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Pubblicato il 01/03/2023

LE OPERAZIONI AVIOPORTATE IN SICILIA di Carmelo Burgio

(foto: archivio  www.congedatifolgore.com) 

PARMA- Inizia da oggi la collaborazione con il generale di Corpo d’Armata Carabiniere paracadutista , ora in congedo, Carmelo Burgio. Il  Generale, è uno studioso di storia militare sia passata che recente ed ha all’attivo diversi lavori editoriali , tra libri ed articoli*, alcuni dei quali pubblicheremo con cadenza regolare.
Iniziamo con un  interessante saggio dal titolo ” Operazioni aviotrasportate in Sicilia.Genesi ed effetti”, che analizza l’uso della terza dimensione da parte delle forze angloamericane durante la occupazione della Sicilia nella seconda guerra mondiale,  dopo avere inquadrato con   rapidi  e precisi riferimenti storici, la evoluzione  militare dell’aggiramento verticale del nemico.

Dopo  i primi due paragrafi di  introduzione,  i lettori troveranno il   collegamento  per scaricare l’intero saggio in formato PDF
( cliccate sul titolo)
* Libri
I ragazzi del Tuscania, Itinera Progetti, 2021
G.I.S. La vera storia del Gruppo Intervento Speciale, Itinera Progetti, 2020
Da Aosta alla Sicilia. Storia della brigata Aosta. XVIII – XXI secolo, Aracne editrice, 2020
Da Dragoni a Carabinieri, Carlo Delfino Editore, 2020
Dalla Valtellina a Trieste. Storia della Brigata Valtellina, 2020 (Fuori commercio)
Carabinieri in Afghanistan, Itinera Progetti, 2022


Operazioni aviotrasportate

in Sicilia.
Genesi ed effetti

di Carmelo Burgio

Generalità
L’invasione della Sicilia, nota anche come Operazione Husky, fu preceduta da un assalto aereo – comprendente aviolanci e aviosbarchi a mezzo alianti – senza precedenti, di dimensioni superiori rispetto a quanto accaduto nel corso dell’Operazione Merkur tedesca, volta alla conquista di Creta, di cui verrà fatto cenno più avanti. Da questo computo, naturalmente, sono esclusi i reparti trasportati con aerei da carico in aeroporti. Overlord, lo sbarco in Normandia, nonché le operazioni Market Garden in Olanda e Varsity – con le quali ultime due fu prima tentato e poi conseguito l’attraversamento del Reno – vedranno un ancor più esteso spiegamento delle truppe aviotrasportate alleate.
Possiamo oggi dire che, sotto un profilo tecnico-tattico, gli alleati concepirono l’operazione facendo tesoro delle esperienze soprattutto dell’Asse, e in special modo dei tedeschi. Se l’impiego di paracadutisti in Sicilia non fu infatti una novità, né lo fu il loro lancio a massa, la fascia oraria prescelta per un aviolancio/aviosbarco di forze cospicue non aveva avuto precedenti, come vedremo in seguito. L’alba, canonica fascia oraria per colpire di sorpresa il nemico con incursioni, colpi di mano e aviolanci, sfruttando l’incipiente visibilità per la presa di terra, fu abbandonata per far ricorso alle tenebre notturne.

Cercherò di motivare la genesi di questa scelta decisamente innovativa, con i suoi vantaggi e le sue criticità, alla luce delle precedenti esperienze che vennero attentamente valutate dai pianificatori di Husky. Soprattutto tenterò di valutare, al netto delle Relazioni Ufficiali, talvolta volutamente reticenti o addirittura mendaci, anche per giustificare le alte perdite subite, il risultato effettivo di tale operazione e le conseguenze che essa ebbe per il tratto a venire. Infatti, come vedremo nel prosieguo di questo studio, l’esperienza siciliana – amara, meglio dirlo subito – fu di rilevante importanza per la pianificazione degli aviolanci del D-Day di Overlord. Infine potrò evidenziare come l’analisi di rischi, costi, inconvenienti di queste due massicce operazioni, influenzò decisamente i pianificatori delle successive.

Origini e sogni
Potrà sorprendere, ma uno scienziato poliedrico come Benjamin Franklinteorizzò l’impiego della terza dimensione per colpire le retrovie nemiche, e lo stesso Napoleone pensò alla mongolfiera per sbarcare truppe in Gran Bretagna quando coltivò il progetto d’invadere l’ostica avversaria. Peraltro, al netto del pionierismo talora sfociante nella leggenda, e alle imprese di alcuni acrobati, il paracadute nacque come mezzo di salvataggio a cavallo della Grande Guerra, quando fu in dotazione inizialmente soprattutto al personale operante su palloni frenati utilizzati per l’osservazione, mentre i piloti di aereo di norma non ne disponevano.

