CRONACA AGGIORNATA OGNI ORA

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Pubblicato il 27/12/2013

RASSEGNA STAMPA SUL 183mo NEMBO

RAINEWS 24 TELEGIORNALE DELLE ORE 13 – 26.12.2013

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RESTO DEL CARLINO- QN – IL GIORNO ed Nazionale del 27.12.2013
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«Lasciamo l’ultima base avanzata» L’Italia e la missione Afghanistan
A fine gennaio i nostri soldati si ritireranno dal fronte di Shindand
SHINDAND (Afghanistan) «SODDISFATTO? Sarò soddisfatto quando tornerò a Pistoia con tutti i miei uomini, una volta fatto il lavoro che ci hanno affidato». Il colonnello Francesco Merlino, comandante del 183°Nembo della Folgore, che è di stanza nella città toscana, è un uomo concreto, dal quale dipendono 640 uomini schierati per la metà nella provincia di Herat e per metà a Shindand, l’ultima base avanzata italiana, che restituiremo all’esercito afghano tra il 26 e il 28 gennaio. Dopo quella di Farah, Shindand. Il nostro contingente resterà (quasi) solo nella base di Camp Arena, a Herat, in vista della chiusura della missione Isaf, a fine 2014. A Shindand che sorge attorno a un grande aeroporto costruito dai sovietici resteranno gli afgani, 1500 americani e 35 uomini dell’Aeronautica Militare impegnati nella formazione dell’aeronautica afgana. «Non è una ritirata osserva Andrea Margelletti, presidente del Cesi e consigliere del ministro Mauro ma un rischieramento progressivo che ha visto consegnare le nostre basi avanzate all’esercito afgano, che per adesso le sta tenendo bene». Chi è sul campo, conferma. «È normale che gli insorgenti ci provino e ci riprovino, una volta che ce ne siamo andati osserva il colonnello Merlino ma la verità è che il passaggio di consegne delle basi avanzate sta andando in modo ordinato, e che l’esercito afgano, pur avendo meno tecnologia di noi, ci ha messo molto impegno e molti uomini e sta facendo egregiamente. Li abbiamo addestrati noi, e poi sono guerrieri nati: i talebani non passeranno». Anche a costo di non poche perdite. «CHE CI SIA attività da parte dell’insorgenza, che qui è prevalentemente costituita da bande criminali spiega il generale Michele Pellegrino, comandante della Brigata Aosta e del comando regionale Ovest della missione Isaf è un fatto, ma non è tanto determinato dal fatto che ce ne stiamo andando. Il punto è che nel sostituirci gli afghani ci mettono molto impegno, non si limitano a proteggere le basi ma vogliono controllare il territorio: il che fa pagare loro un prezzo, ma fa anche ben sperare per il futuro. Hanno motivazioni, volontà. Del resto, in questi mesi abbiamo condotto 40 operazioni a supporto a operazioni guidate e condotte dalle forze di sicurezza afgane. Il che la dice lunga sulla loro crescita, sulle capacità operative acquisite e sulla responsabilità che si stanno assumendo». Ma in Afghanistan nulla è garantito. Le elezioni di primavera saranno un momento delicatissimo. «Il problema spiega il generale Giorgio Battisti, capo di stato maggiore di Isaf, a Kabul non è tanto militare, ma politico. L’insorgenza afghana oggi non è paragonabile a quella siriana, fa danni ma è gestibile. Le forze di sicurezza afgane che hanno ormai 380mila effettivi, possono controllarla. Il problema è la transizione dall’era Karzai alla successiva. Una transizione delicata come quella del ’48 in Italia». «Con l’uscita di scena del presidente Karzai dopo 12 anni prosegue ci sarà un colossale spoil system e ci saranno inevitabili tensioni tra le componenti della società afgana, anche intense, che potrebbero mettere in secondo piano la lotta all’insorgenza». È su questo che contano i signori della droga, la mafia del contrabbando, i talebani. Militarmente deboli, questa è la loro unica speranza. Solo la corrotta classe politica di Kabul, implodendo in guerre per clan e delegittimandosi ulteriormente, può perdere una guerra già vinta.

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