CRONACA AGGIORNATA OGNI ORA

Condividi:

Pubblicato il 01/12/2014

RASSEGNA STAMPA: CORRIERE DELL’IRPINIA PARLA DELL’OTTAVO REGGIMENTO GUASTATORI PARACADUTISTI

BANGUI – C’è un po di Irpinia anche nella missione dell’Eurofor Rca nella Repubblica Centraficana. Orgoglio italiano, quello di «pacificare» un paese scosso da guerre e da migliaia di profughi e senza tetto, quello del caporale maggiore scelto Andrea Vollaro, 32 anni, originario di Monteforte Irpino, sposato con Assunta, originaria di Serino, in forza all’Ottavo Reggimento Genio Paracadutisti della Brigata Folgore. Ripristinare le infrastrutture urbane necessarie a riportare normalità in una città dilaniata, questo il lavoro quotidiano dei nostri militari. Quello che ci racconta il caporale maggiore Vollaro nell’intervista dal Centrafica, dove tutt’ora è impegnato nella missione di pace.«E’ un’esperienza singolare-spiega il caporale Vollaro- Lavorare a stretto contatto con colleghi di altre tredici nazioni, scoprire un mondo nuovo e soprattutto toccare con mano i progressi che abbiamo realizzato è qualcosa che ci sta regalando una grande soddisfazione professionale ma soprattutto umana, perché la gente qui davvero ha bisogno. Quando i bambini e le persone comuni ci salutano e ci ringraziano in italiano riesco a cogliere il senso di quello che facciamo: aiutare il prossimo per evitare altre violenze e portare alto il nome del nostro Paese». Basterebbero già queste emozioni e questo sorriso nel cuore di chi porta la pace nel Mondo per spiegare il senso di una missione come quella dell’Eurofor a Bangui, Partiamo da un allarme. Ebola. Nella nazione dove operate non ci sono stati casi: ma avete paura? «Fortunatamente in Centrafrica non si sono registrati casi della malattia. L’attenzione comunque è alta e il nostro Comando ha messo in atto una serie di misure di prevenzione e di controllo». Cosa resta di esperienze come questa. Cosa fate quotidianamente? «Molto lavoro e molta soddisfazione. Il Centrafrica è una nazione poverissima, sconvolta dagli scontri inter-etnici che hanno insanguinato un territorio grande quasi il doppio dell’Italia. Ci sono state migliaia di vittime e un milione di sfollati, ma anche grazie all’intervento militare europeo la situazione è migliorata. Noi operiamo nella capitale Bangui, in particolare in due delle zone più sensibili della città, dove c’erano state violenze terribili, e siamo impegnati in una serie di progetti per ricostruire e ripristinare le strade e la rete idrica della città. In questi giorni abbiamo rimosso più di mille metri cubi di detriti da un canale, contribuendo anche alla prevenzione della malaria perché le zanzare proliferano dove l’acqua ristagna e qui la malaria è la causa principale di morte per i bambini con meno di cinque anni. Io poi sono anche soccorritore sanitario e mi è capitato di medicare dei bambini che si sono rivolti a noi. Abbiamo anche costruito il checkpoint dell’aeroporto di Bangui che è l’unico scalo internazionale, intorno al quale vivono migliaia di profughi, il cui numero però è in netto calo da quando sono arrivati i militari europei». Chiudiamo con una nota meno impegnativa: oltre agli affetti le manca un po di cibo italiano? «Mi è mancato ma non troppo: da casa ci siamo portati pasta, olio e pomodoro e in più di un’occasione ho preparato – insieme ai colleghi – pizze e spaghetti apprezzatissimi anche dai colleghi europei e dalla comunità italiana di Bangui, che è molto ricca e attiva nell’ambito delle missioni religiose e delle organizzazioni internazional».

Leggi anche