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Pubblicato il 03/10/2023

MI MANCANO I NOSTRI LEONI DELLA FOLGORE

Nota del direttore di www.congedatifolgore.com

Per il sessantesimo di El Alamein organizzai due pulman, da Palermo e da Trieste, con trenta tappe, per portare a Roma i 72 Leoni che Ciampi aveva invitato a El Alamein. Erano ottantenni e avrebbero dovuto spostarsi a propria cura ( e spese). Il Galantuomo Paracadutista Generale Francesco Merlino , saputo della iniziativa, contribuì. Conoscendone la nobiltà d’animo sono sicuro che lo fece di tasca sua.

Quei Leoni non ci sono più. Li ho visti spegnersi uno ad uno.
Ho avuto l’onore e il privilegio di conoscerli tutti. Così umili, con quel “basso profilo” che ne sottolineava il carattere forte. Per ognuno di loro ho sofferto e soffro ancora, come se avessi perduto  un Genitore spirituale e un faro. Li ricordo tutti singolarmente e ogni anno rileggo gli articoli, guardo le loro foto , per essere sicuro che gli anni ed il narcisismo non intacchino il mio tesoro di ricordi

Ecco cosa scrivevo nel 2002, dopo il rientro dalla cerimonia del sessantesimo della battaglia,


I MIEI LEONI

di Walter Amatobene
5 Nov 2002

Ci sono volute tre settimane per“metabolizzare” il mio viaggio con i Leoni della Folgore e riprendermi dal fiume di emozioni e di pensieri che mi hanno assalito e travolto per tre giorni, dal 19 al 21 ottobre.
E’ cominciato tutto alle 5 del mattino,quando ci siamo incontrati a Trieste.Io ed i “miei” Leoni del pulman “nord est”.
Sarebbero diventati 30, strada facendo, i Folgorini che avevano accettato di salire a bordo del mezzo che abbiamo voluto organizzare per alleviare qualche disagio ai più lontani.
L’onore ed il privilegio di averli con me per un lungo viaggio che ci avrebbe portati ad El Alamein non mi aveva fatto dormire.
Li ho visti salire,all’alba,uno ad uno,con gli occhi gonfi(di sicuro non per il sonno), e lo sguardo assorto , come di chi ,pur nei suoi tristi ricordi, non si vuole sottrarre all’ ”incontro” con una angosciosa e mai cicatrizzata ferita.

Tutti con ottanta primavere o forse più sulle spalle,ma tutti pronti per l’ennesima pazzia della loro vita.
“Ogni volta che la mente vola ad El Alamein”-mi dice il guastatore Napoli Nicola,quasi sordo a causa delle tante mine che faceva esplodere sotto gli sherman-“ ecco riaprirsi le ferite”.
Ancora, dopo 60 anni, le lacrime sgorgano copiose e sincere.
Ancora,dopo 60 anni,riaffiora il rimorso,comune a tutti coloro che ho incontrato, di non essere rimasti lì,con i loro Camerati, nella sabbia del deserto, per l’eternità.
Mi sono chiesto: di che materia indistruttibile era fatta la loro lealtà ,il loro coraggio,il loro stile, il loro carattere,la loro fierezza, per avere resistito 60 anni così fresca, vigorosa, giovane,“alta”???

Li ho osservati a lungo,seduti con le teste bianche,lievemente dondolate dal movimento del pulman, fragili, con i colli segnati dalla vita, con i volti scolpiti da mille avventure, molte sicuramente dolorose .
Una ,per tutte, indelebile e dirompente.
Le spalle ritte.Il Basco sempre calzato.
Il segno del loro Onore.Mai nessuno ha amato ed ama il Basco come Loro.
Mai nessuno ho visto così orgoglioso di indossarlo,con naturalezza.
Destinati ad essere diversi e migliori. Anche oggi.
Chissà perché proprio adesso mi viene in mente il paracadutista ( mortaista “da 81”) BOF,veneziano: una sorta di gigante buono,con occhi celesti profondi e sinceri, ma silenzioso e scostante.
Solo la carta d’identità parla di 82 anni.
Lo sguardo è quello di un “pazzo e poeta” fermo alla stazione di Tarquinia,che pensa a come andare a donne in poche ore.
Per tutto il tempo ha scritto, con una stilografica tra le dita nodose ,i nomi dei suoi camerati di Compagnia. Uno per uno.
E poi, dopo molte ore ,ad El Alamein,senza che fossi riuscito prima a familiarizzare,scontroso come appariva, mi ha avvicinato: “ Capo: Tu sei una brava persona. Tieni questo foglio dove ci ho scritto i nomi dei miei fratelli. ”.
Si:ha detto Fratelli.Proprio Lui, che mi sembrava su un altro pianeta! Chi dice di avermi visto piangere me lo mangio vivo!


