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Pubblicato il 14/10/2014

MUORE UN FANTE DI EL ALAMEIN


LA STAMPA- ed ASTI del 14 ottobre 2014

RICCARDO PAVESE Il ferroviere portacomarese scampato alla tragedia tra le sabbie di El Alamein

E’ stato contadino e macchinista delle Ferrovie, anche ciclista per lavoro e per diletto. Ma, soprattutto, è stato uno di quei ragazzi di una generazione «divorata» dalla guerra: prima Jugoslavia e Grecia, poi il fronte d’ Africa, la tragedia di El Alamein, là dove s’ immolò un’ intera divisione, la «Folgore» e dove lui, fante di lungo corso arrivò a pochi chilometri dall’ inferno, prima di essere dirottato verso la Tunisia.

Poi la lunga prigionia e il rientro nella sua Portacomaro, a luglio 1946. Riccardo Pavese raccontava questa sua odissea giovanile senza reducismi, con il sorriso da eterno ragazzo che la guerra non era riuscita a portargli via. E si è rifatto, almeno anagraficamente, con gli interessi, anche per ricordare gli amici persi nel deserto e per testimoniare l’ inutilità della guerra. Ha vissuto intensamente, prima con Gemma Rasero, l’ adorata moglie maestra che lo ha lasciato solo a metà Anni ’90 e poi, al Riccardo Pavese, 94 anni lungando ancora verso la vetta della sua bella esistenza, fino all’ ultimo traguardo, l’ altro ieri.

Qualche giorno fa era caduto in casa, dove abitava (ovviamente da solo) ad Asti, autosufficiente fino all’ ultimo, con l’ adoratissima nipote Claudia Vanzino, che più che accudirlo lo coccolava, lasciandolo comunque libero di di gestirsi come voleva. «Ha fatto qualche giorno in ospedale, poi l’ altra sera si è come addormentato, mimando il suono di una fisarmonica, lo strumento che adorava. Poi ha chiuso gli occhi e ci ha salutati» ricorda la nipote. Tutto lieve come in una favola, come quando, fino a pochissimi anni fa, Pavese arrivava a Portacomaro sulla sua ormai introvabile «1100» e si dilettava nel cortile della casa di famiglia, in frazione Castellazzo, a coltivare la «topia», il pergolato di uva fragola. «Qui torno ragazzo» diceva a parenti e e amici. Quando la guerra non c’ era ancora e lui era solo il figlio di una famiglia contadina, che sognava magari anche di diventare un campione del pedale. I funerali oggi, alle 14, 30, a Portacomaro paese.

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