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Pubblicato il 25/06/2014

PROSEGUE ITACA 2 – LA GRANDE OPERAZIONE DI RIENTRO DEI MATERIALI ITALIANI DALL’AFGANISTAN


Itaca2: coinvolto anche il sesto reggimento di manovra dela Folgore
L’Unità sarà impiegata fino ad Agosto 2014 quale Battaglione Logistico di Manovra, inquadrato nella Task Force ITALFOR, presso la base di Herat.

HERAT- Il poderoso sforzo logistico di rientro dei materiali italiani accumulati in 10 anni di permanenza, continua senza interruzioni e – a giuducare dalle poche notizie- senza problemi insormontabili.
Si tratta delle più grande operazioni di trasferimento di materiali che le forze armate italiane hanno sostenuto dalla fine della seconda guerra mondiale. 17 chilometri lineari di automezzi, elicotteri e apparecchiature sono giornalemnte “impacchettate” e stivate nella pancia degli enormi aerei russi Ilyushin e Antonov oppure caricati a bordo dei C130j della aeronautica italiana.
Destinazione Dubai, da dove saranno imbarcati sulle navi destinate in Italia. Facile a descriverlo, assai più complicato gestire la classificazione ( i “packing list” in linguaggio tecnico,ndr), lo smonmtaggio, lo stivaggio e l’imbarco. Ci vuole gente che lo sappia fare, altrimenti il materiale ariva a destinazione tritato. Parola di operatore della logistica internazionale specializzato in nazioni “calde”. Sono gli uomini del COI a sovraintendere le operaizone dei “logistici”, e lo sanno fare bene, forti di dieci anni di esperienza e di una imponente casistica di problemio risolti. “Problem solver” è la parola chiave di ognuno degli addetti, dal caporale sino al generale, impegnati nel rientro.

Il “grande trasloco” -spiega il colonnello Giuseppe Lucarelli, attuale responsabile della componente logistica, forte di duecento uomini- ha utilizzato ,sinora, 650 aerei e 15 navi e sianmo a circa due terzi del lavoro fatto.

Nulla viaggia via terra considerata le difficoltà che si potrebbero incontrare attraversando altri Paesi, nonsotante qualche apertutra del Kazhakistan e della Russia.

AD HERAT RESTERANNO OLTRE TRENTA MILIONI DI EURO DI MATERIALE
Il «valore» complessivo della base da consegnare agli afghani, è calcolato in trenta milioni di euro. Non tutti sono recuperabili anche operando sul mercato dell’usato al di là di possibili donazioni dell’Italia alle autorità locali. Gli arredi vanno abbandonati in considerazione degli alti costi di trasporto che supererebbero il valore dei beni. Resta una sola riserva. Se l’impegno dell’Italia dovesse prolungarsi, occorre lasciare inalterato almeno il venti per cento della struttura.

IL GENERALE SCOPIGNO SODDISFATTO DEI RISULTATI NELL’ADDESTRAMENTO DELL’ANA
«Chiudiamo in maniera più che soddisfacente» è l’analisi del generale Manlio Scopigno, comandante della Brigata Sassari. «Dovevamo fare in modo che gli afghani fossero in grado di gestire la sicurezza. Osserviamo che ci riescono sempre di più. La nostra forza, ad eccezione di alcuni reparti con ruolo di istruttori a Shindand è ormai concentrata nella base di Herat. Con gli assetti rimasti siamo ancora in grado di dare un supporto. Ma le forze afghane si giocano tutto e lo sanno». ù

RISULTATI QUASI NULLI ECONOMICI PER LE AZIENDE ITALIANE
A parte 1500 tonnellate di marmo afgano importate da un coraggioso operatore italiano, trasportate da Mondial Express da Chest El Sharif sino a Vicenza, c’è assai poco di più.

Manca a bilancio qualche dividendo consistente per il sistema Italia, al di là di un clima giudicato «favorevole» per il nostro Paese.

Osserva l’ambasciatore italiano a Kabul, Luciano Pezzotti: «Non è certamente per ottenere ritorni economici che siamo venuti. Non mi sembra che altri abbiano penetrato il mercato se si escludono cinesi e indiani che investono oggi per trarre vantaggi tra qualche decennio. Ma in un contesto di maggiore sicurezza potremo prima o poi godere del grosso credito accumulato. Aiutiamo gli afghani in molte maniere, anche finanziando la partecipazione all’Expo di Milano che aprirà loro una finestra sul mondo». Sperando, va da sé, che impastati come sono da endemica corruzione, cerchino spazi commerciali e non ulteriori «ispirazioni».

sotto: alcune immagini dei pochi affari “civili” ( da privato a privato) che le aziende italiane sono riuscite a sviluppare in Afganistan. Anche il trasporto di marmo è afflitto da problemi di sicurezza, perchè l’area di Chest El Sharif non è gradita dai trasportatori locali, in quanto infestate di talebani con tanto di posti di blocco


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