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Pubblicato il 11/02/2018

RASSEGNA STAMPA- A MACERATA CHIEDONO FOIBE E IMMIGRATI

Il motto della sinistra in piazza: più migranti e italiani infoibati

Libero(ed. Nazionale, ed.Milano) pag. 2 del 11/02/2018

GIANLUCA VENEZIANI – Ma quale Paese civile consente di sfregiare la memoria delle vittime nel giorno stesso in cui dovrebbero essere celebrate? Quale Repubblica matura, quale Stato democratico permette di vilipendere cadaveri già massacrati, umiliati, torturati e di dissacrare la ricorrenza loro dedicata? Già metteva i brividi la scelta di organizzare cortei antifascisti in tutta Italia il 10 febbraio, il Giorno del Ricordo, destinato ai martiri delle foibe e dell’esodo. E già risultava incomprensibile la marcia collettiva, da Macerata in su e in giù, all’insegna del motto «Mai più fascismi», quando l’unico slogan che avrebbe dovuto essere urlato era «Mai più comunismo». All’offesa iniziale si è poi aggiunto lo scempio, una sorta di piazzale Loreto riadattata per l’occasione: ieri durante il corteo di Macerata un gruppo dell’Action Antifaschistische, rete di militanti rossi presenti in Germania e Paesi Bassi, e alcuni centri sociali hanno iniziato a intonare il coro della vergogna: «Ma che belle son le foibe da Trieste in giù», sulle note della Carrà, come fosse un pezzo innocuo di musica leggera, mentre si compieva il tributo al macellaio Tito e alle sue gesta di massacratore degli italiani.

SOLITI NOTI Insieme a questa feccia della società manifestavano le cosiddette organizzazioni pacifiste, antirazziste e antifasciste, le sigle benpensanti dell’Arci, di Libera, di Emergency, di Fiom, di Rifondazione Comunista, e i santini laici del Pensiero Unico Gino Strada, Adriano Sofri, Cecile Kyenge, Pippo Civati e compagnia cantante. Certo, ora si dirà che loro non c’entravano, che chi inneggiava alle foibe era una frangia isolata, i soliti infiltrati, o al più qualche compagno che sbagliava. E invece il semplice fatto di essere là ieri significava farsi partecipi di quella congiura del silenzio che ha portato prima a negare le foibe, poi a minimizzarle, quindi a mistificarle, dunque a giustificarle, infine addirittura a glorificarle. Ci fa schifo tutto ciò. E non perché c’è una legge dello Stato che dovrebbe garantire il rispetto per quelle vittime e per quei profughi e imporre verso di loro un silenzio commosso, non più connivente o smemorato. Ma perché è degno di un Paese civile, o meglio di un consesso umano, provare pietà per dei morti e ancor più inchinarsi a dei compatrioti ammazzati o espulsi dalla loro terra per il fatto di essere italiani. E allora diventa connivente, a monte, anche chi ha consentito questa e altre manifestazioni, prendendo a pretesto la lotta al razzismo e la condanna del gesto di Luca Traini. Diventa complice la questura di Macerata che, con un doppiopesismo vergognoso, ha impedito la manifestazione di Forza Nuova di venerdì e consentito quella antifascista di sabato. E diventa responsabile il ministro dell’Interno Minniti che ha lasciato che ieri si svolgessero un po’ ovunque in Italia cortei, presidi ispirati alla lotta al fascismo, quasi fosse quella l’emergenza: da Bari a Milano, con la Boldrini a far da capofila, da Brescia a Bologna, tutti in piazza allegramente a combattere contro una minaccia inesistente; oppure cogliendo l’occasione, come successo a Torino e Piacenza, per dare vita a scontri con le forze dell’ordine o ad attacchi contro la sede di CasaPound, tanto per dimostrare il loro sincero pacifismo. A SENSO UNICO O, ancora, facendosi beffe con insulti, da «nazista» a «testa d’uovo», dello stesso Minniti e del suo partito, reo di non essere sceso in piazza insieme agli altri compagni.
Colpisce il tempismo, come dicevamo. E non nel senso espresso dal sindaco di Macerata Romano Carancini che ha preferito non partecipare al corteo in quanto «dopo il clamore mediatico, a noi spetta il compito di ricucire lo strappo»; ma nel senso che solo in queste ricorrenze, dedicate a martiri onorati dalla destra, sono possibili questi cortocircuiti. Pensate se sia mai possibile che, in concomitanza col 25 aprile, qualcuno scenda in piazza a glorificare la Repubblica Sociale di Salò. O che, in occasione del 27 gennaio, Giornata della Memoria, qualcuno vada a un corteo a inneggiare alla bontà dell’Olocausto. Immediatamente, e giustamente, fioccherebbe la condanna unanime dell’opinione pubblica, l’indignazione delle istituzioni e dei giornali; intellettuali, scrittori o pseudo-tali, per giorni e giorni, non farebbero altro che parlare di quel gesto vergognoso, chiedendo punizioni esemplari, misure eccezionali, messa al bando dei rei. Nel caso delle vittime delle foibe, invece, tutto sprofonderà nell’indifferenza, solo qualche vocina timida a ricordare l’inopportunità del coro o qualche tentativo di derubricarla a una ragazzata di cattivo gusto. Di certo non si scomoderà per l’accaduto il capo dello Stato Mattarella che d’altronde, l’altro giorno, ha attribuito la causa delle foibe al nazionalismo, mica al comunismo.
Quanto ci vorrebbe una mobilitazione degli italiani, una sollevazione morale che restituisca onore ai 10mila morti trucidati nelle foibe e faccia avvertire tutto il suo disprezzo per quei 10mila antifascisti che ieri passeggiavano per Macerata, beandosi nell’ascoltare quei cori infami. riproduzione riservata I PROMOTORI A volere la manifestazione di Macerata (contro il parere del sindaco che l’aveva sconsigliata) è stato il partito Liberi e Uguali affiancato da l’Arci, Anpi, Fiom, l’associazione Emergency, i centri sociali e gruppi no global provenienti da mezza europa ASSENTE IL PD Nonostante le pressioni della sinistra il Pd di Renzi non ha partecipato alla manifestazione «per non inasprire ulteriormente il clima di violenza» I PARTECIPANTI I partecipanti sarebbero stati circa 10mila persone, tra i vip, l’europarlamentare Cecile Kyenge, Gino Strada di Emergency, l’ex direttore dell’Unità Sergio Staino, il giornalista Adriano Sofri, il deputato Pippo Civati e il conduttore Diego Bianchi

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