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Pubblicato il 02/10/2019

RASSEGNA STAMPA: IL RESTO DEL CARLINO PARLA DEL PRESIDENTE ANPDI DI REGGIO EMILIA

RESTO DEL CARLINO
2 ottobre
PRIMO PIANO pag. 7
Un volo lungo 80 anni e 4.500 metri

Franco Mattioli celebrerà il compleanno lanciandosi col paracadute
di FRANCESCO GIRO UN BUON modo per festeggiare il compleanno? Buttarsi col paracadute da 4500 metri. Meglio poi se le candeline da spegnere sono 80. Domenica al campovolo un paracadutista reggiano della vecchia guardia, Franco Mattioli (Presidente dell’Associazione Nazionale Paracadutisti sezione di Reggio, al centro nella foto) festeggerà l’importante traguardo con un lancio tandem. Un evento più unico che raro, anche se lo stesso Mattioli sottolinea che qualcun’altro prima di lui era riuscito nell’impresa: «Nell’Anpdi questa è quasi una tradizione. Anche il mio predecessore, Umberto Simonini, aveva festeggiato i suoi 80 anni con un lancio». Come cominciò questa sua passione? «Ho iniziato nel 1962, durante la leva militare: facevo parte del Primo gruppo tattico nella Folgore. La passione però è nata ben prima. Da ragazzo infatti frequentavo il Piccolo Bar in Via Emilia, dove si parlava solo di questo. In quel gruppo di amici siamo diventati tutti paracadutisti». Quando è diventato presidente dell’Anpdi? «Nel 2012, ma prima ho ricoperto altre cariche. Mi sono preso una pausa fino al 1975, per ragioni famigliari, ma da quel momento in poi la mia passione non si è più interrotta». La sezione di Reggio, poi, è tra le più importanti d’Italia. «Esatto. Nel nostro paese ci sono solo 2/3 scuole di paracadutismo: i ragazzi vengono qui da ogni parte d’Italia, e il 90% di loro intraprende i corsi per diventare militare. La scuola ha riaperto da quasi tre anni, e ci stiamo togliendo tante soddisfazioni: ad agosto abbiamo vinto il campionato nazionale di precisione. Cosa ha spinto un neo ottantenne a compiere un’impresa del genere? «Non mi piace vederla come un’impresa, il paracadutismo di per sè non ha limiti di età: se te la senti, puoi farlo. Quello che mi motiva maggiormente è tentare di promuovere quanto più possibile questo bellissimo sport. Dopo la trasformazione del Campovolo in arena concerti, poi, ce n’è particolare bisogno…». Cosa si prova durante un lancio da più di 4000 metri? «Questo cambia da persona a persona. Io ho iniziato a lanciarmi da aerei che viaggiavano a 220 chilometri orari, insieme ad altre 40 persone. Il senso di vuoto, a quella velocità, non lo senti». Non ha mai avuto paura? «No, per me fin dagli inizi è stato come andare dal dentista: lo dovevo fare e basta. Il timore più grande sarebbe stato quello di tornare al bar e dire ai ragazzi che non ero riuscito a lanciarmi (ride; ndr)».

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