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Pubblicato il 06/08/2014

RASSEGNA STAMPA: ALLARME IN TUTTO L’OCCIDENTE. CELLULE TERRORISTICHE NUMEROSE E PRONTE



L’ESPRESSO del 6 AGOSTO 2014

È allarme in tutto l’Occidente

«La guerra in Afghanistan degli anni Ottanta ci ha dato al Qaeda, quella che si combatte oggi in Siria potrebbe generare qualcosa di peggio», ha scritto Bruce Riedel, per oltre 30 anni analista della Cia: «L’afflusso di combattenti stranieri in Siria per combattere contro la dittatura di Bashar Assad sta diventando il più ingente nella storia del jihad mondiale».

Certo, non è l’unica meta dei terroristi globali, ma la Siria è senza dubbio il centro della nuova guerra. Negli ultimi tre anni, secondo un rapporto pubblicato a giugno dal newyorkese Soufan Group, sarebbero arrivati 12 mila miliziani stranieri, contro i 20 mila che andarono a combattere i sovietici in Afghanistan in circa un decennio.

Il contingente principale, è rappresentato dagli arabi: circa 3 mila tunisini, 2500 sauditi e 1500 marocchini.

Un quarto del totale, circa 3 mila, sono però occidentali, e 300 di questi, secondo alcune fonti, sarebbero tornati in Europa. Gli occidentali combattono soprattutto per tre gruppi anti-Assad, tutti e tre fondati da membri di al Qaeda: Stato islamico dell’Iraq e della Siria (Isis), al Nusra, Ahrar al Sham. Età media tra i 18 e i 29 anni, per il 18 per cento donne, per il 6 per cento convertiti, sempre secondo il Soufan Group.

La maggioranza sarebbe rappresentata da ragazzi problematici, sbandati, con una conoscenza rudimentale dell’Islam, in cerca di un’identità e di uno scopo o di un’avventura e una fuga dall’Occidente. Come vediamo qui sotto, i principali Paesi occidentali hanno lanciato l’allarme, perché temono che quei loro concittadini, una volta tornati a casa, possano fare proseliti o compiere atti di terrorismo, come è giù successo in Belgio a maggio.
Russia: 800 jihadisti in Siria
Peter Neumann, esperto del King’s College di Londra, ha fatto notare al “Financial Times” quanto sia più efficace in battaglia un ceceno rispetto, parole sue, a «qualche culone di Luton». E infatti, tra tutti gli occidentali che partono per la Siria, i russi del Caucaso sono considerati i più pericolosi, perché molti hanno combattuto in Cecenia una guerra sanguinosissima contro le autorità russe. Il presidente Vladimir Putin considera i reduci di ritorno dalla Siria «una minaccia reale», consapevole anche che proprio il suo governo è tra i principali sponsor di quell’Assad contro cui combattono i jihadisti.
Francia: 700
È francese il simbolo del nuovo incubo europeo. Si chiama Mehdi Nemmouche, è nato 29 anni fa a Roubaix da genitori algerini, dopo un’adolescenza irrequieta passata più volte in galera si è arruolato nell’Isil, e al ritorno, nel maggio scorso, è stato lui a uccidere quattro persone al museo ebraico di Bruxelles. Anche per questo la Francia è oggi uno dei Paesi in prima linea nel contrasto di questo fenomeno. Come la Norvegia e gli Stati Uniti, ha approvato delle leggi che criminalizzino anche gli atti preparatori commessi da chi ha progetti terroristici. Lo ha fatto già nel 2012, sull’onda dell’uccisione di sette persone da parte di un ragazzo di Tolosa che si era addestrato in Afghanistan e Pakistan, Mohamed Merah. Grazie a queste leggi, a marzo sono stati condannati a tre e cinque anni di prigione tre ragazzi che stavano partendo per la Siria. Il governo ha anche aperto un sito e un numero verde a cui possono rivolgersi quanti sospettano che dei loro amici o parenti vogliano darsi al jihad. A gennaio il socialista Manuel Valls, allora ministro degli Interni e oggi primo ministro, aveva detto che i terroristi di ritorno rappresentano «senza dubbio il peggior pericolo che dovremo affrontare nei prossimi anni, è un fenomeno di dimensioni senza precedenti».
Regno Unito: 400
«L’Isil sta pianificando attacchi anche sul suolo britannico», ha avvertito il primo ministro David Cameron il 18 giugno. Nei primi tre mesi del 2014 sono state 40 le persone fermate «per attività legate alla Siria», mentre erano state 25 in tutto il 2013. Tra gli arrestati al ritorno da Damasco ci sono anche due uomini di Birmingham, che erano stati denunciati alla polizia dalla madre di uno dei due. Il Regno Unito ha confiscato il passaporto a 14 persone per impedire loro di raggiungere il Medio Oriente, e ha dato il via a un programma che permette di detenere chi ritorna dalla Siria. Cressida Dick, una delle principali responsabili dell’antiterrorismo, ha detto che il Regno Unito dovrà convivere per anni con le conseguenze di quel conflitto.
Germania: 270
C’era anche un rapper nella colonna tedesca in Siria. Si chiamava Denis Mamadou Cuspert, in arte Deso Dogg, e mentre combatteva per l’Isis è stato ucciso da un attacco suicida compiuto dal gruppo jihadista rivale, al Nusra. Che l’Isil tenga molto al “mercato” della locomotiva d’Europa è provato dal fatto che ha pubblicato su Twitter anche un video in tedesco. Il governo è consapevole dei rischi, e infatti a metà giugno il Ministro degli Interni Thomas de Maizière ha dichiarato che i jihadisti di ritorno dal Medio Oriente non sono più «una minaccia stratta, ma un pericolo mortale». Anche qui Il governo ha introdotto programmi e numeri verdi per aiutare le famiglie dei musulmani radicali, che secondo le autorità sarebbero circa 43 mila.
Dalla Spagna agli Usa
L’allarme resta alto anche in molti altri Paesi occidentali. Lunedì scorso la Spagna ha arrestato due cittadine di 14 e 19 anni, sospettate di volere aggregarsi all’Isil passando per il Maghreb, mentre a fine maggio la stessa sorte era toccata nell’enclave di Melilla a sei uomini, accusati di voler reclutare terroristi per la Siria. La Bosnia ha stabilito che condannerà fino a dieci anni di carcere chi proverà ad andare a combattere una guerra all’estero. A fine luglio, in Norvegia, il capo dei servizi segreti aveva detto di temere un attacco terroristico proprio ad opera di un reduce. In America ha infine fatto scalpore il caso di Moner Mohammad Abu-Salha, teenager della Florida pazzo per il basket che a maggio, per al Nusra, ha guidato un camion pieno di esplosivo contro un ristorante in Siria.
Daniele Castellani Perelli

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