Il sergente paracadutista Bruno Vettorello, con la stampella. Occhi buoni, come tutti i Leoni della Folgore. Mite. Memoria di ferro. Ricorda ogni istante di quello che ha vissuto nel deserto.Ma si dimentica dove ha lasciato la borsa pochi minuti prima.
Un altro particolare comune a tutti loro….
Racconta pacatamente come il 23 ottobre 1942 dopo aver già riportato due ferite, uscì dalla postazione per prelevare delle munizioni. Insieme a lui un graduato che rimase ferito nel tragitto. Mentre Vettorello aiutava il suo superiore a tornare al sicuro, fu ferito alla testa. Fu soccorso e lasciò il suo cappotto al graduato, che sarebbe stato recuperato più tardi. Catturato e imprigionato dagli inglesi, fu in gabbia in Egitto da non cooperatore. Medaglia d’argento al valor militare-.
“Ero messo male, ma ce l’ho fatta lo stesso”. Così ho dato altro filo da torcere agli inglesi, che hanno dovuto curarmi a lungo”, aggiunge sorridendo.
Rifiuta ogni aiuto,persino per scendere e salire dal pulman, vuole fare da solo.. Soffre di dolori forti al ginocchio, ma non vuole che gli porti nemmeno la borsa.
Mi distraggo un momento ed è già avanti, da solo, per raggiungere posti che solo Lui sa.
Anche Oreste Magnani,piacentino,che fino a poco prima mi parlava dei funghi che coglie nelle sue colline, con occhiali spessi un dito,si apparta silenzioso e guarda il mare….e le lenti si appannano ancor di più.

Bruno Vettorello vuole devolvere la indennità ministeriale di cui godranno per questo “richiamo” di due giorni fatto da Ciampi, alla Associazione. “La nostra Associazione ne ha più bisogno di me”.
Rischia persino un colpo di calore.Arriva al pulman, dopo la cerimonia, stravolto, caldissimo, sudato.Non una parola. Non una richiesta di aiuto. Solo: “ lo rifarei mille volte”.
Ed ogni volta che chiede qualcosa, dal bicchier d’acqua alla telefonata, tenta di porgermi denaro.
Non vuole partite aperte.Non vuole debiti con nessuno.
“Voglio andarmene senza problemi”. La sindrome della Buca. Vivi oggi.Fai tutto oggi. Domani, chissà.
Non è il solo che non chiede nulla, e se chiede una bibita, un panino, un caffè , prima vuole pagare.
Sono tutti così, su questo pulman.
Ognuno di loro non vuole nulla gratuitamente.
Sono proprio tutti “toccati”,direbbe qualcuno.
Ma io sono orgoglioso che siano così. Vorrei assomigliargli.
Lo voglio da quando avevo vent’anni ed incontrai uno di loro in Caserma, alla Pisacane.Un artigliere che aveva fatto fuori 30 sherman con il tiro teso del “fucilino di latta” 47/32. ( così lo ha chiamato)

Ma quanto dura è stata la loro vita,dopo El Alamein, se persino ad un Camerata più giovane,hanno l’istinto di ricompensare le attenzioni ricevute??
Forse perchè nessuno ha mai dimostrato gratitudine e doverosa generosità nei confronti di questi UOMINI?
Loro,i nostri Leoni,erano sin dall’inizio destinati ad essere dimenticati.
Persino in Africa li volevano mandare in incognito.
Il destino dei Forti? Il Destino di chi sarà un Eroe??
Lo avevano forse capito sessant’anni fa, che per essere migliori si deve essere soli e diversi?
Nemmeno un tale, certo signor regista Monteleone, nell’ultimo film “EL ALAMEIN” ne vuole parlare. “ Non ho voluto parlare della Folgore ma di tutti i poveri Cristi mandati a morire”, dice con un certo orgoglietto da sessantottino mal riuscito.

