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Pubblicato il 06/04/2021

RASSEGNA STAMPA – IL COVID “FERMA” ESERCITI FORZE SPECIALI E NAVI

AVVENIRE

MONDO 06-04-2021

Coronavirus: il mondo

Il Covid ha reso vulnerabili gli eserciti: cinque portaerei «affondate» dal virus

FRANCESCO PALMAS

Si è abbattuto come un tornado sul mondo militare. Il Covid 19 ha scompaginato piani, missioni, esercitazioni e calendari. Ha messo fuori gioco oltre un milione di militari nel mondo. Ha “affondato” cinque portaerei in un colpo solo: quattro statunitensi e una francese. Nel periodo tragico della pandemia, a metà 2020, gli americani si sono ritrovati sguarniti di fronte alla Cina. Avevano 150 basi militari contaminate e la flotta del Pacifico amputata. Eppure, pochi mesi prima dello scoppio della crisi, l’Us Naval War College, la loro scuola di guerra navale, aveva patrocinato un gioco di “guerra” profetico, il cui tema principale era la diffusione repentina di una malattia infettiva in uno scenario urbano.


I militari non avevano avuto nemmeno il tempo di assimilare la lezione che lo scenario fantastico è divenuto realtà, devastando prima la Cina, in novembre, poi l’Europa, in febbraio, per poi dilagare proprio negli Usa, nel marzo 2020. Il 18, il presidente Trump riattivava d’urgenza le navi ospedale Usns Mercy e Usns Comfort, spedendole a Los Angeles e a New York, con una missione prioritaria: soccorrere gli infettati. Un secolo prima, l’influenza spagnola aveva ucciso più della Grande Guerra, mietendo 41 milioni di vittime. Anche allora l’Us Navy aveva mobilitato due navi ospedale, mandandole sulla costa orientale. Nel 2020, come nel 1918, la pandemia ha sconquassato gli ordini di battaglia, provocando l’indisponibilità di equipaggi e navi. Centodue anni prima era toccato all’incrociatore corazzato Pittsburgh alzare bandiera bianca, a Rio de Janeiro. Le navi militari (e civili) si sono rivelate vulnerabilissime al contagio. Gli equipaggi vivono in condizioni di promiscuità, in ambienti ristretti e con scarso ricambio d’aria. La portaerei francese De Gaulle, tornata operativa da poco, ha dovuto rivedere tutte le procedure a bordo, imponendo una quarantena preventiva, una vaccinazione anticipata e una profilassi obbligatoria agli uomini. Ma la vita, a bordo, è quantomai angusta. La nave è concepita negli anni ’80. Ha corridoi stretti, che sboccano su camerate da 40 posti letto. Gli ingegneri e gli architetti navali si stanno mobilitando per il futuro, pensando a imbarcazioni a prova di epidemia.


Perché il Covid-19 ha lasciato il segno, colpendo le marine di mezzo mondo, da Taiwan all’Italia. La nostra fregata Margottini, ammiraglia dell’operazione Irini, ha vissuto momenti difficili lo scorso settembre: 60 militari su 186 si sono ammalati, compresi quattro dello Stato maggiore multinazionale, che erano a bordo. Nemmeno la vita delle missioni a terra è più fluida come prima. Mai come quest’anno le forze speciali statunitensi sono così poco impegnate all’estero: non accadeva dal 2001. Il crollo è verticale rispetto al 2020: meno 15%. Ci si è potuti preparare meno, con troppe restrizioni e niente stage oltremare, anche se i commando americani sono ormai orientati verso conflitti con pari grado. Sono 5mila in giro per il mondo, distribuiti in 62 Paesi. Il Pentagono non lo nasconde più. Ha un problema immenso con il suo personale. Ha un milione di uomini. Ne ha vaccinato finora solo il 30%. Un terzo rifiuta la profilassi, nonostante i 267.289 casi di Covid-19 fra le sue fila. Sarà un incubo avere forze immunizzate a sufficienza da spedire oltreconfine. Eppure il coronavirus ha già inficiato molte missioni. In Iraq e in Mali, l’Olanda ha ritirato gran parte del suo personale a causa della pandemia. L’Aja ha lasciato non più di una decina di ufficiali di Stato maggiore come consulenti del ministero della Difesa iracheno. In attesa di tempi migliori, manderà 100-150 militari vaccinati a proteggere le unità e i materiali della coalizione schierati all’aeroporto di Erbil, affiancando i colleghi americani.


Anche la Danimarca ha tirato i remi in barca. Nel Sahel, ha ridispiegato tutto il personale a Gao, in Mali, evacuando il Niger, più esposto alla pandemia. È un intero sistema di ingranaggi, un tempo rodato, ad essere andato in tilt. L’addestramento non scorre più come prima. In Francia e da noi vige la regola dei “tre terzi”. Si diminuisce per tre il volume del personale formato, così da avere dei dispostivi aerati ed evitare concentrazioni di soldati. Le attività si svolgono in tre tempi: una fase preparatoria, in cui i militari si equipaggiano con le protezioni antivirus e ricevono le consegne preventive, una fase di svolgimento dell’attività e una fase finale di uscita, con la decontaminazione. Occorre tempo. Inutile dire che l’addestramento ne risente. Ma è l’unico modo per proteggersi. Molte esercitazioni multilaterali sono annullate. È solo tra mille peripezie che si stanno tenendo questi giorni le manovre Defender Europe 2021. Il mondo militare è ancora a metà del guado.

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