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Pubblicato il 23/09/2014

MUORE UN LEONE DELLA FOLGORE

Necrologio_Rovis_-

TRIESTE
E’ scomparso il Leone della Folgore, il Tenente Colonnello ( Riserva)
Silvano Rovis

Classe 1915, partecipo alla battaglia di El Alamein in qualità di Tenente paracadutista nella 27^ compagnia del X° battaglione di cui fu il V° comandante). Dal carattere schivo ed introverso è stato iscritto alla sezione di Trieste per moltissimi anni anche se la frequentazione della sede sociale si è con gli anni rarefatta fino a cessare. 1915 , lo” di
Trieste di ben sei anni or sono ( 2008). La notizia della scomparsa è stata appresa e ad esequie ormai avvenute, per volontà della Famiglia.
In tal modo non è stato possibile tributargli l’ultimo saluto con la presenza del Labaro della Sezione e quella di un adeguato numero di paracadutisti che avrebbero desiderato salutarlo.

Personaggio davvero originale,ecco cosa scriveva di Lui IL PICCOLO di Trieste del 13 Marzo 2008
Fare una sana attività fisica è cosa consigliata da tutti i medici. Giocare quindi due ore alla settimana a tennis e lamentarsi per non riuscire a farne almeno tre è quindi cosa normale. Se… Se non fosse che il protagonista è Silvano Rovis, classe 1915, che compirà 93 anni il prossimo 16 febbraio. Non basta. Rovis abita a Trieste e, per giocare a tennis, due volte la settimana parte alle 10 di casa, prende due autobus, quindi il treno, arriva in stazione a Gorizia e, tutto pimpante, a piedi raggiunge i campi di Campagnuzza per dedicarsi al suo sport preferito. Poi dopo una doccia, beve un «brasiliano» e ritorna a casa. Questo, almeno, in inverno. In estate invece abita a Poggio Terza Armata e sempre con i mezzi pubblici raggiunge Gorizia. L’appuntamento con il tennis è a mezzogiorno. Passo svelto, sicuro, borsa a tracolla, berretto in testa. Dalla borsa non si vede spuntare la racchetta, la tiene il suo compagno di gioco. «Una delle fermate dell’autobus che prendo a Trieste – dice – è vicino alla sede di un Centro di igiene menatale. Se qualcuno mi vedesse con la racchetta da tennis correrei il pericolo di un ricovero. Cosa che voglio evitare. L’altro giorno ho avuto dei problemi in
autobus. Una signorina evidentemente molto educata quando mi ha visto
salire si è alzata per lasciarmi il posto. L’ho ringraziata e le ho spiegato che stavo andando a giocare a tennis, non ne avevo bisogno di sedermi. Dovevate vedere come mi ha guardato». Le sue trasferte goriziane ormai si ripetono da anni. «A Trieste non ho nessuno con cui giocare – spiega –: tutti i miei ex compagni sono morti. A Gorizia invece gioco con un “ragazzino” (Renzo Ambrosi, 70 anni). Mi trovo molto bene e l’ambiente è molto familiare per non parlare del campo di gioco che è uno dei più belli su cui ho mai giocato». Tra Silvano Rovis e lo sport è sempre stato amore. Ha cominciato a 12 anni con il canottaggio: «Ho poi praticato atletica leggera vincendo, allora, i giochi Dux dove erano presenti ben 1200 squadre. Ho giocato a calcio in serie C nel Grion di Pola, nel 1938, ma poi mi sono trasferito a Fiume e ho dovuto mollare dopo due partite. Sono stato paracadutista ottenendo il grado di tenente colonnello nella Folgore». La lista continua: ha giocato a rugby arrivando fino alla serie A, ha praticato l’ hockey su ghiaccio e su prato. «Spero di non avere dimenticato niente». Fra una partita e l’altra, si è laureato in scienze economiche commerciali e ha lavorato in banca andando in pensione come vice direttore di un importante istituto bancario a Trieste. Ha trovato anche lo spazio di costruire una famiglia molto unita con la moglie Annamaria che non lo ha mai ostacolato nelle sue attività. «È stata brava e furba: se si fosse opposta alla mia passione sportiva avrei sicuramente divorziato». Ha seguito con amore i figli Mario e Paolo che prima di formare le loro famiglie hanno praticato anche loro il canottaggio. Intanto, Silvano Rovis ogni mattina quando si alza fa i pesi: 500 alzate con la mano sinistra, 500 volte con la destra. «L’unico problema è che qualche volta perdo il conto». Un difetto però Rovis ce l’ha e
lo svela il suo partner di gioco: vuole sempre vincere e qualche volta «imbroglia» chiamando fuori palle che erano in campo: «Chissà, forse non vede bene, ma ne dubito!»
Antonio Gaier

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