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Pubblicato il 07/11/2014

RASSEGNA STAMPA: VERONA RICORDA UN PIONIERE DEL PARACADUTISMO DEL NOVECENTO


ARENA DI VERONA DEL 7 NOVEMBRE 2014

PERSONAGGIO
Benciolini, appassionato di volo, ricorda l’avventuroso veronese che amava il cielo e le invenzioni
Turri, il pioniere che si lanciò dal campanile col paracadute

Chiara Tajoli

Per testare la sua creazione si ferì più volte ma alla fine vinse i Mondiali di precisione nel 1925 e stabilì due primati mondiali


C’è anche un veronese tra i pionieri dell’aria. È Albino Turri, nato nel 1899, inventore dell’omonimo paracadute che all’inizio testò in modo «fai da te», prima su un declivio, rimediando parecchie ammaccature, e poi lanciandosi dal campanile della chiesa di Poiano, fratturandosi in più punti.
Ma il temerario Turri non era uomo da arrendersi. Continuò a modificare e a migliorare la sua «creatura», testandola personalmente. E finalmente nel 1922 si lanciò in modo «ufficiale» a Villacoublay, in Francia.
Questa volta andò meglio: Turri non collezionò ferite ma gloria. Nel 1925 si aggiudicò il campionato mondiale di precisione a Firenze e l’anno successivo il primato mondiale con lancio da 2000 metri a Praga. Poi nel 1933 a Parigi un altro primato mondiale di discesa in picchiata. Eppure, nonostante le imprese, anche tra i veronesi sono pochi a conoscere l’avventuroso paracadutista che trascorse gli ultimi anni della sua vita a riparare paracadute e a farne di piccoli da vendere come «gadget» per riuscire a sbarcare il lunario. Morì in povertà nel 1975 e i suoi resti finirono in una fossa comune.
A ricordare l’eroico poianese ora è Giorgio Benciolini, 78 anni, collezionista di oggetti particolari e grande appassionato di paracadutismo. All’attivo ha 170 lanci («Poca cosa», si schermisce, «rispetto alle migliaia di lanci dei nostri campioni di paracadutismo Alberto Bauchal, Anna Madinelli o Luigi De Monti») e un reperto davvero raro: uno dei «paracadute Turri», creato appunto dall’impavido veronese, tra le cui imprese c’è stato anche un lancio sul campo d’aviazione di Mantova da 1.200 metri di quota. A 500 metri dal suolo chiuse il paracadute aprendone un secondo munito di bandiere italiane e atterrando tra gli scroscianti applausi del pubblico.
Benciolini custodisce il paracadute, cui è affezionatissimo, tra i suoi cimeli di volo, tra i quali un altro paracadute, un DL 54, che usava per i suoi lanci. «Eccolo qui il Turri», dice orgoglioso. «Me l’hanno regalato conoscendo la mia passione per il volo (ha pure un brevetto per il volo a motore e ha volato anche spesso con l’aliante, ndr). «È fatto di cuoio, seta e canapa», spiega srotolandolo e mostrando la «creatura» di Turri. «Quando si è lanciato dal campanile di Poiano», spiega, «ha scelto un giorno di vento. Ha aspettato che il paracadute si gonfiasse e poi si è buttato giù».
Pazzia? Eccessiva sicurezza? Sete d’avventura? «Una cosa è certa», sottolinea Benciolini, «lanciarsi con il paracadute è lo sport più emozionante che ci sia. Quel silenzio è fantastico e davvero in quel momento ti senti padrone del mondo. Ricordo i lanci che ho fatto dal Savoia-Marchetti 82, dal C-119, dal Fairchild, dall’Aermacchi Santa Maria, atterrando poi a Guidonia, Firenze, Pistoia, Pavia, Boscomantico, Bardolino, Costermano, Belluno, Gorizia, Treviso e Vicenza. Momenti indimenticabili. Così come un’altra bellissima esperienza», prosegue, «è stato volare in Austria con il Fieseler Storch “Cicogna”, quello con cui Mussolini venne liberato sul Gran Sasso. Ero seduto davanti, con il proprietario dietro che pilotava. Bellissimo». Il cielo è la sua passione. «Da quando ero ragazzino», racconta. «Mio zio mi fece il regalo più bello che potessi ricevere: mi pagò l’albergo ad Asiago per nove giorni perché potessi osservare l’infinito usando il telescopio dalle 22 alle 3 di notte. Ho esplorato il cosmo e mi si è aperta la mente: da quel momento ho guardato tutto con occhi diversi».

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