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Pubblicato il 05/10/2016

MOSUL: I NOSTRI BERSAGLIERI A 15 CHILOMETRI DAL FRONTE.

Il Primo ministro iracheno Haider al Abadi,sciita, ha promesso agli abitanti di Mosul, che è nelle mani di Daesh dal 2014, una rapida vittoria contro i miliziani jihadisti.

SOLDATI ITALIANI TRA DUE FUOCHI?
Come è noto i nostri bersaglieri sono schierati alla diga di Mosul, a circa 15 chilometri dal fronte, per proteggere i tecnici italiani e le maestranze impegnate nella riparazione della grande diga sul Tigri.
Quest’ultima, posta a nord della citta di Mosul, dovrà essere pronta a reggere eventuali “spinte” ostili provenienti dai tagliagole in fuga dal settore sud , da dove inizierà l’attacco alleato, con probabile tentativo dei fuggiaschi di esfiltrare verso verso nord. I nostri militari hanno droni e squadre di osservazione in grado di sorvegliare adeguatamente un ampio raggio di territorio, per prevenire ogni infiltrazione.
Oltre ai jidahisti, però, ci sono anche altri fattori di grave instabilità e quindi di pericolo in quell’area. Eccone alcuni:

FORZE “ALLEATE” OSTILI O ANTAGONISTE TRA LORO

La azione militare in corso da parte di Baghdad conta su una coalizione di forze eterogenee e in competizione tra loro. Questo genera un rallentamento della azione militare contro il comune nemico e potrebbe , in futuro, scatenare conflitti per il dominio di spicchi di territorio, mettendo i nostro soldati in condizioni di maggior allerta.

LA TURCHIA ELEMENTO DI INTERFERENZA REGIONALE
Erdogan aveva parlato della liberazione di Mosul affermando che nella città sarebbero dovute entrare solo truppe “arabe sunnite, curde sunnite e turcomanne” e che le truppe turche prenderanno parte alla liberazione del capoluogo, sottintendendo “che Baghdad sia d’accordo o meno”. la comunità sciita che rappresenta il 60% della popolazione irachena, ed anche una parte di quella curda – ad esempio gli yazidi – non hanno preso bene l’intrusione di Ankara.

Il parlamento di Baghdad ha intimato alla Turchia di ritirare le truppe inviate dal regime di Ankara nel nord dell’Iraq. Da mesi centinaia di militari turchi, definiti ‘addestratori’ e ‘consiglieri’, si sono acquartierati a Bashiqa, circa 40 chilometri a Nord di Mosul.

Il premier al Abadi ha affermato che la presenza non desiderata di truppe turche “potrebbe portare ad una nuova guerra regionale”.

BARZANI CONTRO LA VISIONE TURCA

Barzani, governatore del curdistan iraqeno ma più legato alla Turchia per motivi geografici ed economici, si è recato a Baghdad dove ha avuto un incontro con il primo ministro Haidar al Abadi. Entrambi lo hanno definito “costruttivo”.
Un “disgelo” che può essere letto come la ricerca di una appoggio più solido da parte del governo del Kurdistan iracheno, alle prese con una grave crisi finanziaria.

Recentemente a Sulaymaniyya e in altre città c’era stata una sollevazione da parte dei dipendenti degli enti locali e dei peshmerga compresi, che da sei mesi non ricevono lo stipendio. Il capo del governo locale ha affermato che quello centrale avrebbe accettato di ripianare il bilancio di Erbil consentendo così il pagamento degli stipendi arretrati.
Ovviamente il colloquio tra Barzani e al Abadi si è concentrato sulla eventuale collaborazione militare in vista dell’offensiva contro Daesh a Mosul. Secondo indiscrezioni, i due leader avrebbero concordato su un primo intervento dei peshmerga, per poi lasciare l’iniziativa all’esercito iracheno. Si è parlato anche della ripartizione degli introiti derivanti dalle esportazioni petrolifere. Di fatto Erbil autogestisce il petrolio estratto sul suo territorio, il che ha portato Baghdad a smettere di versare al governo autonomo, come da accordi, il 17% del bilancio nazionale.


IL RUOLO DI OBAMA

Il Pentagono ha annunciato che invierà altri 600 militari in Iraq per supportare le forze governative nell’imminente offensiva contro il Califfato a Mosul. Finora il governo statunitense ha stanziato ben 4600 soldati per il fronte iraq.
In alcuni campi e basi militari realizzate in Giordania l’america sta addestrando migliaia di miliziani – per la maggior parte iracheni – da utilizzare nella spallata al Califfato.

LA FRANCIA VUOLE LA SUA PARTE
La Francia che ha deciso nelle scorse settimane un intervento militare in Iraq. Dal 20 settembre le forze speciali e l’artiglieria francese bersagliano i jihadisti di Daesh intorno a Mosul con cannoni di grosso calibro e attacchi aerei.La fracia sta operando in autonomia dal comando della coalizione a guida statunitense.
Parigi ha inviato 12 caccia, due velivoli di appoggio, una fregata e appunto, l’artiglieria, insieme a circa 1000 militari.

Un centinaio sono stanziati a Erbil e a Baghdad, con compiti di coordinamento e di addestramento.Nel Mediterraneo orientale è arrivata anche la portaerei Charles de Gaulle per incrementare la capacità offensiva delle forze francesi portando a 4000 ile unità I soldati di Parigi – dice l’Eliseo- non parteciperanno a nessuna operazione di terra e non si scontreranno quindi direttamente con i jihadisti. Dalla De Gaulle sono già partite le operazioni di bombardamento su Mosul realizzate dai caccia Rafale. Un segnale di sfida o di competizione nei confronti di Washington.

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