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Pubblicato il 07/10/2015

L’INCURSORE GENERALE DI C.A. MARCO BERTOLINI SPIEGA LE RADICI DEL BREVETTO ADOTTATO DAL NONO REGGIMENTO COL MOSCHIN

 

Cap.MOVM Viola del VI REP.D’ASSALTO

Cap.MOVM Viola del VI REP.D’ASSALTO   (1^G.M.)

sopra: gli Arditi della 1^ guerra  mondiale: si vede -sulla manica sinistra-  il gladio con le fronde 

PARMA- Abbiamo chiesto al Generale Bertolini di illustrarci la storia e i motivi della adozione del nuovo brevetto da incursore di cui si fregeranno coloro che , nel Nono Reggimento Col Moschin, avranno superato i due anni di preparazione.  La adozione del   prestigioso ed antico  segno di  arditismo è stata da Lui proposta e successivamente accolta dai vertici dell’Esercito.

 

Il 9°reggimento d’Assalto par. Col Moschin ha oggi completato la riappropriazione, dopo 70 anni dalla fine della 2^guerra mondiale e a un secolo dall’inizio della prima, del bagaglio simbolico che ha da sempre caratterizzato l’uniforme degli Arditi. L’incursore di oggi, infatti, si distinguerà dagli altri militari anche per un distintivo di merito nobilissimo e semplicissimo, la stessa daga tra fronde di quercia ed alloro che fregiava l’uniforme dei suoi antichi progenitori.
E’ stato un percorso lungo, quello del 9°, iniziato con la costituzione del reparto negli anni ’50 quale compagnia speciale prima e Battaglione sabotatori paracadutisti successivamente. Cinque lustri dopo, nel 1975, l’allora battaglione si appropriò del nome e della bandiera del 9°reparto d’assalto della prima e della seconda guerra mondiale, rimanendo nell’ambito della Folgore. Con tale provvedimento, “perfezionato” più di vent’anni dopo dall’adozione del fregio con fiamma riversa sul basco e poi dalle fiamme nere sul bavero, si realizzava anche sotto il profilo formale un diretto collegamento tradizionale con i reparti Arditi della grande guerra. Questi, nati “dal basso” raggruppando assieme i soldati dei vari reparti che dimostravano maggiore coraggio di fronte al nemico (per questo, l’appellativo), esattamente un secolo fa nell’ottobre del 1915 assunsero, per iniziativa del Capitano Baseggio, una forma più strutturata a livello di compagnia, fino alla definitiva affermazione quale specialità a se stante nel 1917. Sulla Bainsizza si dimostrarono uno strumento poderoso, per l’impeto che portavano in combattimento, e a settembre del ’17 sul Monte San Gabriele si resero protagonisti della conquista dell’importante quota, strappata al nemico a prezzo di ingenti perdite. Proprio sul San Gabriele, peraltro, emerse la grande differenza tra queste unità, veloci, spregiudicate e leggerissime, rispetto al resto della fanteria che doveva muovere al loro seguito, meno adeguata a produrre penetrazioni profonde e violente come le loro. Ne conseguì quindi l’esigenza di elaborare per le stesse una dottrina ad hoc.
Poi venne Caporetto e la successiva riscossa del Grappa e del Piave con le quali si meritarono una posizione privilegiata nelle nostra storia militare.
Messi “in naftalina” tra le due guerre, si rinnovarono nel secondo conflitto mondiale nello spirito arditesco dei paracadutisti della Folgore e della Nembo ma, più specificatamente, in quello del X Reggimento Arditi. Con quest’unità, peraltro, si dovette registrare una differenza sostanziale rispetto ai progenitori di un ventennio prima: da unità di rottura, da impiegare in prima linea, erano diventati specialisti dedicati ad operare dietro le linee nemiche, da raggiungere per via aerea (paracadutisti) per mare (nuotatori) o mediante rapide penetrazioni motorizzate (camionettisti). Un’unità attualissima, quindi, che a buon diritto si impone quale riferimento assoluto per il moderno 9° reggimento.
Ora, con il nuovo brevetto metallico si torna all’essenziale, al simbolo del coraggio puro, quello dell’Ardito che si lancia nelle trincee nemiche armato solo di pugnale e bombe a mano, come recitano le nostre canzoni. E di coraggio, non solo di professionalità, avranno bisogno i nostri novelli Arditi, gli incursori, ora inquadrati nell’ambito del Comando Forze Speciali dell’Esercito, per affrontare un mondo che non sarà facile e che richiederà a loro, a tutti i nostri Soldati, ma più in generale a tutto il nostro popolo, di attingere a piene mani nel bagaglio valoriale dei nostri Vecchi.
Gen.C.A.Marco Bertolini

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