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Pubblicato il 17/09/2014

POLIZIOTTI RAPINATORI

MESSAGGERO edizione RIETI del 17 Settembre 2014

Rapinavano e violentano le prostitute tutti condannati

Sette anni e 10 mesi e sette anni ai due sottufficiali

Rapinavano e violentavano prostitute nei loro appartamenti, fingendosi prima normali clienti e poi poliziotti con tanto di distintivo e pistola. Una lunga sequenza di colpi, messi a segno a Latina, per i quali il giudice per l’udienza preliminare di Piazzale Clodio ha emesso una sentenza di condanna nei confronti di quattro persone, come richiesto dal pubblico ministero Edoardo De Santis. Le pene più alte sono toccate ad Alessandro Castellani e a Maurizio Pallotta, rispettivamente maresciallo e sottufficiale dell’Aeronautica militare, condannati a sette anni e dieci mesi e sette anni di reclusione. Il terzo uomo della banda, Andrea Dalerci, dovrà invece scontare un periodo di detenzione di sei anni, mentre Consuelo Iannotti –unica donna del gruppo- ha ricevuto una sanzione di soli tre anni. Un quinto elemento, il romeno Paul Dociu, già giudicato dal tribunale di Latina negli scorsi mesi, era stato condannato a una pena di dieci anni di reclusione. Gli imputati, accusati di rapina aggravata, violenza sessuale, sequestro di persona e lesioni personali, sono stati giudicati per sei episodi che si sono susseguiti nel febbraio del 2013.
LE RAPINE
I cinque imputati, tutti residenti a Roma a eccezione del maresciallo Castellani, di Albano Laziale, operavano seguendo sempre le medesime modalità. Per prima cosa, il gruppo controllava le inserzioni pubblicate dalle prostitute sulle pagine dei giornali locali. Quindi, una volta individuata la vittima di turno, uno dei componenti della banda contattava telefonicamente la ragazza prescelta e fissava un appuntamento. Senza lasciare che le ragazze potessero intuire le loro reali intenzioni, gli imputati entravano negli appartamenti adibiti a luogo di incontro e senza troppi indugi sfogavano tutta la loro brutalità. Armati di pistola scacciacani, falsi tesserini della polizia, fascette e nastro adesivo, minacciavano e picchiavano le vittime per poi fuggire con discreti bottini in denaro, carte di credito e apparecchi digitali. In alcuni casi, le prostitute -la maggior parte delle quali sudamericane o provenienti dall’est Europa- venivano immobilizzate alle sedie con il nastro adesivo e poi tenute segregate in stanze appartate. In una circostanza almeno, una delle vittime sarebbe anche stata costretta ad avere un rapporto sessuale con uno dei rapinatori. Solamente nel corso delle sei rapine portate a termine nel mese di febbraio 2013, sono quattordici le ragazze che, dopo aver aperto la porta a quelli che credevano normali clienti, sono passate per un inferno fatto di sevizie e violenze.
L’ARRESTO
A mettere fine alle scorribande notturne del gruppo, sarebbero poi arrivati i carabinieri del capoluogo pontino, nella notte del primo marzo 2013. I militari, già da tempo sulle tracce dei malviventi, dopo aver casualmente incrociato alcuni degli imputati in fuga a bordo di una automobile al termine di una rapina, sarebbero prontamente intervenuti per assicurarli alla giustizia.
Riccardo Di Vanna

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