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Pubblicato il 25/03/2018

OLTRAGGIO DI CASSINO: INTERVIENE ANCHE IL GENERALE MANCA- GIA’ COMANDANTE DELLA BRIGATA SASSARI

Interviene contro un ulteriore oltraggio che disprezza di Cassino , perpetrato dal giornalista Cazzullo del Corriere della Sera, il Generale bersagliere e paracadutista NICOLO’ MANCA che si dimise dall’Esercito in segno di protesta per la campagna di stampa contro le Forze Armate dopo la missione Ibis in Somalia. Nel 2013 ha restituito le onorificenze di Cavaliere, Ufficiale e Commendatore dell’Ordine “Al merito della Repubblica Italiana” in segno di dissenso per il comportamento dei politici nel caso dei Fucilieri di Marina tenuti in ostaggio in India

CORTESIA: CON LA BRIGATA SASSARI· MARZO 2018
Premessa del sito “con la Brigata Sassari”
Nei giorni scorsi, dopo una denuncia dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia (ANPI), è stata annullata l’inaugurazione, prevista per il 18 marzo, di una targa, sormontata da un paracadute stilizzato, in ricordo dei paracadutisti tedeschi della 1ª Fallschirmjäger-Division della Luftwaffe caduti durante i combattimenti di Monte Cassino. E’ nata una violenta polemica di stampa che è diventata un caso istituzionale dopo che il presidente dell’Associazione Nazionale Paracadutisti d’Italia, Gen. Marco Bertolini, ha scritto al ministro Roberta Pinotti ricordando, tra l’altro, che il culto di tutti i Caduti è segno di appartenenza alla civiltà cristiana. Con una lettera aperta al giornalista del Corriere della Sera Aldo Cazzullo, il Generale Nicolò Manca, 28° Comandante della Brigata SASSARI (e primo sardo ad aver avuto questo privilegio) interviene nel dibattito.

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TESTO DEL GENERALE MANCA
LA PIETA’ PER I CADUTI NON BASTA MAI – di Nicolò Manca
Ho provato una stretta non solo al cuore ma anche allo stomaco nel leggere la sua risposta, di intonazione quasi sprezzante nei confronti dei paracadutisti tedeschi caduti a Cassino, indirizzata al signor Leonardo Maderno sul Corriere del 21 marzo. E’ sua opinione, dottor Cazzullo, che per commemorare (o ignorare?) quei Caduti “basti e avanzi la splendida lapide che commemora i …. vincitori polacchi”. Sul momento per me, nipote di nonno materno morto sul Piave due anni dopo la morte del fratello caduto sull’Altopiano di Asiago, è stato inevitabile immedesimarmi in uno sconosciuto discendente di un caduto tedesco e immaginare le sue reazioni nel leggere quel “basta e avanza”. Devo dedurre che per commemorare i nostri paracadutisti e bersaglieri caduti in Africa “basti e avanzi” qualche lapide che commemora i vincitori anglo-americani cosi come per i nostri alpini caduti in Russia “basti e avanzi” qualche lapide che commemora i vincitori russi.

Il filo conduttore di questo punto di vista mi ha fatto tornare alla mente il nobile atteggiamento di quella figura politica di primo piano che a guerra finita si rifiutò di interessarsi alla sorte dei prigionieri italiani in Russia colpevoli perché … “peggio per loro che sono andati a combattere una guerra fascista” (analogamente a Cassino i paracadutisti tedeschi hanno combattuto una guerra nazista). Fu grazie a questo nobile atteggiamento che Franco Magnani, un alpino Medaglia d’Oro al Valor Militare sotto il cui comando ebbi l’onore di trascorrere gli anni giovanili vissuti alla “Nunziatella”, rientrò dalla prigionia in Russia nel 1952, nello stesso anno in cui morì, forse per i postumi dei 48 mesi trascorsi in Africa Orientale Italiana per combattere una guerra fascista, un trentanovenne sottufficiale dell’Esercito Italiano, mio padre. Ma tornando ai giorni nostri devo constatare che poco è cambiato sotto il sole: il veto posto dai compagni dell’Associazione Italiana Partigiani ad onorare chi è meritevole di onore (sia che si tratti di tedeschi ex-alleati\nemici sia di italiani infoibati da ex-nemici\alleati), è un veto tessuto con lo stesso filo di settanta anni fa.

Consola tuttavia che oggi i militari tedeschi esprimano sui militari italiani, con cui lavorano fianco a fianco in Europa e in altre parti del mondo, giudizi diversi rispetto a quelli espressi su altre nostre realtà nazionali. Per contro è triste che in Italia si continui a fingere di non capire che il soldato è il primo a non volere la guerra, che è e rimane un’opzione politica. Il soldato si limita a farla sapendo che con tragica probabilità ci perderà la vita, consapevole anche che presto sarà dimenticato da parte di chi a guerra finita scriverà che per “non” ricordarsi di lui “basti e avanzi…”
Mi auguro che al grido di dolore del generale Marco Bertolini, Presidente dell’Associazione Nazionale Paracadutisti, e di tutti i militari italiani, morti o in vita, non segua il silenzio e l’indifferenza dei vertici politici istituzionali.
SINNAI, MARZO 2018

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