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Pubblicato il 18/09/2018

SI RIAPRE IL CASO DELLA MORTE DELL’ALPINO GARRO?

PArma- La famiglia di Roberto Garro, l’alpino morto il 9 giugno 1998, a Gemona del Friuli chiede di riaprire le indagini.
Il ministro Elisabetta Trenta, ha assicurato che ‘ascolterà’ le istanze dei familiari circa la loro opinione sulla morte in incidente dell’alpino 19enne.

garroNel 1998 Roberto Garro, 19 anni, di Milano, campione regionale di pugilato presta servizio militare di leva negli Alpini a Venzone in Friuli presso la caserma “Manlio Feruglio” e ha appena firmato la proroga del servizio come volontario, per altri 12 mesi. È la sera di martedì 9 giugno, insieme a Giovanni Lombardo, Andrea Cordori, Mirco Bergonzini.
Si allontanano a bordo della Peugeot 205 di proprietà di quest’ultimo. In coda un’auto con altri cinque commilitoni.

Roberto e gli altri decidono di rientrare presto in caserma. La Peugeot di Bergonzini”esplode” sulla statale Pontebbana in località Ospedaletto di Gemona del Friuli, nello scontro con un camion che viene frontalmente e che a sua volta sbanda e si schianta in una casa. Sulla carreggiata, mentre l’autoarticolato è rimasto integro, i pezzi dell’auto sono sparsi ovunque, sembra la scena di un attentato. Né la magistratura militare né quella civile procedono con delle indagini e alle 0,1 e 45 in casa Garro, a Milano, squilla il telefono.

L’indomani i genitori di Roberto nonostante la convocazione vengono informati che il corpo di Roberto e quello delle altre vittime sono stati già riconosciuti dai loro commilitoni e che è meglio che non vedano il figlio, sfigurato. Il papà considera grave non essere ammessi a vedere i corpi e le bare dei quattro ragazzi. I familiari sono anche esclusi dalle esequie che vengono celebrate in forma riservatissima nel cortile della caserma, alla sola presenza di commilitoni e superiori. Anomalo è anche il trasporto dei feretri ai luoghi di origini, che parte in Mercedes e si conclude a bordo di un furgone non idoneo.

La lacuna più grave per i Garro, tuttavia, è la totale assenza di indagini a fronte della dinamica atipica di quello scontro, ovvero l’esplosione – messa a verbale dalla Stradale- estremamente insolita per un incidente automobilistico. Eppure sia il conducente che il camion con cui si sarebbe scontrata la Peugeuot vengono rilasciati. Mirsad C., l’autista bosniaco alla guida del mezzo è immediatamente libero di tornare in patria senza neanche fare l’alcol test, mentre il camion con targa austriaca viene rimandato in Austria senza perizie. Congedati senza interrogatorio anche i cinque commilitoni che seguivano a bordo di una seconda auto.

Angelo e Anna Garro chiedono che vengano finalmente esaminati i resti del figlio, con una protesta di piazza a Milano, l’11 dicembre 2000.
il Procuratore Fabio De Pasquale autorizza la riesumazione. Per quattro mesi rimane all’istituto di medicina legale di Milano in attesa della relazione finale. Dall’apertura del feretro emerge un’altra circostanza sconcertante: il corpo di Roberto non solo non è dilaniato ma integro, per di più è nudo, sporco di fango e avvolto in un sacco di plastica. Non c’è stata neanche la vestizione con la divisa. Una mancanza di riguardo che suscita dolore e riprovazione.

Nella autopsia Non sono stati eseguiti test specifici come il rilevamento di materiale esplodente o quello di materiale radioattivo e neanche l’esame delle cornee. “Le condizioni del corpo di nostro figlio e dell’auto non sono quelle di un incidente stradale, ma di una deflagrazione – dice Angelo Garro – abbiamo il diritto di sapere come sono andate le cose, di chiedere verità a giustizia per Roberto Garro e speriamo di averle da questo governo”.

SOTTO: IL CONTRATTO DI TRASPORTO DELLE SALME. LA FAMIGLIA GARRO DENUNCIA CHE ANZICHE’ GIUNGERE CON CARRO SINGOLO MERCEDES, DELLORO ROBERTO VIAGGIARONO INSIEME AD UN ALTRO FERETRO , CON UN FURGONE TRASPORTO MERCI . AVEVA LE NECESSARIE AUTORIZZAZIONI PER IL TRASPORTO SALME?

203-contratto

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