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Pubblicato il 24/06/2016

ECCIDIO DI SCHIO 1945: MEDAGLIA AD UN PARTIGIANO AUTORE DELLA STRAGE. ISTANZA DI REVOCA

PARMA- Ha suscitato molte reazioni polemiche la notizia del conferimento al partigiano “teppa”, Valentino Bortoloso (terzo da snistra nella foto, ndr), della medaglia della resistenza, con una cerimonia ufficiale, ad aprile, nella sede della prefettura di Vicenza.

Bortoloso , nel 1945 , due mesi dopo la fine della guerra, nella notte tra il 6 e il 7 luglio, si macchiò assieme ad altri di un crimine orrendo, passato alla storia come «l’eccidio di Schio». Una carneficina che vide la morte di 54 persone, incluse 15 donne, massacrate, come in un’esecuzione, dentro il carcere del borgo veneto.Per quei fatti era stato condannato a morte da un tribunale di guerra alleato (era il 1945), pena commutata all’ergastolo e amnistiata nel 1955.

LA STORIA DEL MASSACRO
Un reparto di partigiani della brigata garibaldina, comandato da Piva Igino e Bortoloso Valentino (nomi di battaglia “Romero” e “Teppa”), irruppe nella notte del 6 luglio nel carcere mandamentale della città: non disponendo di elenchi di fascisti, li cercarono ma, non avendoli trovati, le vittime furono scelte tra i 99 detenuti del carcere. Tra questi, solo 8 erano stati indicati al momento dell’arresto come detenuti comuni, mentre 91 erano stati incarcerati come “politici” di possibile parte fascista, sebbene non tutti fossero ugualmente compromessi con il fascismo e in molti casi forse fossero stati arrestati per errore.

Erano infatti ancora in corso gli accertamenti delle posizioni individuali: per alcuni era già stata accertata l’estraneità alle accuse ed era altresì programmata la scarcerazione, non avvenuta per lentezze burocratiche. Gli 8 detenuti comuni vennero subito esclusi dalla lista, insieme a 2 detenute politiche non riconosciute come tali.

Dopo un’approssimativa cernita, che suscitò contrasti tra gli stessi fucilatori: alcuni proposero che fossero risparmiate almeno le donne, che in genere non erano state arrestate per responsabilità personale ma solo fermate per legami personali con fascisti o per indurle a testimoniare nell’inchiesta in corso. “Teppa” si oppose dicendo “Gli ordini sono ordini e vanno eseguiti”, non disse da chi provenivano gli ordini (e non fu mai accertato, nonostante un processo apposito nel 1956).

Dopo un’ora di incertezza, mentre alcuni partigiani non convinti si allontanarono, vennero uccise a colpi di mitraglia 54 persone, tra cui 14 donne (la più giovane di 16 anni), e ne vennero ferite numerose altre. Alcuni detenuti, coperti dai corpi dei caduti, si salvarono indenni. Quando giunsero, i soccorritori trovarono il sangue che colava sulla scala e sul cortile, arrivando fino sulla strada.

PETIZIONE PER LA REVOCA

Ci scrive un lettore, Davide Del Giudice che ci chiede di pubblicare la sua istanza alle Autorità:

urp@persomil.difesa.it
urp.pref_vicenza@interno.it

Nel rispetto della dignità che si deve ai morti, chiedo che Codesta Autorità si faccia promotrice per l’immediata revoca dell’onorificenza in oggetto, che il Dicastero della Difesa ha concesso al partigiano “Teppa” al secolo Valentino Bortoloso, che fu nel gruppo di fuoco del massacro dì Schio.
Con questa medaglia le vittime sono state uccise due volte, ed è stata anche offesa la memoria di chi ha combattuto con onore senza mai compiere atti di viltà.
Distintamente,

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