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Pubblicato il 09/09/2019

MUORE IL LEONE DELLA FOLGORE CESARE MUSSONI

Si è spento stamane a La Spezia 


CESARE MUSSONI 

Leone della Folgore di El Alamein

 

Classe 1920 , aveva partecipato qualche anno orsono , come padrino, aLLA  consegna dei brevetti agli allievi militari del Capar .

Come spesso succede ai nostri Leoni, le notizie sul loro conto sono spesso frammentarie se non carenti. Dai ruolini della Folgore risulta essere stato nel  II Battaglione.

Faremo seguito con  una sua foto  e notizie più accurate.

 

Il pensiero del generale Marco Bertolini , presidente dell’ANPD’I

 

 

Un altro folgorino, un altro combattente di El Alamein ci ha lasciato. Si tratta di Cesare Mussoni, classe 1920, che ha seguito – nell’ordine – Mario Guerra, Pasquale Fazio e Santo Pelliccia, solo considerando questo 2019. Ma altri se ne sono andati nel 2018 e negli anni che precedono, spesso in silenzio, in ossequio alla legge dell’anagrafe e della natura.

Cesare faceva parte di quella razza di Italiani che, mentre altri cercavano pretesti per praticare il disimpegno e la resa, si fece avanti, chiedendo di combattere nei ranghi della più futuristica delle Armi, i paracadutisti. Combatté, quindi, ad El Alamein, nei ranghi del 2° battaglione fino a quando la disponibilità di armi glielo consentì, e continuò a combattere contro la demoralizzazione e la resa in una lunga prigionia che non ne intaccò l’onore. Il paracadutista Mussoni, per questo, ha sempre esibito la sua appartenenza alla Folgore come un blasone del quale andare fiero, frequentando la Sezione ANPDI di La Spezia e le cerimonie della specialità fino a che ne ha avuto le forze.
Siamo un po’ più soli, quindi, e lo siamo proprio in un momento di grande mestizia, quando il nostro bisogno di abbeverarci all’esempio di quei combattenti sarebbe più forte. Per questo, nel 2018 abbiamo partecipato con particolare entusiasmo alle cerimonie del centenario della Vittoria della nostra Patria, quando l’Italia diventò “grande” grazie al sacrificio dei soldati sul Carso e sul Piave, e lo ripetiamo in ogni commemorazione dei fatti d’arme che si sono susseguiti in Africa, ma anche in Russia, nei Balcani e sul territorio nazionale. Loro furono protagonisti di un’epoca nobile, di grandi sogni e di grandi illusioni al tempo stesso, nella quale alla prospettiva di un’Italia più rispettata seguì la delusione di una sconfitta che comunque non ne distrusse morale e consapevolezza di appartenere ad un popolo grande, capace di rialzarsi in piedi anche contro lo sforzo di mille nemici. Per questo, anche oggi avremmo bisogno di loro; avremmo ancora bisogno di leggere nei loro occhi, strappato via il triste velo della delusione dai loro volti, i motivi che li spinsero a farsi avanti e a chiedere di combattere, mentre i furbi sceglievano il disimpegno, la resa o il tradimento. E ne avremmo anche bisogno per trovare rimedio a quel virus che sembra aver diviso il nostro popolo in fazioni l’un contro l’altra armate, che si fronteggiano proprio sui valori fondanti del nostro essere Nazione, Popolo e Stato, con particolare riferimento all’indipendenza della nostra Patria e alla centralità della famiglia. Di quel virus, loro rappresentano l’antidoto infallibile al quale abbiamo fatto ricorso da sempre, immunizzandoci contro il disfattismo di chi ci vorrebbe rassegnati, stanchi e inerti. Mantenendo la loro memoria, affidata a noi oltre che al pattuglione dei sopravvissuti di quell’epoca difficile, attraverseremo a testa alta anche il nostro tempo. Difficile anch’esso!

Folgore!



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