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Pubblicato il 01/12/2014

RASSEGNA STAMPA: IL TEMPO DI ROMA PARLA DELLA MANGUSTA

di Maurizio Gallo

SIENA Il rombo del « Lince » spezza il placido silenzio della campagna senese. Quattro parà si appostano e stabiliscono la « base di fuoco» protettiva davanti al casolare abbandonato per « coprire» i commilitoni che avanzano sul mezzo blindato: il dito sui grilletti dei fucili d’assalto assalto « Arx 160 » e delle mitragliatrici leggere « Minimi », che sputano 700 proiettili da 5.56 56 millimetri al minuto. Gli altri ragazzi della Folgore scivolano giù dal veicolo verde e si muovono come una sorta di « trenino », le armi spianate a 360 gradi verso i quattro punti cardinali in modo da controllare qualsiasi movimento intorno a loro. L’obiettivo è rastrellare l’edificio edificio e trovare eventuali nemici e neutralizzarli. È un momento dell’operazione operazione « Mangusta », un’esercitazione che si svolge ogni anno in Toscana. Lo scenario è molto simile a quello di una delle tante crisi avvenute in passato o tuttora in corso. Il Paese « Tytan » viene invaso dai « cattivi » di « Kamon » e, con una risoluzione Onu, ottiene l’aiuto aiuto delle forze Nato (i « buoni »), che devono ripristinare l’integrità territoriale della nazione attaccata. Gli invasori, agli ordini del colonnello Roberto Trubiani, comandante del 186 ° reggimento Folgore di stanza a Siena hanno quattro « Tai », cioè « target of interest », in cui si devono infiltrare. In un salone è stato ricostruito con mezzi « casarecci» ed economici un grande plastico della zona teatro delle manovre, in corso dal 24 novembre al 5 dicembre nel quadrilatero Cecina- Grosseto- Volterra- Siena. L’ovatta colorata di verde per simulare gli alberi, fogli celesti per indicare il mare, scatole di munizioni vuote per le case. L’esercitazione esercitazione coinvolge 1.150 uomini: 862 paracadutisti della brigata Folgore (210 nei panni dei « cattivi » e 324 militari dell’Esercito Esercito (circa 60 « cattivi »). Tra questi ultimi ci sono 45 Parà Usa della 173a Airborne Division, 25 Carabinieri paracadutisti del Tuscania, 90 uomini del 1 ° Reggimento Granatieri di Sardegna (le forze locali del Paese aggredito), 62 Lagunari del Reggimento Serenissima, e poi esperti di guerra elettronica, alpini, cavalieri, genieri e aviatori dell’esercito esercito e dell’Aeronautica . Non mancano i mezzi: 214 fra autoveicoli tattici e veicoli speciali, un elicottero CH47 47 e un AB 205 impiegati per infiltrazioni operative ed eventuali emergenze mediche, quattro aerei da trasporto C130 , quattro battelli Zodiac per le infiltrazioni operative dal mare, 140 radio, satellitari e non, 15 apparati per la geolocalizzazione di uomini e mezzi sul terreno. Un dispositivo imponente, sofisticato ed estremamente efficace, in buona parte lanciato dal cielo col buio e montato in tempo record. Sì, perché è una simulazione, non un gioco. E tutto deve funzionare alla perfezione, come se si fosse davvero in battaglia. I « cattivi » attaccano con quattro compagnie. La compagnia Alfa proviene dal mare e risale un canale nottetempo sugli Zodiac per infiltrarsi nel « Target of interest » di Gavorrano- Ribolla; la Bravo si lancia col paracadute e si dirige verso Radicondoli; la Charlie punta sulla « Tai » di Massa Marittima- Monticiano e la Delta usa gli elicotteri per raggiungere Civitella Marittima. A cercare di prevenire le « infiltrazioni » nemiche ci sono i « buoni » agli ordini del colonnello Franco Merlino, comandante del 183Â ° Reggimento parà Nembo, muniti anche di missili « Stinger», che viaggiano a 700 metri al secondo e possono abbattere un velivolo a oltre 4 chilometri. La loro missione principale è garantire la sicurezza dell’aeroporto aeroporto di Ampugnano, un punto nevralgico per fare entrare le truppe nell’area area. Ma il loro compito non si limita ad allargare la « bolla di sicurezza » per consentire l’arrivo arrivo di rinforzi. I 600 uomini, con il supporto di cani molecolari, devono scovare e neutralizzare gli « infiltrati » (come nel caso del casale rastrellato). A tale scopo intercettano le comunicazioni in codice per scoprire le mosse degli invasori. Non mancano, però, le informazioni raccolte in maniera più semplice e diretta, cioè chiedendo al postino, al negoziante o al netturbino se hanno visto dei soldati e dove andavano. La gente ormai è abituata da anni e collabora volentieri, quasi divertita. Alcuni giudici di campo vigilano sull’esercitazione esercitazione e danno punteggi da zero a cento ai due schieramenti. Ma a che serve tutto questo? Non si tratta di manovre finalizzate unicamente a un’ipotetica ipotetica guerra o a un’invasione invasione armata. Alluvioni e terremoti hanno visto questi soldati intervenire in poche ore sui luoghi della tragedia e dare sostegno e soccorso alle popolazioni colpite, com’è accaduto d recente a Genova, Parma e Alessandria. « L’esercitazione Mangusta è una tappa del processo di transizione e di verifica di un approccio multidisciplinare e multiforze», spiega il colonnello Alessandro Albamonte, vittima nel 2011, quando era Capo di stato maggiore della Folgore, di un attentato con un plico esplosivo che gli è costato un occhio, quattro dita e 21 mesi di convalescenza. Albamonte, responsabile dello studio sul potenziamento della brigata di paracadutisti, che oggi conta 5.000 000 uomini e assiste all’ingresso ingresso nei suoi ranghi di nuovi reparti, sottolinea che sono proprio gli errori lo scopo dell’addestramento addestramento. « Oltre a verificare che cosa non funziona, dallo stivaletto che si rompe alla sicurezza dei passaggi di consegne, per il parà l’addestramento è indispensabile perché salva la vita in missione – fa notare – Ci prepariamo alle insidie dei moderni scenari operativi e cerchiamo di minimizzare i danni collaterali sui civili e di portare alla massima efficienza un meccanismo indispensabile anche in caso di calamità naturali. Non ci sono vincitori o vinti. Non serve. A vincere è soltanto l’addestramento addestramento. E, in caso di missioni pericolose, le lezioni apprese sono meno casse da morto da rimpatriare… »

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