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Pubblicato il 23/03/2023

RASSEGNA STAMPA – LA FOLGORE IN LIBANO

( il col Paduano, comandante ITALBATT. Cortesia Pisa today )


LIVORNO TODAY del 22.3.23

Il loro compito è forse il più delicato perché un altro conflitto in Libano non se lo augura nessuno: far rispettare la risoluzione Onu 1701 che prevede il monitoraggio della Blue line (la linea di demarcazione tra Israele e Libano), evitare passaggi di persone, soprattutto verso Israele, e far rispettare il cessate il fuoco in vigore dal 2006, al termine della “guerra dei 34 giorni”. Inoltre, sempre in ossequio alla risoluzione Onu, assistono il governo libanese e le forze armate e – non di secondo piano – assistono la popolazione, in particolare in questo momento di gravissima crisi economica. Sono gli uomini che compongono Italbatt, uno dei 5 battaglioni (gli altri sono malesi, ghanesi, sudcoreani e irlandesi) nel settore ovest, nel sud del Libano, guidato dalle brigata paracadutisti Folgore (ha sede a Livorno) e dal suo comandante, il generale Roberto Vergori.


I parà di Italbatt, invece, sono guidati dal colonnello Dario Paduano, comandante del 187° reggimento paracadutisti. L’ufficiale coordina altri reparti appartenenti alla Brigata: il 3° reggimento Savoia Cavalleria (Grosseto), l’8° reggimento Genio guastatori dei parà (Legnago), il 1° reggimento Logistico (Pisa) e reparti di altre armi. Italbatt si trova in una posizione invidiabile ad Al Mansouri, sulla costa, proprio di fronte al Mediterraneo dalle acque blu elettrico che si confondono con il cielo. In distanza si distingue la città di Tiro che ‘entra nel mare’: la lingua di terra fu creata da Alessandro Magno, per far affluire le truppe, quando conquistò la roccaforte fenicia nel 332 a.c.)


“Svolgiamo di frequente attività congiunte con le Laf (Lebanese armed forces) e tra le principali c’è il pattugliamento della Blue line, dove non abbiamo registrato gravi violazioni proprio grazie all’impegno nei controlli. Noi non addestriamo la Laf, ma ci addestriamo con loro. I genieri spesso sono di supporto anche alla popolazione locale, di cui riceviamo le richieste attraverso le municipalità” spiega il colonnello. Oltre alla parte strettamente militare della missione di peacekeeping Unifil, sono tanti gli interventi legati alla cooperazione civile e militare e sanitaria “un impegno costante per 24 ore al giorno”. Anche Paduano sottolinea “l’ottimo rapporto con i libanesi e da parte loro riceviamo grande considerazione stima. Per noi è un continuo addestramento, oltre quello svolto in Patria prima di intraprendere la missione, e per ora la situazione è tranquilla anche se siamo sempre pronti a ogni evenienza”.


I libanesi chiedono soprattutto assistenza sanitaria, pozzi per l’acqua, energia elettrica e impianti fotovoltaici. La missione Unifil, iniziata nel 1978 dopo la risposta militare di Israele agli attacchi dei palestinesi dell’Olp nei confronti dei civili israeliani, “è vista come una garanzia di sicurezza. I caschi blu sono un elemento di stabilità. L’approccio dei soldati italiani, poi, la cosiddetta ‘italian way’, è vincente” continua Paduano. Anche perché, conclude il colonnello rispondendo ai giornalisti italiani, “in questa società non ci sono divisioni né difficoltà di integrazione tra cristiani e musulmani. Le Forze armate, infine, hanno la stima dei cittadini e sono uno dei punti di forza in questo momento difficile da punto di vista economico e sociale”.

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