Eh già: la storia d’Italia deve essere fatta dai poveri Cristi.
Fa più cassetta.

“ Erano volontari”-dice per giustificarsi-come se “volontari” significhi qualcosa di diverso da coraggio,onore,amor patrio,ardimento.
E cambia argomento, il signor tale monteleone.
Li ho spiati lungamente, i “miei” Leoni , mentre guardavano fuori dal finestrino, lontano. Già ad El Alamein con il pensiero, da giorni, da anni.Forse non sono mai tornati da lì.
Ne ho condiviso le lacrime, silenziose, dignitose, represse. Avrei voluto abbracciarli per come mi facevano sentire orgoglioso di essere un paracadutista.
Ho passeggiato con loro nella Caserma di Roma,tra gli sguardi ammirati dei fanti.
Sono giunto insieme a loro nel Sacrario, quando i due gruppi “nord” e “sud” si sono riuniti formando un commovente blocco, tra gli applausi e le lacrime di tutti.
Mi hanno fatto sentire , nell’anima, pronto a ripetere quello che loro hanno fatto.
Il loro spirito mi ha inondato al punto che anche io,indegno e pavido ometto,ho sentito che potrei riuscire, con il Loro aiuto, a fare l’UOMO.
Sì: dopo averli incontrati ho capito che la codardìa quotidiana che come un tumore distrugge i nostri ideali e la nostra associazione, è vinta.
Ho il dovere di cercare di assomigliare a Loro.Ogni paracadutista della Folgore lo ha!
Gli ho rubato alcuni aneddoti, registrandoli.

Ho conosciuto dal Tenente artigliere Massoni, la incredibile storia di una scrofetta che viaggiò da Tarquinia a Gallipoli ad El Alamein in una cassa con sopra scritto “FRATTINI”.
Dalla voce ferma e allegra di Giorgio Perruzzi, guastatore , ho saputo della gara per accaparrarsi una mina magnetica e andare sotto lo sherman a farlo saltare. C’erano più volontari che mine. “ci siano dovuti accontentare di una o massimo due sortite a testa”.
Solo loro, pazzi e poeti, sono stati capaci di “creare” le leggende, che sono ormai il nostro DNA.
Tutto vero?? Si!! E’ tutto vero!! Come dice il caporale paracadutista BOF: “prettamente!!!”


Vorrei che aveste sentito la freschezza dei racconti e la capacità di descrivere cose e fatti che richiederebbero volumi ,con solo tre, quattro battute.

Un Fante dell’Aria Libico, il par PERNA, napoletano D.O.C. mi chiede alcune fotografie e mi promette di svelarmi “ il segreto della giovinezza”. Gli avevo fatto io quella domanda, molti giorni prima, e Lui , dopo settimane se ne è ricordato.
Mi ha fissato a lungo con il suo sguardo pungente ed acuto, ed ha capito tutto di me.
Mi ha preso sottobraccio e mi ha parlato della Libia e dei morti che ogni giorno contavano.
Della voglia di morire per accorciare la sete.Della sofferenza nel vedere un Camerata togliersi la vita per non cadere nuovamente nelle mani nemiche ( il sgt art par PIRLONE, falciato da una granata , senza gambe, col mitra in mano e la pistola pronta a giocare l’ultima beffa agli inglesi).

Sarò all’altezza della fiducia che Loro hanno acquistato nei miei confronti?
Quegli abbracci tra Camerati. Quei saluti da Uomo a Uomo. Quei colloqui lunghi ore, come si fa con un amico di naja.
Ho parlato di donne con un paracadutista della Folgore. Lui, ottantatre anni,vigoroso e attivo.

Un altro,medico paracadutista, che curava le ferite a cento metri dagli inglesi, che tutt’oggi ha bisogno di appartarsi in alta montagna per “parlare con le mie anime”..
Minuto e fortissimo.Al punto che,durante il viaggio, attardatosi per un momento, in pochi istanti,velocissimo, ci ha raggiunto come farebbe un ventenne. Temeva che ripartissimo senza di lui. ”Siete proprio delle teste di cazzo!!Se lo fate ancora vi stendo a cazzotti!!”
“E’ un parà della Folgore” diceva un gruppetto di signori che mangiavano….
E di me, come loro, vorrei che si dicesse, un giorno: “E’ un parà della Folgore”. Solo questo.

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