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Pubblicato il 22/09/2021

RASSEGNA STAMPA- LA STORIA DELL’INNO “GIOVINEZZA”

La Repubblica ed. Torino
sezione: SPETTACOLI data: 22/9/2021 – pag: 13

Flashback

“Addio giovinezza” ben altro che un inno fascista

di Donata Pesenti Campagnoni Fu un successo musicale che attraversò i primi decenni del Novecento e che diede vita, fin dalla nascita, a una non meno fortunata commedia, a un’operetta e a ripetute proposte cinematografiche e sceneggiati televisivi. Sto parlando di “Giovinezza giovinezza”, solitamente nota come inno fascista, che ha in realtà una lunga e sfaccettata storia. Incomincia nel 1909, quando il compositore Giuseppe Blanc e il poeta, commediografo e regista Nino Oxilia scrivono rispettivamente la musica e le parole de “Il commiato”: un inno voluto dai laureandi in Giurisprudenza dell’Università di Torino per celebrare la fine della giovinezza e, con essa, dei «giorni lieti degli studi e degli amori». Sarebbe diventato un canto di vittoria degli Arditi, durante la prima guerra mondiale, e poi, tra una riscrittura e l’altra, la canzone “Giovinezza! Inno trionfale del Partito fascista”, il cui testo fu definitivamente rivisto da Salvator Gotta. Nel frattempo, nel 1911, il tema della canzone era stato tradotto in una commedia ambientata nel clima goliardico dell’epoca e incentrata sulla storia d’amore tra la sartina Dorina e lo studente Mario che, dopo la laurea, se ne andrà per la sua strada. Fu scritta a quattro mani dallo stesso Oxilia e da Sandro Camasio, due giovani protagonisti della goliardia torinese d’inizio Novecento uniti da un sodalizio umano e artistico ma anche da un tragico destino che li vide morire giovanissimi: Camasio di meningite, nel 1913, e Oxilia al fronte, nel 1917. Intrisa di atmosfere crepuscolari, “Addio giovinezza! Commedia in tre atti” furoreggiò sui palcoscenici del teatro Manzoni di Milano e poi del Carignano di Torino poche settimane prima dell’apertura dell’Esposizione Universale di Torino, il 29 aprile 1911. Ebbe altrettanto successo quattro anni dopo sotto forma di operetta musicata da Giuseppe Pietri, con i versi di Alessandro De Stefani e rappresentata per la prima volta al Teatro Goldoni di Livorno. Vi furono inoltre ben quattro versioni cinematografiche (a firma dello stesso Camasio, di Augusto Genina e di Ferdinando Maria Poggioli) e tre sceneggiati televisivi (di Sandro Molinari, Silverio Blasi e Antonello Falqui). Per inciso, l’ultimo ebbe tra i protagonisti una Gigliola Cinquetti perfetta nel ruolo di Dorina. Alcuni anni dopo, nel 1982, Edoardo Sanguineti avrebbe scritto nella presentazione che accompagnava la ristampa del testo: «Assai più che un testo, variamente gestibile e declinabile, “Addio giovinezza!” fu, e rimane, l’emblema di un’intera congiuntura storica nazionale».
Chi volesse ripercorrere la storia di “Addio giovinezza” può visitare la mostra “Cinema d’Archivio” allestita dall’Archivio Storico dell’Università in occasione della Notte Europea dei Ricercatori, il 24 e 25 settembre.

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