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Pubblicato il 17/10/2021

RASSEGNA STAMPA- IL MAGGIORE PARACADUTISTA DI EL ALAMEIN AURELIO ROSSI – AVVOCATO – INTELLETTUALE ED ESPLORATORE

Corriere della Sera
sezione: Lettere data: Domenica 17 Ottobre 2021 – pag: 29

La storia

«Aurelio Rossi, avvocato-ufficiale che amava l’Africa»

Aurelio Rossi nasce a Roma il 15 gennaio 1898, da una famiglia originaria di Monte Vidon Combatte (Fermo). Il padre, Francesco, abita nella centralissima piazza Pasquino, dove possiede un negozio di stoffe. Aurelio è volontario (maggio 1916) nella Grande guerra e diviene ufficiale degli Arditi meritando tre medaglie d’argento al valore. Studia giurisprudenza e sarà avvocato penalista d’un certo nome, e autore di alcuni scritti molto tecnici. Presto matura il suo amore per l’Africa; e lui stesso nel 1931 ricorda i suoi sei viaggi africani tra il 1921 e il 1930. Sono viaggi di avventura, per cacce ed esplorazioni, e appunto nel 1931 li descrive in un volume Tra elefanti e pigmei della Mondadori (tradotto in seguito in tedesco). In Africa è spesso con Vittorio Tedesco Zammarano, anche lui militare ed esploratore. Insieme girano il cortometraggio, d’un certo successo, «Hic sunt leones» (1923). È ancora volontario nel 1936, in Etiopia, con una medaglia di bronzo; e raccoglie memorie di caccia e di guerra in un testo litografato, Femmine di colore, che sarà edito solo nel 2011 da Mursia. Poi l’altra guerra; è ancora volontario, prima sul fronte greco, poi come maggiore, nel IX battaglione del 187° reggimento della divisione Folgore. Muore nella prima fase della battaglia di El Alamein (Alam el Halfa) il 4 settembre 1942 o perché, ferito, rifiuta di sottrarsi allo scontro (così la motivazione della medaglia d’oro) o perché (secondo testimoni) falciato su un carro inglese che tenta di far saltare.

Giancarlo Vallone

 La  medaglia d’oro al valor militare del Maggiore paracadutista Aurelio Rossi   riporta  questa motivazione: (…) distintosi in numerosi combattimenti per coraggio e sprezzo del pericolo, sosteneva in critica situazione un violento attacco di reparti corazzati, stroncandolo ed infliggendo all’avversario gravi perdite di uomini e mezzi. Posto quindi a presidio di una postazione divenuta l’obiettivo centrale dell’offensiva avversaria, resisteva con tenace fermezza, sempre presente fra i suoi uomini nei punti più esposti, a violentissimi reiterati attacchi che rintuzzava con audaci contrattacchi. Ferito gravemente rifiutava di lasciare il comando del battaglione e indomito persisteva nella cruenta impari lotta. Colpito mortalmente pronunciava fiere parole animatrici per i suoi soldati ed immolava con sublime eroismo la sua vita educata al più puro amore di Patria e alla sacra religione del dovere (…).

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