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Pubblicato il 27/05/2018

RASSEGNA STAMPA- 27 MAGGIO 1944- LA FOLGORE DELLA RSI COMBATTE IN LAZIO

IL PRIMATO NAZIONALE.IT

Roma, 27 mag – Il 27 maggio del 1944, il Reggimento Paracadutisti “Folgore”, al comando del Maggiore Mario Rizzatti, riceve l’ordine di partire da Spoleto, dove aveva completato l’addestramento, per attestarsi a sud della Capitale, lungo la direttrice che va dal litorale tirrenico fino ai Colli Albani. Il suo compito è quello di coprire i reparti tedeschi in ritirata dopo lo sfondamento del fronte di Cassino. Siamo all’epilogo di quella che è stata la lunga battaglia per la difesa di Roma, iniziata nel gennaio precedente con lo sbarco alleato ad Anzio. Due giorni dopo, il “Folgore” prende posizione e le truppe tedesche iniziano il ripiegamento dirette a nord. Con queste ci sono i superstiti del Btg Paracadutisti “Nembo”, in marcia con la 4° Div. Fallschirmjager, che transitano nella zona dove si trova Rizzatti. Sono agli ordini del Cap. Corradino Alvino che rincontra il suo comandante con il quale, l’8 settembre, in Sardegna, aveva preso la decisione di non tradire l’alleato tedesco. Alvino chiede con insistenza di potersi fermare con i suoi ma Rizzatti non sente ragioni e gli ordina di proseguire: ”Il Nembo si batte da quattro mesi, ora tocca a noi!”.

In effetti, quello di Alvino, era stato il primo reparto della R.S.I. a raggiungere il fronte, comportandosi peraltro magnificamente e, fin dai primissimi giorni, si era conquistato l’ammirazione ed il rispetto dei tedeschi. Il battaglione, falcidiato dalle perdite, si era ridotto, nei ranghi, agli effettivi di una compagnia, questo il motivo per il quale era stato ribattezzato “Compagnia Autonoma Nettunia”. Prima di separarsi definitivamente, i due si salutano con commozione e con la sensazione che non si rivedranno più. Rizzatti si trova a Castel di Decima, con tre compagnie del 1° Battaglione – la 2° e la 4° – attestate sui rilievi che costeggiano la S.P. Laurentina, posizionate in modo da inquadrare il settore di accesso e poter colpire d’infilata qualora il nemico riuscisse a penetrare, mentre la 1° cp. è di riserva a fondovalle, pronta ad intervenire. Privi come sono di artiglieria controcarro, i paracadutisti italiani hanno ben poco da opporre al nemico se non il proprio coraggio. All’alba del 4 giugno, un primo attacco di autoblindo inglesi viene respinto a costo di gravi perdite. Queste lasciano allora il campo ai mezzi corazzati del 46° Royal Tanks RGT i quali, dopo una preparazione con tiri di artiglieria, si aprono a ventaglio ed iniziano a sparare con mitragliatrici e cannoni da 75. Subito dopo avanzano in fila indiana, incuranti del fuoco di sbarramento delle mitragliatrici i cui colpi si infrangono contro le loro spesse corazze e imboccano decisamente la stretta strada provinciale che dal castello degrada fino alla spianata del fosso Malpasso. La loro intenzione è quella di giungere a fondovalle ed attaccare le due compagnie alle spalle, risalendo dove il pendio si fa più dolce.



