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Pubblicato il 23/02/2014

NEL 2011 LA TASK FORCE 45 SALVO’ 12 INDIANI AD HERAT


Il 3 novembre 2011, a trecento metri dall’aeroporto di Herat, in Afghanistan, i corpi speciali italiani della Task force 45, di cui fanno parte anche i Comsubin, impediscono ai terroristi di ammazzare 31 civili. Fra questi 12 indiani.

Pochi mesi dopo, il 15 febbraio 2012, due nostri fucilieri della Marina, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, finiscono prigionieri delle autorità indiane dalla memoria corta, che in spregio al diritto internazionale li arrestano e li tengono in India due anni senza nemmeno formulare un capo d’imputazione.

Quel 3 novembre 2011 la Task Force 45 si trova di fronte a una missione complicata. Due talebani con addosso giubbotti esplosivi, affiancati da cinque miliziani armati fino ai denti, prendono di mira il compound della Esko International, una società di logistica con sede a Montecarlo ( gestita da italiani) che fornisce cibo e materiali all’Italia, situata a 300 metri dell’aeroporto di Herat. Non lontano c’è la base Nato di Camp Arena,dove c’èil quartier generale della Task Force 45. La notizia giunge a Camp Arena alle 9.30. In pochi minuti inizia quella che il generale Luciano Portolano, comandante delle truppe alleate che guida l’operazione, descrive come «l’eliminazione della minaccia e l’evacuazione dei connazionali asserragliati all’interno del compound».

Nella sede della Esko ci sono 31 civili, sei dei quali italiani, un afgano e 24 stranieri. Dodici di essi sono indiani. I terroristi riescono a penetrare nell’edificio usando uno di loro come «testa d’ariete» umana, che si fa esplodere per squarciare l’ingresso. Prendono in ostaggio 18 civili. La Task Force 45 viene attivata all’istante. Scatta il blitz di un distaccamento del Gruppo intervento speciale antiterrorismo dei carabinieri e del Gruppo operativo incursori della Marina. L’attacco è rapido, preciso. Tutti i terroristi vengono eliminati e i civili, compresi i 12 tecnici indiani, liberati sani e salvi, senza un graffio e portati via, al sicuro, da sei fucilieri del San Marco.

Un’operazione da più parti definita «da manuale» che avrà solo un carabiniere del Gis, colpito da una scheggia. A missione conclusa, al Camp Arena giunge il console indiano, che ringrazia il nostro generale. Subito dopo l’operazione il generale americano Stanley McCrystal, ex comandante delle truppe alleate, afferma: «Ho osservato il lavoro e la professionalità di quella Task Force 45 e credo che gli italiani sarebbero orgogliosi dei loro soldati».

Due anni dopo, marzo 2012, ad un mese dall’arresto di Latorre e Girone, l’Ammiraglio Luigi Binelli Mantelli, allora Capo di Stato Maggiore della Marina, accoglie i militari del Battaglione San Marco di rientro dall’Afghanistan ricordando due cose: che Latorre e Girone, quel 15 febbraio 2012, si trovavano sulla petroliera Enrica Lexie per proteggere l’equipaggio, fra cui anche degli indiani, e che grazie ai marò del reparto speciale Comsubin, 12 tecnici indiani presi in ostaggio dai talebani sono tornati a casa salvi e liberi: «L’India – afferma Binelli – non potrà dimenticare che il nostro team proteggeva l’equipaggio della nave, composto anche da 19 marinai indiani, né potrà dimenticare che proprio uomini del San Marco hanno contribuito qualche mese fa alla liberazione di alcuni tecnici indiani tenuti in ostaggio da terroristi nella zona di Herat». E invece lo hanno dimenticato.

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