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Pubblicato il 19/03/2020

RASSEGNA STAMPA: IL GIORNALISTA DE FEO PARLA IN MODO CRUDO DELL’IMPIEGO DELL’ESERCITO IN ITALIA E ALL’ESTERO

la Repubblica ed. Nazionale
sezione: MONDO data: 19/3/2020 – pag: 8

L’esercito

di Gianluca Di Feo

Vogliamo i colonnelli. Nell’Italia stremata dal virus tutti invocano i soldati. Il Nord soffocato dall’epidemia chiede ospedali da campo, sindaci e governatori vogliono fanti per sigillare la gente in casa. Le forze armate sono già in azione e sono pronte a fare di più. La vera domanda è: quale è il modo migliore di impiegarle? Nelle città sono schierati 7 mila militari, quelli dell’operazione Strade Sicure contro il terrorismo. Per avere un termine di paragone, la Spagna ne ha appena messi in campo solo 2600. Da noi ora bisogna riconvertirli alla guerra contro il virus. Sorvegliare monumenti chiusi e zone turistiche deserte è diventato inutile: ieri otto camionette sbarravano ancora le vie intorno al Colosseo, desolatamente vuote. Bisogna cambiare missione e la decisione spetta ai prefetti. Al Nord è già così. Cento soldati, ad esempio, si sono spostati sui valichi sloveni. In Campania lo faranno da oggi. Con queste risorse si possono rapidamente potenziare i controlli sui movimenti immotivati, senza altri rinforzi. Perché le nostre forze armate sono professionali ma piccole.

Dalla fine della leva sono state più che dimezzate e concentrate sulle missioni internazionali. Il migliore dei nostri ospedali da campo è in Libia, inutilizzato da mesi nell’aeroporto di Misurata, perché l’impegno ha seguito le direttive della politica estera: 7500 uomini e donne sono sparsi tra Africa, Medio Oriente e Balcani, con un secondo ospedale d’eccellenza in Afghanistan. E quei 15 mila soldati nel mondo o nelle strade patrie formano gran parte della componente operativa dell’Esercito: la riserva conta su meno di tremila unità.

La riduzione dei ranghi si è particolarmente accanita su medici e infermieri in divisa: dal 2010 ne è stato tagliato un quarto, quasi mille in meno. C’è un numero che permette di capire quante siano limitate le loro possibilità: per la sanità militare si spende lo 0,32 per cento del budget del Servizio sanitario nazionale. L’ospedale milanese di Baggio, il primo arruolato per accogliere i contagiati, fino a pochi mesi fa era stato degradato a day hospital senza ricoveri. Il Polo romano del Celio ha 1.096 persone: solo 626 sono qualificate, tra cui 146 medici e 40 specializzandi. Con 126 posti letto – un singolo nosocomio capitolino ne ha di più non può certo farsi carico dell’emergenza, anche se i suoi laboratori collaborano con lo Spallanzani.

Gli ospedali da campo ci sono: fortunatamente nel 2016 la ministra Roberta Pinotti stanziò 60 milioni per comprarne di moderni. I militari li possono montare però non hanno il personale per gestirli tutti. Il primo sarà installato a Piacenza in poche ore. Il secondo a Crema, dove però si attendono medici e infermieri cinesi e cubani. Hanno 30 letti e tre posti in terapia intensiva ma gli spazi ristretti non sono l’ideale per contenere il virus. Un paio di ospedali mobili restano di riserva mentre i genieri stanno aiutando ad assemblare la grande struttura campale “civile” dell’Associazione alpini a Bergamo, dove una ventina di dottori militari sono già accorsi nelle corsie affollate di vittime del Covid-19. Altri operano nella zona rossa di Codogno.

Non è chiaro se la Marina potrà dare un contributo incisivo. Il Covid-19 ha attaccato a Brindisi la base delle tre navi portaelicotteri, proprio quelle più utili per le operazioni umanitarie. Due ora sono in quarantena; in dubbio la possibilità di muovere la terza, la San Marco, che ha le apparecchiature migliori.
Sin dal primo giorno però le forze armate si sono mobilitate. Il ministro della Difesa Lorenzo Guerini è stato sindaco di Lodi, ha visto la gravità della situazione. L’aiuto più prezioso viene dalla sala bunker del Comando Operativo Interforze di Centocelle: il quartiere generale dell’emergenza. Lì si lavora H24 per rispondere alle richieste di intervento. È arrivo un ospedale mobile degli evangelici americani? Viene attivata l’Aeronautica, che lo fa atterrare a Verona e lo trasporta a Cremona. Le terapie intensive lombarde sono in crisi? Un ponte aereo di quadrimotori Hercules ed elicotteri Caesar, tutti con barelle speciali, trasferisce cinquanta pazienti verso altre regioni. La fabbrica dei respiratori non ha tecnici per aumentare la produzione? Eccone 25 dagli impianti della Difesa. Servono disinfettanti? Si attiva lo stabilimento farmaceutico militare di Firenze. A Bergamo non si sa più dove seppellire i morti? Un colonna dell’Esercito porta le bare verso i crematori di altre città, nella più triste delle missioni.
Questi sono i compiti che solo le forze armate possono svolgere. E saranno sempre più necessari. In un Paese con 250 mila tra carabinieri, poliziotti e finanzieri per occuparsi di sicurezza, conviene non sprecare le specializzazioni dei militari.

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