La situazione appare senza via d’uscita! Il Magg. Rizzatti si rende conto che l’intero battaglione rischia di essere annientato. E’ impotente ma non vuole assistere alla fine dei suoi ragazzi, molti dei quali hanno l’età del figlio Alessandro, anch’egli paracadutista del “Folgore”! E’ necessario un atto che galvanizzi i suoi e sia d’esempio! Esce allora dalla grotta a fianco della strada dove è il suo posto di comando e, imbracciando il mitra, si piazza a gambe larghe davanti al primo carro armato ed inizia a lanciare bombe a mano, imitato dal suo giovanissimo portaordini, il diciottenne Massimo Rava, che non vuole lasciare solo il suo comandante. Il mitragliere dello Shermann dopo un primo momento di stupore, ruota l’arma versoi due, praticamente inermi di fronte a lui e, senza pietà, mira con la calma di chi si sente al sicuro e li uccide con una micidiale scarica.
Il gesto di Rizzatti, sublime ma apparentemente inutile, provoca sconcerto tra gli inglesi che frenano improvvisamente la marcia, forse temendo un’imboscata. La strada stretta impedisce loro di manovrare, si accalcano e sono obbligati a rimanere incolonnati, avanzano circospetti, poi si fermano di nuovo.


Questo procedere a singhiozzo, fa guadagnare tempo prezioso ai circa sessanta uomini della compagnia di riserva del cap. Edoardo Sala, muniti di poche armi controcarro individuali Panzer Faust, lasciati in dono dai ragazzi di Alvino, che possono risalire velocemente dagli edifici della stazione sanitaria a fondovalle e correre in soccorso dei loro camerati. Sala ha le idee chiare: colpire il carro di testa per bloccare l’avanzata della colonna e, successivamente, quello di coda per chiuderli in trappola. Si assume in prima persona il compito di farlo e, nascondendosi dietro un muretto, attende l’arrivo del primo Shermann. Sente lo spaventoso sferragliare dei cingoli ed il rumore assordante del motore che si avvicina. Freddamente, aspetta fino a che il bersaglio non è a pochi metri da lui e soltanto allora preme il grilletto. Avverte la forza del rinculo e la vampata di scarico del Panzer Faust. Colpito in pieno da così breve distanza, il carro prende immediatamente fuoco, percorre senza controllo un breve tratto in discesa fino a rovesciarsi sul lato. I membri dell’equipaggio sono spacciati! Nel giro di pochi minuti Rizzatti e Rava sono vendicati! A questo punto, Sala si precipita verso la coda del convoglio, mentre i suoi uomini, appostati ai margini della strada, iniziano a sparare con Panzer Faust sui mezzi al centro, creando scompiglio e mitragliando i nemici che cercano scampo fuori dai loro carri armati in fiamme. Giunto in coda, in un inferno di fuoco, riesce miracolosamente a colpire lo Shermann di fine colonna. Gli inglesi sono in trappola: sotto i colpi di Panzer Faust, granate, mitragliatrici, armi individuali, sono costretti ad arrendersi o perire. In loro soccorso, giungono le autoblindo e la fanteria di rinforzo e gli scontri, violentissimi, si protraggono fino al pomeriggio, con numerosissimi caduti da entrambe le parti ma ormai la situazione per loro appare definitivamente compromessa: da questa parte l’attacco è fallito ed il compito di ritardare l’avanzata del nemico è stato assolto.


Per l’intera giornata del 4 giugno, lungo tutta la linea del fronte, i paracadutisti del Rgt. “Folgore”, unitamente ai decumani del Btg. “Barbarigo” della X Mas ed ai legionari del Btg. “Degi Oddi” delle Waffen SS italiane, pur al costo di gravissime perdite, riescono comunque a mantenere le posizioni, permettendo alle truppe tedesche un ordinato ripiegamento.
Il Btg. “Nembo” durante quattro mesi al fronte, ha perso i 3 / 4 degli effettivi mentre il Rgt “Folgore” in otto giorni di combattimenti ha avuto 544 tra caduti e dispersi, senza contare i feriti. Quasi tutti giovanissimi, erano accorsi ad arruolarsi, a guerra praticamente persa, decisi a battersi solo ed esclusivamente “Per l’Onore d’Italia”, come recitava il motto, coniato dal cap. Sala, che i paracadutisti portavano, cucito sulla manica sinistra della giubba. Tanti eroi sconosciuti, tanti eroi dimenticati.

Mario Porrini

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