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Pubblicato il 06/11/2014

LETTERA DELLA MADRE DI DAVID TOBINI CONTRO LO STATO CHE SI INCHINA DAVANTI AI PARENTI DI CUCCHI

*Lettera condivisa anche da Rosa Papagna e Dora Pinelli, madri di militari italiani morti in Afghanistan

di Anna Rita Lo Mastro

Per caso, guardando la televisione, ho appreso che il premier Matteo Renzi aveva espresso la propria vicinanza ai familiari di Stefano Cucchi e che il presidente del Senato Pietro Grasso li avrebbe ricevuti a Palazzo Madama. Il motivo? Sia Grasso che Renzi ritengono lo Stato responsabile di quanto accaduto. Quando ho sentito questa frase mi si è stretto il cuore.

Da mesi chiedo un incontro a Renzi e, dopo essere stata ricevuta un mese fa da un suo collaboratore, è ancora silenzio! Ho massimo rispetto per il dolore altrui e non sono qui a giudicare quanto è accaduto. Ciò che giudico, piuttosto, è il fatto che i nostri figli, gli stessi che hanno difeso e tenuto alto l’onore di questa Italia, siano dimenticati e snobbati. Ciò che giudico è l’atteggiamento nei nostri confronti.

Ci hanno seppellite vive per un Afghanistan che non abbiamo chiesto! Dobbiamo umiliarci a chiedere, a pregare, il tutto senza ricevere risposte. Per questo domando: di chi è la responsabilità della morte dei nostri figli?

Li abbiamo dati a questa Italia, fiduciose delle istituzioni. Qual è stata la risposta? Riportati in una scatola di legno avvolti nel tricolore. Siamo sole a piangerli inginocchiate davanti ad un pezzo di marmo. Come se non bastasse hanno tarpato le ali ad un pezzo di gioventù, ai loro fratelli ignorati da tutti i punti di vista. Eppure hanno lo stesso sangue di chi non c’è più!

Non ci servono i “mi dispiace”. Hanno riempito i cimiteri dei loro “mi dispiace”. Vogliamo rispetto, vogliamo giustizia, vogliamo considerazione per chi ha compiuto l’estremo sacrificio per il nostro Paese. E anche per chi come noi vive, sempre che questa possa essere definita vita, ogni giorno dentro un cimitero. Anche noi siamo l’Italia debole, che ha perso i propri figli per la nostra Nazione.

Siamo certe che le istituzioni accoglieranno anche il nostro grido di dolore. Vogliamo credere, come giusto che sia, che non si facciano discriminazioni su perdite così importanti. Anche noi, speranzose, rimaniamo in attesa di risposte. Magari di quell’incontro che tanto chiediamo. Allo stesso tempo ci piacerebbe sensibilizzare queste egregie istituzioni sulla necessità di dimostrare la propria vicinanza, pratica e non solo a parole, a chi, purtroppo, è sopravvissuto. Anche questa, in fondo, è una responsabilità istituzionale.

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