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Pubblicato il 04/05/2018

RASSEGNA STAMPA- IL CAPO DI SME PARLA DELL’ESERCITO E DEL SOLDATO DEL FUTURO- 30% DI STRUTTURE E INFRASTRUTTURE IN MENO

 

Corriere della Sera
sezione: Cronache italiane – Interni data: Venerdì 4 Maggio 2018 – pag: 17

 

«Utili i droni, ma conta l’uomo

Così sarà l’Esercito del futuro»

di Maurizio Caprara

Farina, il nuovo capo di Stato Maggiore: strutture più snelle del 30%

 

«S iamo tutti in continua formazione. Dobbiamo sempre far tesoro delle lezioni apprese e delle esperienze. Vale per il più giovane soldato come per il più elevato in grado di comandante», dice il generale di corpo d’armata Salvatore Farina, capo di Stato Maggiore dell’Esercito. Che non si finisca mai di imparare è una verità antica, ma in tempi di rivoluzione tecnologica lo è non solo per tante categorie, dai tassisti alle prese con Uber ai giornalisti impegnati nella sfida della rete, dai medici che ricorrono a nuovi strumenti di diagnosi ai ristoratori con ordini on line e così via.

Per le Forze armate la necessità di combinare l’innovazione del modo di agire e pensare con la tradizione è radicale. Oggi l’Esercito italiano compie 157 anni e nella sua prima intervista da quando in febbraio ne ha assunto la guida Farina spiega che cosa si prefigge di fare.

I militari italiani hanno un’età media avanzata per il loro lavoro, circa 38 anni, ed esistono ancora molti doppioni tra strutture e funzioni delle varie forze armate. Quali obiettivi si pone per rendere l’Esercito più dinamico?

«Finora siamo stati in grado di ridurre del 30% i generali rispetto al 2012. Lo abbiamo fatto sulla base del Libro Bianco della Difesa. Per strutture e infrastrutture la tendenza è raggiungere il 30% in meno. Allo stesso tempo, vanno potenziate le capacità operative».

Le nuove tecnologie cambiano i sistemi di arma e i modi di fare la guerra. In che cosa aggiornerà le attività di formazione?

«Il capo di Stato maggiore della Difesa ha fatto costituire un centro interforze per le difese cibernetiche, noi abbiamo contribuito molto. Abbiamo perfezionato presso il Comando Trasmissioni la formazione di addetti che lavoravano sulle nostre reti. Alla Cecchignola c’è un nucleo che si evolve per dotare le nostre missioni all’estero di esperti nella tutela delle reti. Arrivare a una conoscenza tecnica avanzata non richiede anni, però elementi giusti e formazione adeguata».

Per evitare doppioni e utilizzare meglio i fondi pubblici su che cosa interverrà? Per esempio: tra le diverse armi andrebbe centralizzata la manutenzione degli elicotteri?

«È stato fatto già molto per integrare le forze speciali, auspichiamo lo stesso per le truppe anfibie. Per la guida degli elicotteri ci sono iniziative in atto: a Frosinone nostri piloti frequentano un corso con quelli dell’Aeronautica. Si tende e bisogna tendere all’integrazione interforze, fare di più e insieme».

Quante persone lavorano nell’Esercito?

«Le effettive sono circa 95 mila. Adesso ne abbiamo undicimila schierate: settemila in Italia per l’operazione “Strade sicure” e quattromila all’estero. Con le forze pronte a intervenire arriviamo a 20 mila. Di queste, circa 8.900 in caso di emergenza nazionale e per crisi internazionali. L’impiego continuo dei 20 mila militari comporta turnazioni per garantire il necessario recupero, addestramento e “approntamento”» .

Generale, nell’era di droni, aerei invisibili, unità d’élite, attacchi informatici, a che cosa serve la fanteria?

«Una difesa credibile deve disporre di tutte le componenti. Nell’Esercito la stragrande maggioranza delle forze di manovra è della fanteria, una volta chiamata “la regina delle battaglie”. Serve a presidiare il terreno, conoscere e vedere, prevenire ed eventualmente dimostrare la possibilità di uso proporzionato della forza. Per la prevenzione è necessaria presenza avanzata e vigilanza».

In che cosa consiste?

«Considero l’uomo la parte centrale di un meccanismo di difesa, perché in natura è il sistema più evoluto. Le aree urbane crescono: tra milioni di abitanti i droni sono utili, sì, tuttavia negli edifici, nelle linee sotterranee di metropolitane ci vuole l’uomo».

Da quali nemici potenziali deve difenderci oggi l’Esercito italiano?

«L’Italia oggi non ha alcuna minaccia incombente palese nel senso convenzionale, del tipo degli anni più bui della Guerra fredda. Però è al centro dell’area mediterranea e dell’euro-atlantica, vicina a Nord Africa e Medio oriente, è circondata da rischi di instabilità di Stati disintegrati che lasciano fiorire gruppi terroristici, altra instabilità e conflitti locali capaci di diventare regionali ed espandersi».

E quando si espandono?

«Se questi pericoli si consolidano, anche l’Italia può nel medio-lungo termine esserne interessata. Rischi di infiltrazione di terroristi ci sono già in Europa. “Strade sicure” è mirata a controllare e prevenire questi pericoli come lo è il nostro essere in aree d’instabilità o dove va mantenuta una pace fragile»

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