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Pubblicato il 30/01/2015

RESSEGNA STAMPA: IL CORRIERE DEL MEZZOGIORNO PARLA DEI FUCILIERI DI MARINA


DAL NOSTRO INVIATO
Entrare nel castello svevo di Brindisi che ospita il comando della Brigata Marina San Marco è un po’ come accedere alla cantera del Barcellona e scoprire i segreti di una grande squadra. La città pugliese è la «fucina leonis». Ospita i tre reggimenti di un corpo altamente specializzato delle forze armate italiane, di cui è uno dei punti forza. «Benvenuto a bordo»: le parole dell’ammiraglio ammiraglio Rosario Walter Guerrisi, comandante della Brigata, rinnovano il rito dell’ospitalità ospitalità marinara in una caserma che di fatto è una nave virtuale dove si forgiano i nuovi marò italiani.

Qui ci sono oltre 2700 militari, ma molti soldati sono impegnati nelle missioni internazionali, tra Afghanistan e Corno d’Africa Africa. Qui si preparano i fucilieri di Marina, che nulla hanno da invidiare ai cecchini americani celebrati nella nota pellicola di Clint Eastwood: sono addestrati a superare ogni imprevisto con disinvoltura, grazie a livelli di specializzazione elevatissimi. Se le origini del San Marco affondano nella storia d’Italia Italia e sono eredi dei milites classiarii istituiti da Giulio Cesare, è dal 17 marzo 1919 che il vessillo del Leone di Venezia effigia le divise della fanteria di Marina, come tributo sancito da un regio decreto dopo l’epica epica difesa della città veneta nella prima guerra mondiale.
«Ecco il nostro piccolo museo». Il capitano di corvetta Antonio Pantaleo accoglie i visitatori in una ampia sala che custodisce la meraviglia delle divise e delle armi dei vari battaglioni, con un excursus storico che ci porta a spasso nel tempo per quasi cento anni, dal conflitto del 15- 18 alla Repubblica Sociale, passando per i cimeli della missione in Libano del 1982, sino alle attrezzature dei sommozzatori.

«Il primo reggimento è specializzato nella conduzione di operazioni anfibie, compresi raid e assalti. I nostri militari sono preparati per funzioni di combattimento e supporto logistico», spiega il comandante Massimiliano Grazioso.
E poi aggiunge nel dettaglio: «Siamo pronti a sbarcare su qualsiasi spiaggia o costa non attrezzata con i nostri mezzi. In breve tempo possiamo edificare una piccola città villaggio, con tende per accogliere anche mille uomini». Il ricordo corre subito alle missioni vanto del San Marco e agli anni ottanta. «In Libano siamo arrivati per primi dal mare». Ma a distinguere il lavoro incessante di preparazione degli uomini è la necessità di ga- rantire «la prontezza operativa». Non solo in contesti di guerra. «Siamo stati spesso di supporto anche alla Protezione civile. In Abruzzo, dopo il terremoto, a Campo Globo, la nostra cucina da campo ha preparato duemila pasti al giorno per quattro mesi», puntualizza ancora Grazioso, senza dimenticare anche i recenti interventi nelle operazioni di salvataggio della Norman Atlantic. Massimiliano Latorre e Salvatore Girone afferivano al 2° Reggimento. «I nostri team di sicurezza – spiega il comandante Massimo Goio, affiancato dal capitano di corvetta Marco Maraglino – sono in prima linea nelle missioni internazionali antipirateria, nonché nelle ispezioni sui mercantili e forniscono sostegno alle operazioni di contrasto al traffico di migranti».

I fucilieri pugliesi al centro della controversa querelle con l’India India erano impegnati nella Ocean Shield Nato per combattere le scorribande dei pirati somali raffigurate in Captain Phillips. E la realtà evidenzia i risultati raggiunti: «Il numero degli attacchi corsari è diminuito considerevolmente – analizza ancora Goio – e grazie al nostro impegno abbiamo preservato la sicurezza del traffico mercantile italiano». «Ci occupiamo della difesa di installazioni sensibili»: è questa la funzione del 3° Reggimento, come illustrato dal capitano di fregata Donato Castrignano, che conferma come dopo l’attentato attentato di Parigi, i militari del San Marco abbiamo ricevuto indicazioni per un innalzamento delle misure di sorveglianza. Infine nel porto di Brindisi ci sono mezzi anfibi all’avanguardia avanguardia come il Gis, che consente una rapidissima esecuzione di movimenti nave- terra.
Per comprendere però dove si forma il carattere dei militari del San Marco, bisogna passare dal Battaglione scuole «Caorle», con oltre duemila militari in formazione. Il capitano di fregata Roberto Dota: «Da noi non ci sono volontari normali.

Oltre a preparare con corsi molto impegnativi tiratori scelti e specialisti nel fuoco di supporto, in nome mesi costruiamo un soldato combat ready, in grado di fronteggiare le difficoltà delle missioni internazionali». Tra le peculiarità dei corsi c’è è anche la formazione per la «medicina da combattimento», grazie alla quale medici e infermieri militari acquisiscono le competenze per interventi in situazioni critiche. Infine ci sono i corsi «Recon», volti a istruire ricognitori in grado di demolire gli ostacoli anche sott’acqua acqua (sminando spiagge o coste). Il poligono di Torre Veneri, alle porte di Lecce, ospita le giornate di addestramento a fuoco.
Il tenente di vascello Gianluca Fiore guida il programma giornaliero della compagnia di nuotatori- paracadutisti, secondo moduli che prevedono la ricognizione pratica, l’acquisizione acquisizione di obiettivi e la gestione del fuoco di supporto. «Ogni azione ha elevatissimi standard di sicurezza – racconta Fiore – e dopo il briefing parte la fase operativa, con la squadra che si divide in due gruppi, ed ogni soldato cura la copertura del suo collega, impegnando con il proprio fucile l’obiettivo obiettivo nemico».

Se American Sniper ha celebrato sul grande schermo la chirurgica precisione del cecchino marine Chris Kyle («Sono pronto ad incontrare Dio. E a rispondere di ogni singolo sparo»), i fucilieri italiani del San Marco non si sentono da meno. «Anzi – polemizzano divertiti noi impariamo a sparare anche dagli elicotteri e la difficoltà è maggiore rispetto al colpire un obiettivo da un tetto». L’unico unico rammarico è che la propria ars militaris non affascina i cineasti italiani.
«Il film El Alamein è stato una occasione perduta», chiosano. Ma se un regista volesse finalmente presentare sul grande schermo una vulgata differente, non dovrebbe far altro che passare dal San Marco a Brindisi

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