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Pubblicato il 20/04/2015

RAPIMENTO PESCHERECCIO: TUTTO UN BLUFF? TELECAMERE E CINEOPERATORI ITALIANI ( SKYTG24?) A BORDO DEI LIBICI

Mazara del Vallo. Alberto Figuccia, 44 anni, comandante del peschereccio “Airone” sfuggito al tentativo di sequestro, conferma un particolare INQUIETANTE: «Qualcuno ha organizzato il sequestro del peschereccio soltanto per fare uno scoop giornalistico, a pagamento. Come si spiegherebbe altrimenti che al momento dell’abbordaggio era tutto predisposto come in un set cinematografico, cavalletti in coperta e telecamera puntata contro di noi, per non parlare dell’audio perfetto che registra le nostre conversazioni».
Il comandante lo aveva già anticipato al telefono quando il peschereccio, dopo essersi fermato a Malta per risolvere un problema all’impianto elettrico, faceva rotta verso Mazara, dove ha attraccato dopo la mezzanotte di sabato. «Era tutto organizzato. Se una troupe televisiva vuol fare un servizio sull’immigrazione sale su una motovedetta, non su un rimorchiatore che di militare aveva solo le armi a bordo: non una scritta di identificazione».
Alle 3 di notte di venerdì il rimorchiatore azzurro si era avvicinato al peschereccio “Airone”, gli uomini a bordo chiedevano i documenti e intimavano all’equipaggio di tirare su le reti. Il capitano ha acconsentito. «Provo a trattare con il mio interlocutore. Mi risponde che dobbiamo far rotta verso Misurata e intanto, un militare sale sul peschereccio». Poi il comandante conferma: «Il libico va in cucina con un marinaio tunisino del nostro equipaggio, che parla l’arabo. Bevono caffé. A un certo punto il libico non riesce più a comunicare con il rimorchiatore. Senza che lui se ne accorgesse, ho ridotto la potenza della radio e il libico si è addormentato». E a quel punto che il comandante, valutando che il rimorchiatore poteva viaggiare a una velocità molto più ridotta del peschereccio, decide di accendere i motori e fuggire. Il comandante rivela ancora: «Ho spostato le lancette dalle 11,30 alle 9; quando il libico si è svegliato e non ha visto terra all’orizzonte, dopo oltre due di navigazione, non si è insospettito perché rassicurato dal falso orario». Erano passate circa quattro ore quando la nave “Bergamini” della Marina militare italiana ha raggiunto l'”Airone” e fatto salire a bordo il libico.
Ma quello che il capitano ha visto non lo dimentica: «Il rimorchiatore era zeppo di armi. Avevano mitraglie, due cannoncini sulle fiancate e casse di metallo contenenti munizioni. A bordo c’erano una decina di militari in divisa e cinque persone in borghese. Assieme a loro due donne, le giornaliste italiane».
Ieri è intervenuto il direttore del Dipartimento relazioni pubbliche della municipalità di Misurata, Ramadan Maiteeg che ha spiegato la posizione del libico salito a bordo: «La Marina italiana ha dato due opzioni ai libici: o vanno a riprendersi l’ufficiale in mare oppure verrà portato in Italia dove sarà trattato come “pirata”. Le Guardie costiere libiche hanno chiesto che il trasferimento del militare si facesse per via diplomatica ma la Marina italiana non aveva l’autorizzazione ad avvicinarsi». Inoltre il portavoce ha rivelato che «le autorità libiche hanno presentato una nota di protesta all’ambasciatore d’Italia». Intanto, parte dell’inchiesta è stata avviata dalla Procura di Catania, che per prima ha iscritto la notizia di reato, con l’ipotesi di sequestro di persona e violenza privata. L’altra parte spetta alla Procura di Marsala.

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