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Pubblicato il 30/07/2015

RASSEGNA STAMPA: L’ESPRESSO PARLA DEI MILITARI ALL’EXPO E DEL LORO ECCELLENTE E CICLOPICO LAVORO DI CONTROLLO

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sezione: NEWS data: 6/8/2015 – pag: 40
Dietro le quinte – Una notte all’Expo

Soldati, cani anti-bombe, scanner. E un controllo accurato dei 500 camion che riforniscono gli stand. Ecco cosa succede quando i visitatori se ne vanno
per l’Espresso

L’altro volto dell’Expo è una fortezza. Quando gli ultimi visitatori escono dai cancelli, l’Esposizione indossa la tuta mimetica. I padiglioni diventano un bunker, protetto da un dispositivo militare hitech. Ci sono pattuglie con visori infrarosso, cecchini sui tetti, squadre antibomba. L’atmosfera è quella di un film d’azione, come se si aspettasse da un momento all’altro l’incursione di un commando jihadista. Una minaccia non remota, se si pensa ai devoti dello Stato islamico arrestati in Lombardia la scorsa settimana. La missione impossibile qui è un’altra: setacciare ogni notte 500 tra camion e furgoni che riforniscono l’Esposizione milanese. E impedire che possano infiltrare armi e ordigni tra i padiglioni che sino a ottobre ospiteranno presidenti e sovrani di tutto il pianeta. Quando la prefettura si è posta il problema mancava meno di un mese alla grande inaugurazione. La soluzione l’ha escogitata il colonnello Luca Franchini, comandante della Voloire, la storica artiglieria a cavallo, che da quando è nata l’Italia è il reggimento di Milano.
Il piano è la sintesi dell’esperienza operativa che l’Esercito ha raccolto in venticinque anni di spedizioni all’estero, dalla Somalia al Libano, dall’Iraq all’Afghanistan, mettendo in campo gli uomini e le tecnologie migliori.
La prima regola è dividere il serpentone di rifornimenti che nell’oscurità si accalca ai varchi dell’Expo. Venti alla volta, i mezzi vengono parcheggiati con le portiere aperte in tre distinti recinti, chiamati “polmoni”. In un ufficio isolato, la polizia verifica i documenti di autisti e facchini, che non possono vedere cosa avviene nel piazzale. A quel punto si scatena il cane, un cucciolone impegnato in un gioco ad alto rischio: scoprire l’esplosivo nascosto tra i carichi. In genere, quelli delle forze dell’ordine vengono addestrati premiandoli con un ghiotto boccone per ogni ordigno scovato. «Noi abbiamo dovuto educarli in modo diverso. In zona di guerra non si può prevedere quante saranno le minacce e c’è il rischio che dopo i primi controlli un animale sazio perda stimoli nella ricerca», spiega il maresciallo venuto dal centro cinofili di Grosseto. Ogni conduttore vive in simbiosi con il suo cane, vivono sempre insieme a casa e in caserma: la caccia alle bombe si trasforma in una festa, il momento della complicità ludica. Il labrador si lancia nelle cornucopie ruotate che custodiscono ogni tipo di leccornia e gli ingredienti più esotici per i ristoranti di cento nazioni, ficca il naso tra i cartoni e negli abitacoli, finché non si ferma e scodinzola puntando il bersaglio. Che potrebbe essere la vera bomba mentre in realtà è il panetto di esplosivo piazzato apposta per chiudere la partita a nascondino e soddisfare infine lo sforzo del segugio. Quattro cani si alternano ogni notte in questo torneo per cacciatori di tritolo. Sono veterani, che hanno rodato il fiuto scovando trappole mortali a Herat o sulla frontiera dei conflitti libanesi. Non è un’eccezione. Qui i soldati sono tutti professionisti con alle spalle un paio di missioni in prima linea: sanno che la routine non esiste e gli errori si pagano con la vita. Dopo i cani tocca agli specialisti Nbc venuti dal comando di Civitavecchia, che scrutano i veicoli con gli sniffer ossia sensori che sentono la presenza di gas velenosi e armi chimiche, per poi passare ai contatori che rilevano la radioattività. A cinquanta metri, in posizione sicura, ci sono gli artificieri della brigata Ariete. Hanno due robot teleguidati, con ottiche infrarosso per guardare nel buio e cannoni con getti potentissimi d’acqua per smantellare gli inneschi. In caso di necessità, gli uomini agiscono di persona indossando tute corazzate, le stesse del film “Hurt locker”, oppure gli scafandri gialli che proteggono da batteri, sostanze chimiche e radiazioni. Il primo check dei camion dura circa mezz’ora. Poi, come in una catena di montaggio, si passa alla fase successiva: i raggi X. I veicoli formano una fila e un colossale apparecchio montato su un tir gli scorre accanto, scansendo l’interno: è la prima volta che uno strumento del genere viene impiegato nel nostro paese. Avete mai visto la radiografia di un’autocompattatore della nettezza urbana? Somiglia a un’opera di Andy Warhol. Lo scheletro metallico si colora di tonalità diverse a seconda dei materiali, dal verde brillante al rosso fuoco. Nella sala regia due sottufficiali ingrandiscono le zone dove potrebbe essere nascosta un’arma, dalle imbottiture dei sedili ai serbatoi di lubrificante. Tutto è trasparente, non ci sono angoli oscuri. Ed è solo a questo punto che il mezzo può entrare nella zona rossa di Expo e scaricare il suo fardello di cibi e bevande. C’è pure una corsia preferenziale con verifiche meno pesanti, riservata ai fornitori abituali, con personale accreditato e veicoli che di giorno devono restare in garage sotto chiave e videosorvegliati: anche per loro però le radiografie sono obbligatorie, come l’esame anti-bomba. Senza non si può accedere ai viali, presidiati da fanti, lagunari, para’, alpini e artiglieri che imbracciano il fucile d’assalto. Per contribuire alla sicurezza della metropoli lombarda ne sono stati schierati ben 1600, provenienti dai reparti di tutta la Penisola. Metà formano la Task force Expo, guidata dal colonnello Franchini con un vantaggio strategico: hanno sede nella storica caserma cittadina della Voloire, che permette di raggiungere in pochi minuti l’Esposizione. L’altra metà fa capo a un raggruppamento comandato dal colonnello Luca Babbo, basato nel Novarese, con pattuglie che notte e giorno fanno la guardia al perimetro esterno dell’evento, alle stazioni ferroviarie e agli aeroporti. Il coordinamento avviene nella sala operativa della prefettura, dove centinaia di telecamere permettono sempre di avere un quadro della situazione. Finora gli allarmi sono stati pochissimi e tutti privi di fondamento. Ma anche in questo caso l’Expo sta diventando un modello, con delegazioni arabe e asiatiche che dopo avere visitato i padiglioni chiedono notizie anche della “fabbrica” che ha battuto ogni record, ispezionando e radiografando più di 10mila camion al mese.


I MILITARI IMPEGNATI SONO 1600. E HANNO TUTTI ESPERIENZE IN TEATRI INTERNAZIONALI DI GUERRA

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