Questi primi dispositivi venivano azionati con una maniglia di apertura, anche se comparvero modelli fissati al cesto del pallone frenato dell’osservatore, che si aprivano per effetto della caduta nel vuoto dell’utilizzatore, il cui peso nella caduta apriva tramite una fune e un laccio “a rottura prestabilita” la sacca-contenitore.
Da tale impiego emergenziale al diventare il mezzo per infiltrare personale dietro le linee nemiche, il passo comunque fu breve. Precursore fu proprio il Regio Esercito italiano, in particolare nella fase finale del 1° conflitto mondiale, per azioni di raccolta informativa e sabotaggio.  Ricordiamo al riguardo le imprese nel 1918 del tenente degli Arditi Alessandro Tandura e dei suoi parigrado degli Alpini Ferruccio Nicoloso e Pier Arrigo Barnaba. Furono dei pionieri nel lanciarsi dietro le linee austro-ungariche, oltre il Piave, per organizzare reti d’informatori, avvalendosi della popolazione locale e di sbandati a seguito del ripiegamento conseguente alla sconfitta di Caporetto. Furono usati paracadute ad apertura automatica, come si definisce quella determinata da una fune di vincolo, che collega il paracadute al velivolo, e per effetto del peso del paracadutista ne apre la sacca-contenitore, chiusa con il già citato laccio a rottura prestabilita. Il paracadutista in questo caso sedeva, viso rivolto verso la coda del velivolo e spalle verso la direzione di volo, e veniva fatto precipitare nel vuoto dal pilota quando questi riteneva di essere sulla corretta verticale, facendo ruotare con una leva il seggiolino, imperniato dove la spalliera è collegata alla seduta.

Tale prima esperienza condusse a teorizzare l’impiego della terza dimensione per raggiungere il territorio nemico con forze sempre più cospicue e articolate, in grado di compiere vere e proprie azioni di combattimento. Furono così immaginate incursioni da parte di piccole unità, fino a quella che tecnicamente fu definita “occupazione preventiva di posizioni a seguito di aviolancio”, da inquadrare in campo operativo. Si trattava di un concetto semplice: le retrovie nemiche sono vulnerabili in quanto le difese son rarefatte e vi operano unità di 2^ linea. Ad esse si voleva tendere con l’innovativa tattica dell’infiltrazione terrestre concepita soprattutto dai tedeschi, che tanti successi aveva ottenuto contro l’Intesa, in Francia, Russia, Romania e Italia nel 1917. La terza dimensione, sfruttata adeguatamente, consentiva di non dover far ricorso all’iniziale azione di rottura del fronte, immettendo truppe aggressive in un ambiente – quello delle retrovie – relativamente permissivo. Qui avrebbero potuto distruggere posti comando, schieramenti d’artiglieria, strutture logistiche – determinando una crisi nelle linee avanzate – e occupare o inutilizzare punti di obbligato passaggio e posizioni tatticamente favorevoli, a premessa del ricongiungimento con le truppe terrestri amiche o al fine di rallentare o interdire la manovra delle riserve nemiche.
Fra le due guerre mondiali i russi furono i primi a costituire grandi unità paracadutiste e a impiegarle in esercitazione con lanci di massa, seguiti da tedeschi, italiani, giapponesi, francesi, britannici e statunitensi.6 L’esperimento sovietico – che per quanto è dato sapere vide l’impiego di paracadute ad apertura manuale, a mezzo maniglia – non fu ulteriormente sviluppato anche per via delle purghe staliniane del 1937.

L’Italia vide l’apertura nel 1938 della Scuola di Paracadutismo di Castel Benito, nei pressi di Tripoli, in Libia. Voluta dal governatore Italo Balbo, quadrumviro del fascismo e fondatore della Regia Aeronautica,8 consentì la costituzione di un battaglione di ascari libici e di uno con personale nazionale.9 È noto come questo alto gerarca del regime abbia agito d’iniziativa, in un panorama intellettualmente ingessato come quello delle FF.AA. italiane, proprio una volta compreso in che direzione stessero muovendo sovietici e tedeschi in questo specifico settore. In particolare questi ultimi allineavano una divisione paracadutisti, la 7^ Flieger, e una – la 22^ Luftlande – aviotrasportata o “da aviosbarco”. La prima apparteneva alla Luftwaffe, la seconda all’esercito, a testimoniare l’iniziale attrito fra le due forze armate per chi avrebbe dovuto avere la gestione delle attività di assalto dal cielo.10 Questi altri paesi preferirono dotare i paracadutisti di dispositivi ad apertura automatica, a mezzo di fune di vincolo, di più agevole impiego in quanto richiedevano addestramento ritenuto più semplice. Già allora si faceva strada l’esigenza di saltare da quote assai basse, per ridurre i tempi di esposizione al tiro e all’osservazione nemica, alle quali era preferibile che il paracadutista fosse rilasciato come un pacco da far giungere a terra.

Scaricate  il saggio  cliccando sul titolo qui sotto

  Operazioni aviotrasportate in Sicilia. Genesi ed effetti di Carmelo Burgio

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