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Pubblicato il 14/04/2018

RASSEGNA STAMPA LA PRIMA DONNA PILOTA AL CORRIERE DELLA SERA

Corriere della Sera
sezione: Cronache italiane – Interni data: Venerdì 13 Aprile 2018 – pag: 2

La prima donna pilota di linea: «Così si atterra su un ghiacciaio»

Fiorenza, 90 anni e 7 mila ore in cabina: «Ma da piccola volevo fare la montanara»
di Elisabetta Rosaspina

«Come si atterra su un ghiacciaio? Beh, è facile. Ti devi posare in salita e a tutto motore, poi ti giri piano piano e metti l’aereo di traverso. Decollare è ancora più semplice: riparti in discesa e, quando sei nel vuoto, riprendi velocità, e poi… Poi vai». Raccontata da Fiorenza de Bernardi, la prima donna pilota di linea nella storia dell’aviazione italiana, la quarta al mondo (anche le americane sono arrivate dopo di lei), e la prima italiana a ottenere il brevetto di pilota di montagna, ogni manovra nei cieli ha la leggerezza di una passeggiata, la felicità di una scommessa vinta, la soddisfazione di una battaglia combattuta fino in fondo. Perché non era facile, 50 anni fa, per una donna, togliere dalle mani maschili la cloche di un aereo passeggeri, indossare la divisa di comandante su un volo di linea, partecipare ai corsi di addestramento alla base militare di Alghero o sui jet a Mosca, ancora capitale dell’Unione Sovietica, e poi farsi affidare uno Yak40, storico trimotore russo, o un DC8.

A 90 anni, da compiere il prossimo 22 maggio, la comandante de Bernardi è una leggenda per le migliaia di pilote europee e transoceaniche cui ha aperto la strada. E forse volerebbe ancora, ogni tanto, se un catastrofico incidente (d’auto) non l’avesse costretta a terra dal 1985: «Colpa di un muro che non si è spostato quando ho avuto un colpo di sonno» sdrammatizza, seduta a un tavolo del «Panamino», il chiosco del parco di Villa Ada, a Roma. «Non volo più — informa –. Ho chiuso, non mi piace farmi trasportare come un sacco di patate».

Le biografie calcolano che nella sua carriera abbia trascorso in cabina di pilotaggio non meno di 7.000 ore: «Trentacinque anni della mia vita. A dire il vero da ragazzina adoravo l’alta montagna, ho girato tutte le Alpi a piedi, d’estate e d’inverno: sognavo di comprarmi una baita in Trentino e vendere salsicce. Poi, però, mio padre…».

Suo padre era Mario de Bernardi, pioniere dell’aeronautica italiana, e la piccola Fiorenza gli trotterellava dietro, negli aeroporti dove il campione d’acrobazia e di velocità aveva accumulato record mondiali, trofei internazionali come la mitica Coppa Schneider per idrovolanti, e l’ammirazione di Gabriele d’Annunzio: «Dell’ala fa l’emula della folgore» si era entusiasmato il Vate. «Mio padre diventò il mio istruttore più severo. Mi chiudeva l’indicatore di velocità e l’indicatore di quota perché, diceva, devi saper atterrare anche senza gli strumenti: l’aereo, devi sentirlo con il sedere. Non lo avvisai la mattina del mio primo decollo da sola, su un FL3, un biposto monomotore ad ala bassa. Volevo risparmiargli il momento più difficile per un istruttore: quando l’allievo finalmente parte da solo».

Le gare, i circuiti aerei sulla Sicilia, i raid in Portogallo, dove re Umberto in esilio volle conoscerla: negli anni ’50, per Fiorenza de Bernardi, volare era divertimento puro. Anche quando, con il padre, furono costretti da un guasto al motore sopra San Pietro a un atterraggio d’emergenza nel parco di casa dell’ambasciatore sovietico. Un’altra volta atterrò con un monomotore sull’Adamello, quando le nubi si chiusero all’improvviso: «Per fortuna era bloccato lì, con il suo Piper e un allievo, anche Erich Abram, membro della spedizione sul K2 di Ardito Desio, e ci costruimmo un igloo per la notte».

Le vere difficoltà cominciarono verso il 1967, quando la figlia dell’asso de Bernardi brillava già di fama propria fra gli aviatori, ma non nelle compagnie aeree. Assunta all’Aeralpi come pilota di linea tra Milano, Cortina e Venezia, si scoprì «trasparente agli occhi dei colleghi. Finché li affrontai in romanesco: ecché, annate a magnà? Bene, vengo con voi. A mensa, chiarii: guardate che sono qui e ci resto. Da quel momento tutto si sistemò». Pretese la gonna, per divisa: «Perché si vedesse da lontano che ero una donna». Nel ’69 arrivarono i gradi di comandante, all’Aertirrena e, nel ’71, l’incarico di volare con lo Yak 40 in Australia, attraverso la Turchia, l’Iran, l’India, la Birmania, la Thailandia, Singapore e Bali.

Non ha mai sognato, comandante de Bernardi, di spingersi più in là, magari nello Spazio? «No, grazie, non mi interessa stare dentro un affare che gira attorno alla Terra».

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