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Pubblicato il 01/03/2021

RASSEGNA STAMPA: LA NAZIONE- PISTA SOMALA PER L’OMICIDIO DELL’INCURSORE MANDOLINI

LA NAZIONE
LIVORNO pag. 5
Per l’omicidio Mandolini c’è la pista della Somalia

In Procura a Livorno la nuova ipotesi investigativa del criminologo Carbone «La morte del maresciallo della Folgore legata a quella di Li Causi a Balad»
LIVORNO Un duplice fil rouge: dagli scogli del Romito di Livorno a Balad, in Somalia; poi da Ancona, dove vive la famiglia Mandolini, alla stessa Balad. Un duplice fil rouge per due morti eccellenti: quella del maresciallo Vincenzo Licausi, ucciso nel 1993 in un agguato in Somalia, e appunto quella del maresciallo della “Folgore” Marco Mandolini, trovato morto, massacrato sulla scogliera labronica il 13 giugno del 1993, 26 anni fa tra pochi mesi. E’ questa la nuova pista investigativa che dovrà essere valutata dal giudice per le indagini preliminari livornese quando leggerà la richiesta di opposizione alla archiviazione della procura depositata qualche giorno fa e comunicata al legale della famiglia Mandolini, Bruno Latini, e al criminologo Federico Carbone che si sta occupando di questo giallo. Carbone ha sviluppato questa nuova pista con un lavoro investigativo minuzioso «supportato da elementi oggettivi – ci dice – che in questo momento non possiamo svelare». Elementi che ha portato all’attenzione anche di altre Procure del Sud e che avrebbero trovato riscontri. Per la prima volta questa nuova ipotesi investigativa arriverà al Palazzo di Giustizia di Livorno. «Marco Mandolini – ci racconta Carbone – conosceva Vincenzo Li Causi e non era convinto della versione ufficiale che voleva quest’ultimo ucciso in un agguato a Balad. Potrebbe essere questo il movente dell’omicidio del maresciallo della Folgore. Omicidio che peraltro potrebbe essere stato commesso prima dell’ora cristallizzata dal medico legale livornese». Ed ecco che Carbone svela un altro particolare importante. Sostiene di avere una testimonianza che scotta: una persona dice di aver saputo il 12 giugno, quindi un giorno prima del ritrovamento del cadavere di Mandolini, che un militare della Folgore era stato ucciso. Questo testimone all’epoca del delitto svolgeva un lavoro particolare. E’ stato sentito dal criminologo e da Francesco Mandolini, fratello di Marco, in una località segreta in Toscana. «Porteremo all’attenzione del giudice delle indagini preliminari di Livorno materiale che riteniamo attendebile e scottante. Speriamo che voglia ascoltarci e valutare – aggiunge ancora Carbone – Questa morte ha bisogno di dignità e giustizia». In questi 26 anni alla famiglia di Marco Mandolini sono arrivate tante “rivelazioni” fra lettere e testimonianze che rafforzerebbero una tesi precisa: Marco Mandolini, caposcorta del generale Bruno Loi nella missione in Somalia, era un personaggio”scomodo”, sapeva tante cose, troppe, e avrebbe potuto rivelare segreti e fattacci: doveva morire. Maria Nudi

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