censurato dagli articoli 595 596, 596 bis, 597, 599 del codice penale italiano, che regolano la diffamazione, aggravata anche dal mezzo usato e che la Cassazione ha applicato più volte in presenza di uso di mezzi elettronici.
Le pene della legge:
1. Chiunque, fuori dei casi indicati nell’articolo precedente, comunicando con più persone offende l’altrui reputazione, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a 1.032 euro.
2. Se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato, la pena è della reclusione fino a due anni, ovvero della multa fino a 2.065 euro.
3. Se l’offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico, la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a 516 euro.

I casi più diffusi che potrebbero configurare il reato:

OMESSO CONTROLLO DEGLI AMMINISTRATORI DI UNA PAGINA DI GRUPPO
Ingiurie e frasi diffamatorie diffuse in rete , pubblicate da un visitatore della pagina di un gruppo “chiuso” , ovvero riservato ai soli iscritti, in risposta ad articoli ( o “post”), potrebbero costituire anche una indiretta responsabilità degli amministratori, colpevoli, secondo alcune sentenze, di omesso controllo. La rimozione da parte degli amministratori deve avvenire in un tempo “ragionevole”, non precisamente indicato dalla giurisporudenza, ma compatibile con la facilità che gli attuali mezzi di comunicazione consentono.


MESSAGGERIE- CHAT- WHATSAPP

Esiste la possibilità di querelare una persona per diffamazione se parla male di un altro soggetto su messaggerie telefoniche e/o internet via cellulare
Il reato si configura anche in caso di una conversazione telematica, a distanza fisica, come quelle effettuate con chat su internet (si pensi a un gruppo su Facebook o su Messenger) o con sms tramite whatsapp. Le condizioni sono:
– l’assenza del soggetto offeso. Fosse presente scatterebbe l’ingiuria che prevede solo l’ obbligo di risarcimento del danno e pagamento di una multa senza processo penale.
– la presenza di due o più persone, che, come detto, presenza non necessariamente fisica , potendo anche essere “virtuale” come nel caso di conversazioni telematiche o via whatsapp.
Sono valide testimonianze anche non consensuali, che saranno rese sotto giuramento, da parte dei partecipanti non ingiuriosi.
DIFFAMAZIONE SEMPLICE
E’ PERSEGUIBILE quando la diffamazione cavviene tra più di due persone. Sono valide testimonianze anche non consensuali, che saranno rese sotto giuramento, da parte dei presenti chiamati in causa.
Secondo il costante orientamento della Cassazione presente nella giurisprudenza, la diffamazione consiste non solo nella consapevolezza di scrivere qualcosa che lede l’altrui reputazione, ma anche nella volontà che la frase denigratoria sia conosciuta da più persone.
In questi casi, la prova più evidente della diffamazione è la segnalazione di coloro che hanno ricevuto il messaggio, anche se non consenzienti o se destinatari involontari, oppure il possesso di una copia della stessa conversazione. È altresì opportuno , anche se non indispensabile per la configurazione del reato, valersi della prova testimoniale di uno dei componenti che possa dichiarare di aver letto e, quindi, partecipato alla conversazione. La chiamata in causa può essere anche forzosa, ovvero senza il consenso del partecipante, che sarà tenuto a dichiarare quanto a sua conoscenza davanti a chi lo interrogherà ( polizia giudiziaria o pubblico ministero).
La querela andrà depositata presso la stazione dei Carabinieri o direttamente in tribunale presso gli uffici addetti a ricevere le denunce. A quel punto il PM avvierà le indagini. Di solito alla condanna penale , segue una richiesta economica risarcitoria, oltre che al pagamernto delle spese legali. In taluni casi il soggetto offeso, che ha tempo 90 giorni da quando è venuto a conoscenza del può ricorrere direttamente ed esclusivamente alla sede civile.

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