EL ALAMEIN

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Pubblicato il 30/05/2020

LA MORTE DI GUIDO VISCONTI DI MODRONE

GUIDO VISCONTI DI MODRONE

di Emilio Camozzi

Avrei voluto fare un racconto sulla morte del Duca Guido Visconti di Modrone. Non ci riesco! Ne vien fuori un freddo resoconto incomprensibile a me ed al disgraziato che si accinge a leggerlo. Le cose che dirò sono solo i fatti così come sono successi. Credo che se anche i protagonisti, fossero ancora vivi, non saprebbero dare una spiegazione convincente.

Trascriverò pari pari quanto scritto dall’allora sottotenente Vittorio Bonetti vicecomandante della compagnia di Visconti nel suo “Diario di un sottotenente e dal tenente Ceriana, medico del loro battaglione.

Deir el Munassib 8 Ottobre 1942 ore 0.

…”Là, nel varco,se ne stà il relitto sgangherato di un’autoambulanza italiana inclinata sul fianco, più avanti la pista,seguendo l’andamento del costone,curva a sinistra poi, con un’altra curva ad esse, passa attraverso la strettoia gonfia di sabbia tra Alinda e Munassib arriva al comando del IX battaglione addossato a un cocuzzolo non più alto di quindici metri.
Senza fermarci lo aggiriamo e, d’un tratto, vediamo sorgere nella sabbia due fusti neri: uno dritto, l’altro un pò inclinato,messi a segnare il varco di un campo di mine a strappo, che chiude, alle spalle , la Compagnia alla quale stiamo per dare il cambio……………………..

Passando fra iu due fusti neri il Capitano (camminavo al Suo fianco)senza volgere la testa si è lasciato sfuggire,sottovoce, una citazione: “Lasciate ogni speranza voi che entrate…”. Mai
quel verso mi è sembrato più appropriato . Forse sono state quelle parole a fare sì che i due fusti abbiano assunto un significato che supera la loro semplice, nera immagine: ingresso a un cimiteronel quale però, i futuri ospiti entrano camminando con le loro gambe. ……………………

Pochi giorni fa il Capitano mi ha descritto il luogo dove cadrà, confidandomi che questo gli era sempre stato raffigurato da un sogno ricorrente fin dall’infanzia. Un brivido di freddo percorre la mia
schiena ora, nel constatare come la descrizione sia esatta. Guido Visconti sente il mio sguardo,i nostri occhi si incontrano,ed io vedo nei Suoi una mortale tristezza…………… .

ore 8.45

Il telefono da campo mi ha trasmesso l’ordine, per il Capitano,di recarsi al Comando di Battaglione per le 17.30.Il tragitto è allo scoperto e, a quell’ora, in piena luce. Perplesso comunico a Visconti il messaggio omicida, tenendo sospeso nella mano a mezz’aria, il ricevitore ,nella speranza di una Sua risposta che almeno ritardi il destino. I secondi passano in silenzio; Nel microfono il telefonista, con un”Pronto” verifica la linea, dal ricovero della fureria giunge il ticchettio della macchina da scrivere del serg. Magg. Pierini. Ancora nulla. Poi la voce del Capitano:” Va bene!. Conferma!.”. Con la gola stretta fatico a dire:” Confermo!. Passo e chiudo” prima di riappoggiare il ricevitore.

Ore 14

L’assurda realtà ha paralizzato il mio cervello in queste ore, ma adesso una decisa ribellione mi spinge a proporre al Capitano di chiedere un rinvio di un paio d’ore, quanto basta perché scenda il buio. Ed ecco l’occasione: Visconti mi chiama per dettarmi un rapporto ma, proprio nell’attimo in cui, con un respiro, prendo fiato per incominciare a parlare, egli inizia a dettare. Io deglutisco, ingoio il mio esordio e scrivo cinque pagine fitte. E’ un testamento che affida a un futuro comandante la Compagnia Visconti, lo informa sugli uomini, elenca le modifiche alle posizioni e i materiali occorrenti perché la Compagnia sopravviva al suo primo Comandante.
Quando consegno a Rocchi il manoscritto, per la trascrizione a macchina, mi sono ormai arreso a così lucida agonia.

Ore 16.30

Risalito nel ricovero dal trincerane, Guido Visconti,guardato l’orologio,siede su una cassetta e, acceso un sigaro Avana attende, assorto nei suoi pensieri. E’ pronto.
Dopo essersi fatto un bagno con tre cucchiai d’acqua, si è rasato accuratamente ed ha chiesto il vestiario in ordine a Chiappa che glielo ha passato, miracolosamente stirato.

Ore 17

………………………………………………………Guido Visconti scarta l’elmetto e chiede a Chiappa il casco coloniale, di seta trapunta. Esce, dopo avermi lanciato il solito affettuoso:”Ciao, Cucciolo”.
Gli occhi però, nell’ombra dell’alta tesa del casco coloniale, mi hanno parlato di una sofferenza da Getsemani ed io, impietrito dall’angoscia, sono solo riuscito ad eseguire un goffo saluto militare.
Tengo gli occhi fissi su di lui che si allontana, camminando eretto, a lunghi passi tranquilli. Il portaordini Franza impreca sommesso, gli altri muti, trattengono il respiro.
Da un paio d’ore l’artiglieria tace, ma ecco i colpi in partenza, netti ed inequivocabili: sotto i fischi dei proiettili in arrivo abbasso istintivamente la testa e stringo i denti: poi gli schianti ed un
Grido: Viva il Re!.
Una densa cortina di fumo impedisce di vedere poi dirada e per primi riappaiono i due fusti neri e la figura del Capitano che giace nella sabbia con le braccia allargate a croce. Poco distante il casco ed un frustino da cavallerizzo. Morirà il 14 ottobre.

Ora il commento di Ceriana, nel suo libro “ Il dopo El Alamein dei vinti”.

Visconti morì per colpa di un ordine impartitogli sconsideratamente che lo convocava al Comando di Battaglione per le cinque del pomeriggio,quando le figure meglio si stagliavano sulla piana, quando gli inglesi più si divertivano a fare il tiro al bersaglio.
C’era uno stato ansioso in quel comandante, lo pagò una settimana dopo con la morte, un qualche cosa, un presentimento forse, che lo costringeva ad affrettarsi, ad incalzare tutti, ad intraprendere opere,che avrebbe voluto veder finite subito dopo averle incominciate.

Non sono in grado di fare alcun commento. Non ho conosciuto nessuno che fosse presente al fatto. Molto probabilmente il fatto rientra nella logica della guerra. Un Comandante deve parlare con un subalterno ed ha a disposizione quel momento, Non ha il dovere di sapere che quanto sta accadendo è tragicamente previsto da un sogno, né il subalterno può disattendere ad un ordine che gli è stato impartito portando il sogno come scusante. Il tutto, anche la guerra, diverrebbe una buffonata!
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Par Emilio Camozzi
El Alamein

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